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1995 - NEBBIA AGLI IRTI COLLI

Da Tragnone a Fidel Castro

"Da Tragnone a Fidel Castro"
1992-2003: gli Eventi che Sconvolsero L'Aquila

Un Libro di Angelo De Nicola


Indice Capitoli

Prefazione | 1992 | 1993 | 1994 | 1995 | 1996 | 1997 | 1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003



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1995
I cinque figli di Iniseo Irti: da sinistra Aldo, Claudio, Walter, Manlio e Francesco (sono scomparsi il secondo e l'ultimo).



Da Tragnone a Fidel Castro
20 aprile 1995, Santa Adalgisa

I soliti ben informati parlavano dello sbarco a Sassa Scalo, addirittura, del Gruppo Ligresti che avrebbe di sicuro salvato da una situazione difficile la Holding Irti, da sempre la più grande impresa privata aquilana e tra le più importanti della regione. Le voci erano insistenti e, per di più, ne aveva anche parlato l'autorevolissimo "Sole 24ore". La notizia era succosa. Attuai la solita tattica. Feci arrivare alla Irti un messaggio chiarissimo: "So tutto e farò un articolo. Se volete rilasciare dichiarazioni sono ovviamente ben lieto di raccoglierle". In realtà non sapevo altro che voci, come tali, impubblicabili.

Il bluff funzionò. Ricevetti una telefonata nella quale mi si avvertiva che tal architetto Sandro Maccagni ("Evidentemente l'uomo di Ligresti", pensai) era disponibile ad un colloquio presso la sede della holding, a Sassa Scalo. Quando arrivai, nel primo pomeriggio del 7 novembre 2002, nella mitica sala delle riunioni, ad accogliermi c'era un cortesissimo Paolo Irti che mi presentò Maccagni il quale chiamò subito il geometra Vincenzo Lamparelli, che era nella stanza accanto, per essere presente all'incontro. Si prospettava un "uno contro tutti". Perciò cercai di giocare al meglio le mie poche carte. Mi accorsi, e la cosa mi sembrò lì per lì strana ma gli detti un senso solo molto tempo dopo, che mentre Maccagni aveva una gran voglia di parlare (in certi momenti sembrava un fiume in piena), al contrario Paolo Irti cercava di "frenare" e non soltanto in ossequio alla proverbiale riservatezza, specie con la stampa, della famiglia Irti. Ma come, mi chiedevo, arriva il salvatore e gli Irti, invece di salire sul carro vincente, frenano? Le notizie che andavo raccogliendo erano così interessanti che non avevo né tempo né voglia di pensare alla dietrologia. Il colloquio fu lunghissimo. Senza nemmeno insistere, Maccagni sciorinò tutto. Proprio tutto. Mi anticipò persino, mostrandomi manifesti e locandine, la questione della scuola di pilotaggio di elicotteri presso l'aeroporto di Preturo che sarebbe stata presentata di lì a qualche giorno nel Municipio dell'Aquila col patrocinio di Regione, Provincia, Comune capoluogo e Comune di Celano. Sul manifesto ne vidi i loghi. Mi sembrò un fatto enorme. "Eppoi domani- mi disse Maccagni, in maniche di camicia dopo essersi tolto la giacca e con lo sguardo da invasato- firmeremo a Roma un importante atto per acquistare la società che gestisce gli impianti sciistici di Scanno: abbiamo progetti pronti, ribadisco progetti, non chiacchiere, per farne in breve tempo la Cortina del Centro-Sud. Ma per favore, aspetti domani, altrimenti rischiamo di mandare a monte tutto. Sa, la concorrenza...".

