Calendario "6 Aprile-Cronaca di una Rinascita N.5"
COME DICE PAPA FRANCESCO: "JEMO 'NNANZI"
di Angelo De Nicola
Quando Papa Francesco ha concluso il suo incoraggiamento con un "Jemo 'nnanzi", il nostro "Jemo 'nnanzi", mi sono accasciato sulla sedia. In quel momento, attorno a me, non c'erano le ventimila persone festanti presenti, dall'alba, in piazza San Pietro per l'udienza generale di mercoledì 2 aprile 2014. Non c'era il colonnato, non c'era la basilica. Mi sono ritrovato in piazza Duomo, all'Aquila, in quella mattina del 6 aprile 2009 quando tutto attorno a me era il vuoto. La paura. L'angoscia. Il silenzio. L'odore del gas. E, come quella mattina, ho pianto.
E' stato un attimo. Il sapore salato delle lacrime sulle labbra mi ha risvegliato. Caspita, mi sono detto, il Papa, questo Papa, Papa Francesco, pensa a noi aquilani e ci sprona a reagire. Basta rassegnazione. Dobbiamo andare avanti. Dobbiamo trovare il modo di far rinascere questa città.
E' stata una frustata. Una sorta di "miracolo" che ha avuto il potere di far sparire, di netto, lo scoramento che ci attanaglia, purtroppo, a ogni vigilia di anniversario del 6 aprile. Soprattutto alla vigilia di quello appena trascorso, il quinto. Anche perchè, il monito-speranza in dialetto aquilano di Papa Francesco ha un'altra grandissima valenza psicologica per noi aquilani. Quella che, se è valido il progetto, nell'ambito della ricostruzione della città, e se si è uniti e coesi nel perseguirlo, ogni traguardo diventa possibile. Non è vero che ci hanno abbandonato e che non ci danno nulla. Se sappiamo chiedere, se sappiamo comunicare la reale portata del nostro dramma civico, nulla è impossibile. Persino che l'uomo più importante della Terra, su sollecitazione di un manipolo di arditi, parli al mondo del dopo 6 aprile per giunta in termini di speranza.
Quando nel giugno scorso, Indiana (Cesare Ianni) lanciò l'idea che il Gruppo aquilano di Azione civica potesse incontrare Papa Francesco affinchè arrivasse alla città ferita una parola di speranza e di incoraggiamento, pensai: è un'utopia. Un sogno irrealizzabile. Invece, con la tigna che ha contraddistinto questo nostro popolo nei suoi momenti migliori, abbiamo lavorato mesi per arrivare alla meta. E abbiamo lavorato tutt'insieme, ognuno mettendoci quello che sapeva fare: chi con un contatto, chi con un suggerimento, chi con una competenza, chi con uno stimolo, chi soltanto incoraggiandoci. E questo spirito ardito e coeso deve aver colpito i nostri interlocutori in Vaticano. "Siete gente tosta" spesso ci hanno detto. Non ci siamo arresi. Sono passati mesi. Non abbiamo mollato. Finchè è arrivata, a fine febbraio, la riposta positiva. Si può fare: "Potrete donare, simbolicamente, la vostra maglietta al Papa durante l'udienza generale". Incredibile! "Non è escluso che il Pontefice parli dell'Aquila e della sua tragedia" ci è stato preannunciato. Ed è successo: "Un pensiero speciale rivolgo al Gruppo "Jemo 'nnanzi" che vuol dire "andiamo avanti". A cinque anni dal terremoto che ha devastato la vostra città, mi unisco alla preghiera per le numerose vittime, e affido alla protezione della Madonna di Roio quanti ancora vivono nel disagio. Incoraggio tutti a tenere viva la speranza. La ricostruzione delle abitazioni si accompagni a quella delle chiese, che sono case di preghiera per tutti, e del patrimonio artistico, a cui è legato il rilancio del territorio".
Parole scolpite nelle nostre menti. Per sempre.
Perciò da oggi non diremo solo: "Jemo 'nnanzi". Diciamo, ancora più progettualmente: "Come dice Papa Francesco, Jemo 'nnanzi".
L'Aquila, 6 aprile 2014
E' stato un attimo. Il sapore salato delle lacrime sulle labbra mi ha risvegliato. Caspita, mi sono detto, il Papa, questo Papa, Papa Francesco, pensa a noi aquilani e ci sprona a reagire. Basta rassegnazione. Dobbiamo andare avanti. Dobbiamo trovare il modo di far rinascere questa città.
E' stata una frustata. Una sorta di "miracolo" che ha avuto il potere di far sparire, di netto, lo scoramento che ci attanaglia, purtroppo, a ogni vigilia di anniversario del 6 aprile. Soprattutto alla vigilia di quello appena trascorso, il quinto. Anche perchè, il monito-speranza in dialetto aquilano di Papa Francesco ha un'altra grandissima valenza psicologica per noi aquilani. Quella che, se è valido il progetto, nell'ambito della ricostruzione della città, e se si è uniti e coesi nel perseguirlo, ogni traguardo diventa possibile. Non è vero che ci hanno abbandonato e che non ci danno nulla. Se sappiamo chiedere, se sappiamo comunicare la reale portata del nostro dramma civico, nulla è impossibile. Persino che l'uomo più importante della Terra, su sollecitazione di un manipolo di arditi, parli al mondo del dopo 6 aprile per giunta in termini di speranza.
Quando nel giugno scorso, Indiana (Cesare Ianni) lanciò l'idea che il Gruppo aquilano di Azione civica potesse incontrare Papa Francesco affinchè arrivasse alla città ferita una parola di speranza e di incoraggiamento, pensai: è un'utopia. Un sogno irrealizzabile. Invece, con la tigna che ha contraddistinto questo nostro popolo nei suoi momenti migliori, abbiamo lavorato mesi per arrivare alla meta. E abbiamo lavorato tutt'insieme, ognuno mettendoci quello che sapeva fare: chi con un contatto, chi con un suggerimento, chi con una competenza, chi con uno stimolo, chi soltanto incoraggiandoci. E questo spirito ardito e coeso deve aver colpito i nostri interlocutori in Vaticano. "Siete gente tosta" spesso ci hanno detto. Non ci siamo arresi. Sono passati mesi. Non abbiamo mollato. Finchè è arrivata, a fine febbraio, la riposta positiva. Si può fare: "Potrete donare, simbolicamente, la vostra maglietta al Papa durante l'udienza generale". Incredibile! "Non è escluso che il Pontefice parli dell'Aquila e della sua tragedia" ci è stato preannunciato. Ed è successo: "Un pensiero speciale rivolgo al Gruppo "Jemo 'nnanzi" che vuol dire "andiamo avanti". A cinque anni dal terremoto che ha devastato la vostra città, mi unisco alla preghiera per le numerose vittime, e affido alla protezione della Madonna di Roio quanti ancora vivono nel disagio. Incoraggio tutti a tenere viva la speranza. La ricostruzione delle abitazioni si accompagni a quella delle chiese, che sono case di preghiera per tutti, e del patrimonio artistico, a cui è legato il rilancio del territorio".
Parole scolpite nelle nostre menti. Per sempre.
Perciò da oggi non diremo solo: "Jemo 'nnanzi". Diciamo, ancora più progettualmente: "Come dice Papa Francesco, Jemo 'nnanzi".
L'Aquila, 6 aprile 2014
Cocciarotta (Angelo De Nicola)