Calendario "6 Aprile-Cronaca di una Rinascita N.4"
RIPRENDIAMOCI L’AQUILA
di Angelo De Nicola
Dice che noi aquilani abbiamo perduto la speranza. E’ vero, purtroppo: un altro anno è passato e non è stato fatto alcun passo in avanti. Semmai indietro. Noi che non ci siamo mai voluti arrendere, noi che abbiamo fatto dello “Jemo ’nnanzi” una filosofia civica, siamo scoraggiati e annichiliti. E alzi la mano quell’aquilano che non sente, dentro di sè, affievolirsi giorno per giorno la fiammella del sogno di ricostruire L’Aquila. All’alba del Quinto Anno D.T. (Dopo Terremoto), la paura che sia finita ci attanaglia la gola. Che facciamo? Andiamo via? Ma dove? Dove, in quale posto del mondo, un vero aquilano potrebbe sentirsi in pace con la propria coscienza civica? Non avremo mai pace finché non ci riprenderemo la nostra amata Città.
Ho fatto, per l’ennesima volta in questo ultimo anno dal 6 aprile 2012, questo cupo ragionamento mentre assistevo al funerale di Enrico Carli, maestro di giornalismo e di vita che se ne è andato, a 96 anni, quasi in coincidenza con il 6 aprile. Carli, tra i più importanti intellettuali della seconda metà del Novecento aquilano (come ha ricordato uno dei suoi tanti allievi, Bruno Vespa, nella toccante orazione funebre) è morto, da sfollato sulla costa, su un lettino dell’ospedale di Giulianova. E’ stato salutato dai familiari, amici e da intere generazioni di giornalisti aquilani, in una tenda al Cimitero “monumentale” cittadino. Una tenda! Non c’era nessun rappresentante ufficiale dell’amministrazione civica. Troppo indaffarati! Come se i suoi cinquant’anni e passa di giornalismo non fossero stati un servizio civico da omaggiare. Vergogna!
Un caso emblematico. E se “il Capo”, come lo chiamavano i suoi allievi (compreso Gianni Letta), avesse potuto fare la cronaca del suo funerale, pure con la sua proverbiale prudenza, non avrebbe potuto far a meno di far notare non tanto l’assenza di una fascia tricolore o di un gonfalone civico, quanto il fatto che a quattro anni dal sisma la Città saluta anche i propri figli migliori ancora in una tenda della Protezione Civile. Vergogna!
Che fare? Con questo quarto calendario che significativamente parte dal nostro Capodanno, il 6 aprile, noi stiamo qui a testimoniare, per tutto il prossimo anno, che noi non ci arrendiamo. Siamo scoraggiati. Stanchi. Avviliti dalla nostra non città. Ma con questo singolare calendario vogliamo testimoniare la testardaggine di chi non si arrenderà mai. Noi ce la faremo. Riusciremo a recuperare la dignità e la perseveranza del Popolo Aquilano che tante volte è risorto dalle proprie ceneri. Basta ritrovare la consapevolezza di essere un Popolo. Di affrontare questa ciclopica tragedia uniti e creativi. Senza accusare gli altri, senza aspettare che gli altri ci risolvano il problema. L’Aquila è nostra, riprendiamocela.
Jemo 'nnanzi
L'Aquila, 6 aprile 2013
Ho fatto, per l’ennesima volta in questo ultimo anno dal 6 aprile 2012, questo cupo ragionamento mentre assistevo al funerale di Enrico Carli, maestro di giornalismo e di vita che se ne è andato, a 96 anni, quasi in coincidenza con il 6 aprile. Carli, tra i più importanti intellettuali della seconda metà del Novecento aquilano (come ha ricordato uno dei suoi tanti allievi, Bruno Vespa, nella toccante orazione funebre) è morto, da sfollato sulla costa, su un lettino dell’ospedale di Giulianova. E’ stato salutato dai familiari, amici e da intere generazioni di giornalisti aquilani, in una tenda al Cimitero “monumentale” cittadino. Una tenda! Non c’era nessun rappresentante ufficiale dell’amministrazione civica. Troppo indaffarati! Come se i suoi cinquant’anni e passa di giornalismo non fossero stati un servizio civico da omaggiare. Vergogna!
Un caso emblematico. E se “il Capo”, come lo chiamavano i suoi allievi (compreso Gianni Letta), avesse potuto fare la cronaca del suo funerale, pure con la sua proverbiale prudenza, non avrebbe potuto far a meno di far notare non tanto l’assenza di una fascia tricolore o di un gonfalone civico, quanto il fatto che a quattro anni dal sisma la Città saluta anche i propri figli migliori ancora in una tenda della Protezione Civile. Vergogna!
Che fare? Con questo quarto calendario che significativamente parte dal nostro Capodanno, il 6 aprile, noi stiamo qui a testimoniare, per tutto il prossimo anno, che noi non ci arrendiamo. Siamo scoraggiati. Stanchi. Avviliti dalla nostra non città. Ma con questo singolare calendario vogliamo testimoniare la testardaggine di chi non si arrenderà mai. Noi ce la faremo. Riusciremo a recuperare la dignità e la perseveranza del Popolo Aquilano che tante volte è risorto dalle proprie ceneri. Basta ritrovare la consapevolezza di essere un Popolo. Di affrontare questa ciclopica tragedia uniti e creativi. Senza accusare gli altri, senza aspettare che gli altri ci risolvano il problema. L’Aquila è nostra, riprendiamocela.
Jemo 'nnanzi
L'Aquila, 6 aprile 2013
Angelo De Nicola