Ammetto: abboccai. Come un pesce all'amo. Né mi insospettii, abbagliato anche dalle notizie in anteprima che avrei pubblicato di lì a qualche ora, quando Maccagni saltò dalla sedia al momento in cui tirai fuori il nome di Salvatore... Ligresti. "Senta, se vogliamo andare d'accordo- mi disse- non faccia quel nome. Ho già accordi con grandi investitori per rilanciare il prestigioso marchio Irti. Sta facendo tutto l'architetto Maccagni. Punto". Decisi di non approfondire. Avevo ottenuto più del previsto visto che, in fondo, ero arrivato nella tana del lupo senza avere nulla in mano. Ci salutammo, calorosamente, dandoci appuntamento per future cene di lavoro in un ristorante lì vicino. "Qui si inizia alle 7 del mattino- mi disse sulla porta della sala riunioni- e si finisce la sera tardi. Cinque giorni alla settimana anche se il venerdì perdiamo quasi un'intera giornata per tornare a Milano. Ma quando sarà operativo l'elitaxi, avremo anche noi più tempo per lavorare. Per ora, ci rilassiamo solo a tarda sera per mangiare un boccone. Una sera la invito. Arrivederci". Non ci siamo più visti.

Ecco, comunque, cosa tirai fuori da quell'incontro:

Il marchio di famiglia resta, così come la sede rimarrà quella aquilana, storica, a Sassa Scalo. Ma quella che si sta quasi per concludere rappresenta comunque una "rivoluzione" per la "Irti Lavori". Sta, infatti, cambiando completamente pelle quella che, almeno fino alla crisi che l'ha colta due anni fa, era la maggior impresa privata aquilana (circa 400 dipendenti compreso l'indotto ed un portafoglio di soli appalti pubblici che sfiora i 400 miliardi di vecchie lire), tra le primissime in Abruzzo ed assai quotata nel panorama delle holding italiane nel settore delle costruzioni. Un cambiamento epocale. La famiglia Irti perde la maggioranza del pacchetto azionario che sarà controllato ora da una società milanese dell'alta finanza che fa capo a Sandro Maccagni da qualche mese nuovo presidente del consiglio d'amministrazione nonché amministratore delegato. Con l'ingresso del nuovo socio, è totalmente cambiato sia il consiglio di amministrazione sia il management. Del primo fanno parte Vincenzo Lamparelli, Stefano Fogliata, Raul Maria Pozzi e Luigia Irti. Quest'ultima (figlia di Manlio, uno dei cinque fratelli eredi del capostipite Iniseo), è l'unica rimasta in rappresentanza della famiglia, insieme con Paolo Irti (figlio di Walter) nominato direttore amministrativo e finanziario. Gli altri incarichi vedono Lamparelli quale direttore del personale, Fogliata dell'Ufficio legale, Romano Sacchi direttore tecnico, Maurizio Maran dell'ufficio immobiliare mentre a capo degli affari generali sono stati chiamati Vinicio La Chioma e Raffaele Feroci. Una rivoluzione avvenuta finora nel più totale riserbo. "Egoisticamente, in questo momento- hanno spiegato Maccagni e Paolo Irti- abbiamo bisogno della maggior tranquillità possibile non solo, si comprenderà, per poter chiudere delicate situazioni pregresse ma soprattutto per pianificare il rilancio di un glorioso marchio che può dire ancora molto nel panorama locale e nazionale".

Rilancio. Questa la parola d'ordine della rinnovata "Irti Lavori" che entro l'anno dovrebbe chiudere tutte le situazioni debitorie e lanciarsi in operazioni diversificate rispetto alle costruzioni che erano e restano la sua spina dorsale. "Non è stata un'operazione di desaparecidos o di squali- ha spiegato Maccagni-, al contrario. Abbiamo creduto nelle possibilità di questa azienda e nelle enormi potenzialità, dopo un attento studio, di questo territorio. Alla luce anche di quanto è accaduto nel settore degli appalti pubblici, oggi il profitto si fa con il lavoro. Ecco, la nuova "Irti Lavori" punta sulla capacità di trovare, inventare, sognare il lavoro". (1)

E qualche giorno dopo, così anticipai la storia degli elicotteri:

Rilanciare le zone interne attraverso collegamenti migliori, più rapidi ed efficienti soprattutto per le aziende come possono garantirli gli elicotteri di nuova generazione. È questo il collante che ha unito pubblico e privato in un'iniziativa che potrebbe cambiare fisionomia all'aeroporto aquilano di Preturo. L'iniziativa, che verrà presentata venerdì prossimo nell'aula consiliare del Municipio, è della "Irti Lavori Spa" che ha ottenuto il patrocinio della Regione, della Provincia e Comune dell'Aquila nonché dell'amministrazione comunale di Celano. (...) "Non vogliamo fare concorrenza - ha commentato Sandro Maccagni, presidente della "Irti Lavori"- né porci quale alternativa alla costa ma soltanto contribuire a sfruttare le potenzialità delle zone interne offrendo un servizio qualitativamente all'altezza. E se, a metà del prossimo anno, alla prima verifica, i conti ci daranno ragione non è escluso che potremo proporci come gestori dell'intero aeroporto di Preturo". (2)

Avevo abboccato, non c'è dubbio. E come me, tanti altri. La presentazione della scuola per piloti avviene in Municipio alla presenza di parecchi politici:

Il progetto che ha ottenuto il patrocinio di Regione, Provincia e dei Comuni dell'Aquila e di Celano, è stato illustrato ieri in un'affollatissima aula preconsiliare nella quale c'erano, tra gli altri, oltre al sindaco Biagio Tempesta; il vicepresidente del Consiglio regionale, Stefania Pezzopane; l'assessore regionale, Giorgio De Matteis; il presidente dell'Aeroclub, Corrado Ruggeri; il presidente della Provincia dell'Aquila, Palmiero Susi; il presidente della "Irti Lavori Spa", Sandro Maccagni; il comandante responsabile del progetto, Paolo Serini e l'assessore comunale di Celano, Loreto Ruscio. (3)

E non è finita. Si perché ben cinque mesi dopo, ancora una volta in Municipio va in scena un altro clamoroso bluff targato Maccagni: l'acquisizione dell'Aquila Calcio. Quella società della quale mai la Spa aquilana volle sapere nonostante la sfegatata passione per i rossoblù da sempre mostrata da Umberto Irti. Scrive Alessandro Orsini:

Volta decisamente pagina L'Aquila Calcio, dopo l'ufficializzazione (con tanto di conferenza stampa in Municipio alla presenza del sindaco Biagio Tempesta) del nuovo titolare del pacchetto di maggioranza della società rossoblù, il finanziere milanese Alessandro Maccagni. L'Aquila Calcio volta pagina sia perché la nuova proprietà crede nella possibilità di risanare e rafforzare la società, sia perché crede che "gestendo L'Aquila Calcio come un'azienda - come ha detto lo stesso Maccagni - si può pensare a un programma ambizioso".

È stato il sindaco a presentare Maccagni, ricordando di essere stato sensibilizzato dal presidente rossoblù Michele Passarelli "che non se la sentiva più di tirare avanti una situazione di asperità"; Tempesta ha quindi raccontato dei contatti con Maccagni fino ad arrivare "a questa buona soluzione. L'Aquila Calcio ora attraversa un buon momento societario, anche se non dal punto di vista calcistico". Il primo cittadino ha avuto parole di saluto anche per Eliseo Iannini, l'imprenditore uscito dalla trattativa dopo l'arrivo di Maccagni, lagnandosi per la poca sensibilità "degli imprenditori aquilani in campo sportivo, sociale e culturale". Ed ha riconosciuto a Passarelli "di non aver mai chiesto alcunché al sindaco, mostrando linearità e correttezza".

Poche, come al solito, le parole usate dal presidente Passarelli, che comunque rimarrà al suo posto almeno fino a giugno "al di là della maggioranza o della minoranza", come ha assicurato Maccagni. Visibilmente amareggiato, forse anche un po' commosso, Passarelli ha ricordato "di essere arrivato fin qui, ma oltre non potevo proprio andare". Precisando che "Iannini non ha rispettato gli impegni iniziali", il presidente ha ricordato "la stretta di mano con Maccagni" avvenuta qualche mese fa.

È stato, poi, lo stesso Maccagni, amministratore delegato della Irti Lavori che ha rilevato recentemente, a spiegare quello che sarà il "nuovo corso". Ha premesso di aver dovuto risolvere "i problemi della Irti Lavori, ma con la ricapitalizzazione decisa qualche giorno fa ci sarà il suo rilancio" ed ha annunciato per l'appunto di voler "gestire L'Aquila Calcio come azienda" avendo al suo fianco Passarelli, assicurando "non solo il rilancio economico ma anche un programma ambizioso" ma evitando di parlare di serie A o B "perché il calcio sta attraversando un grave momento di crisi". Mostrandosi deluso per la prestazione contro l'Arezzo, Maccagni ha preso poi di petto la squadra, usando parole dure per i giocatori che "devono avere rispetto per i tifosi e devono amare la maglia", guadagnandosi l'applauso dei tifosi presenti.

Questa mattina alle 8.30 Maccagni terrà a rapporto la squadra non nella sede sociale ma (fatto insolito) in quella della Irti Lavori. Il nuovo padrone dell'Aquila Calcio ha poi parlato della necessità di creare un settore giovanile nell'ambito "di un programma sportivo- sociale" concludendo che la gestione dell'Aquila Calcio avverrà nel segno di due parole: "Serietà e severità". Al direttore generale Manlio Iorio è toccato spiegare le fasi successive all'accordo: si comincerà giovedì prossimo con l'atto notarile che comincerà la "triade" degli atti, cioè il passaggio delle quote, l'aumento di capitale e infine l'assemblea ordinaria per la nomina del consiglio di amministrazione e dell'amministratore delegato; Iorio ha anche ribadito la volontà della nuova proprietà di realizzare un centro sportivo. (4)

Altro che serietà e severità, altro che sogni e rilancio. La Irti era già in un tunnel. Tanto che, già a febbraio, i creditori bussano a soldi. Scrive Demetrio Moretti:

La Irti Lavori Spa sembra intenzionata, nel futuro, ad entrare in varie iniziative, ma per ora di certo vi sono i tanti creditori, sparsi in mezza Italia. Tre di questi hanno deciso di andare avanti presentando istanze di fallimento al Tribunale dell'Aquila dinanzi al quale è stata fissata un'udienza per il prossimo 28 aprile.

Si tratta di procedure che non dovrebbero portare conseguenze dopo che si è parlato a lungo dell'ingresso di nuovi soci, tanto che il nuovo presidente del consiglio di amministrazione è Sandro Maccagni, personaggio che agirebbe con alle spalle il Gruppo Ligresti. Il Consiglio di amministrazione dovrebbe riunirsi il 21 febbraio, per azzerare i debiti e dar vita alla nuova società ma, intanto, come dicevamo, c'è chi ha comunque deciso, rimasti senza esito i tanti solleciti di pagamento e decreti ingiuntivi, di andare avanti.

Le istanze di fallimento presentate sono tre, per un ammontare complessivo di oltre 400 mila euro, ma si tratta soltanto di una minima parte dei debiti accumulati dalla Irti Lavori Spa, per il salvataggio della quale sono scesi in campo anche alcuni istituti di credito.

Tutti si augurano, chiaramente, che l'imminente riunione del Consiglio di amministrazione serva per rilanciare questa grossa società che nel passato ha realizzato grandi lavori in Italia e all'estero e che attualmente ha ancora aperti cantieri, per l'alta velocità ferroviaria e per la realizzazione di grandi arterie.

E alle sorti della Irti Lavori sembra essere anche legato il futuro dell'Aquila Calcio. A Scanno, invece, si conta sulla Irti Lavori per il rilancio della stazione sciistica di Valle Orsara, dove addirittura sarebbe prevista, la realizzazione di un mega albergo. (5)

Ma la spallata arriva quando la Carispaq, che è il maggior creditore della Irti, perde la pazienza per il comportamento in particolare di Maccagni è presenta anch'essa, insieme ad altri istituti di credito, istanza di fallimento. Scrivo:

Quello che si temeva, il peggio, è avvenuto. Le tre principali banche del "pool" di istituti di credito che, per anni, hanno sostenuto con cospicui prestiti la "Irti Lavori Spa", evitandole il crack dopo le difficoltà in particolare nei cantieri in Germania, hanno presentato istanza di fallimento presso il Tribunale dell'Aquila. Tre distinte istanze: quella della Carispaq, quella della Bnl e quella della Banca di Roma per un ammontare, secondo quanto è trapelato, di 30 milioni di euro. Cioè 60 miliardi di vecchie lire.

È stata una decisione sofferta quella adottata, qualche giorno fa, dai tre istituti di credito ed arrivata dopo svariati tentativi di evitare una mazzata che, viste le proporzioni del debito bancario (al quale si andrebbero ad aggiungere altri tipi di debiti che, in alcuni casi hanno attivato istanze di fallimento "minori" già pendenti davanti al Tribunali aquilano) mettono in ginocchio la più grande impresa privata aquilana. Con inevitabili ripercussioni sull'occupazione e sull'economia cittadina.

A quanto si è appreso, il "pool" di banche aveva avviato una trattativa per una transazione del debito alla fine della estate scorsa, una volta che alla guida dalla Spa era subentrato il finanziere milanese Sandro Maccagni. La trattativa era andata avanti proficuamente, a parole, fino addirittura a dimezzare il debito totale: cioè circa 15 milioni di euro. Ma al momento di sottoscrivere l'accordo per il "rientro", nel novembre scorso, la dirigenza della Spa avrebbe cominciato a frapporre dilazioni e rinvii, proseguiti in tempi recenti. Dopo gli ultimi fatti (vedi l'acquisto dell'Aquila Calcio) e le accesissime polemiche a livello politico (il segretario di An, Gianfranco Giuliante, ha chiesto esplicitamente l'intervento della Procura nella vicenda Irti), le banche hanno ritenuto non più rinviabile la decisione. Un atto che, alla luce del fatto che i prestiti risalgono a diversi anni fa e della trattativa, poteva essere pesantemente contestato dagli stessi organi di vigilanza. (6)

È solo a questo punto che la famiglia Irti prende le distanze da Maccagni tentando almeno di salvare l'onore. Scrivo:

Si complica, se possibile, la vicenda legata alla "Irti Lavori Spa", la più grande impresa privata aquilana in ginocchio dopo le tre istanze di fallimento, per un totale di 30 milioni di euro, presentate da altrettanti istituti di credito (Carispaq, Bnl e Banca di Roma) che avevano sostenuto la Spa, evitandone il crack, con cospicui prestiti. La notizia delle istanze di fallimento (una "mazzata" viste le crescenti difficoltà della società di Sassa Scalo), anticipata ieri dal Messaggero, ha evidentemente fatto scattare la reazione degli Irti. Che si chiamano fuori.

"La famiglia Irti- si legge in una nota- si dichiara amareggiata dalle ripetute affermazioni di coloro che la vogliono, a vario titolo, coinvolta in vicende alle quali, come noto, è ormai estranea. Si precisa che fino a quando la famiglia ha mantenuto un diretto controllo sulla Società che tutt'oggi porta il suo nome, ha sempre operato con il fine ultimo di garantire continuità e sviluppo dalla Società stessa (con particolare attenzione alla salvaguardia dei posti di lavoro ed alle aspettative dei creditori), fino anche alla sofferta scelta di cederne il controllo a chi ha dichiarato e continua a dichiarare di essere in grado di sostenerla e rilanciarla. Pur nella implicita speranza- conclude la nota- che tali aspettative non vengono disattese, si ribadisce l'attuale estraneità alle scelte gestionali ed imprenditoriali della nuova proprietà".

Dunque, la famiglia sembra rispondere all'inquietante ipotesi che il sindaco aveva avanzata durante una trasmissione televisiva su Teleabruzzo. Tempesta aveva infatti indicato il finanziere milanese come un "killer autorizzato", adombrando l'ipotesi di un fallimento della Irti Lavori concordato tra Maccagni (amministratore unico dall'estate scorsa) e la stessa.

Ma la (tardiva, a questo punto) presa di distanza della famiglia, apre altri scenari non limpidi. Innanzitutto resta il dubbio su chi abbia portato e-o chiamato il finanziere Maccagni a prendere il totale controllo della Spa di Sassa Scalo agendo poi in nome e per conto della stessa società. Non solo. Resta da fare chiarezza sul bilancio della Irti, approvato a febbraio, che presenterebbe non poche incongruità con la reale situazione della società stessa. E resta da chiarire chi, alla luce dell'istanza delle banche, fallirà: Maccagni (il finanziere si è accollato anche i notori debiti bancari?) o la famiglia Irti? (7)

I buoi sono ormai scappati dalla stalla. Anche i dipendenti scendono sul piede di guerra con uno "storico" sciopero che Antonio Di Muzio così racconta:

"Pacco, doppio pacco, contropaccotto". Questa era una delle scritte che campeggiava su uno dei cartelli dei lavoratori della Irti che ieri hanno protestato davanti alla Prefettura. Parafrasando il famoso film di Nanny Loi, i dipendenti della "Irti Lavori Spa" si sentono beffati e truffati. La rescissione di contratti di lavoro, il mancato pagamento da tre mesi degli stipendi e l'istanza di fallimento che si discuterà oggi al Tribunale aquilano ha infatti portato ad una protesta pacifica 40 dipendenti, di cui molti impiegati, della "Irti" di Sassa Scalo. Una delegazione ha incontrato poi il viceprefetto. Alcuni giorni fa i dipendenti dell'impresa aquilana di costruzioni avevano già scioperato per tre ore. Due settimane fa, invece, i Ds avevano annunciato un'interrogazione parlamentare ed una al presidente della Giunta regionale sulla gestione della società facente capo all'imprenditore milanese Sandro Maccagni, ritenendo a rischio i posti di lavoro a causa della "mancanza di chiarezza su molte operazioni".

"Protestiamo - hanno detto i dipendenti - perché non c'è prospettiva per il futuro per il nostro lavoro". Una delegazione dei lavoratori, insieme ai sindacalisti della Cgil, Rita Innocenzi e Umberto Trasatti, presente il deputato Ds Massimo Cialente, ha incontrato il viceprefetto vicario, Alessandro Colagrande. "Abbiamo chiesto - ha dichiarato Rita Innocenzi dopo un'ora di colloquio - di portare i problemi dei dipendenti alla conoscenza del prefetto, che dovrebbe comporre un "tavolo" al quale si devono sedere tutte le istituzioni. Intanto attendiamo le decisioni del giudice sull'istanza di fallimento per capire meglio il futuro".

La Irti Lavori ha 150 dipendenti, tra le sedi di Sassa e Roma, ma essendo una società che opera nel campo degli appalti pubblici movimenta lavoro per un numero maggiore di addetti. Alla manifestazione di ieri mattina è stato associato anche uno sciopero, il secondo in 80 anni di attività della Irti Lavori, come hanno sottolineato i lavoratori. Nel frattempo la Tav avrebbe ufficializzato la rescissione del contratto alla Irti per i lavori del cantiere romano dell'alta velocità. "Vogliamo che questa impresa - hanno concluso i lavoratori - non sparisca dal panorama italiano. Noi sappiamo che solo due mesi fa avevamo 400 miliardi di lire di commesse pubbliche e ora non abbiamo più nulla. Anche gli stati di avanzamento del cantiere per la realizzazione di un'ala dell'ospedale di Pesaro sono stati pignorati dai sub-appaltatori. Insomma è una situazione che si sta facendo molto delicata". (8)

Il colosso ha ormai i piedi di argilla. La mazzata finale arriva con la dichiarazione di fallimento. Scrive ancora Antonio Di Muzio:

Una sentenza definitiva, pesante, che dà l'ultima spallata ad una holding che è stata il fiore all'occhiello della città e della regione. Come si diceva una volta, il simbolo dell'Italia che lavora e che produce ricchezza. Ora tutto si è sbriciolato e la sentenza di fallimento dichiarata dal Tribunale dell'Aquila ha trasformato tutto in un pugno di sabbia. La "Irti Lavori" e il finanziere milanese Sandro Maccagni (che diventa quindi inattivo a livello imprenditoriale) sono stati dichiarati falliti dopo che nove privati e tre banche avevano presentato istanza in tal senso per un totale di circa 100 miliardi di vecchie lire. Il caso era stato discusso in udienza lo scorso 6 giugno, ma dopo la camera di consiglio, il collegio composto da Antonio Villani (presidente), Elvira Buzzelli e Mario Montanaro (relatore), ieri mattina ha depositato la sentenza e le sue motivazioni. Successivamente intorno a mezzogiorno, il giudice Mario Montanaro, il cancelliere e gli assistenti della cancelleria fallimentare, si sono recati nella sede di Sassa Scalo ed hanno posto i sigilli. A riceverli Paolo Irti, direttore amministrativo della "Irti Lavori", che ha immediatamente riunito i dipendenti ai quali ha detto di raccogliere tutto il materiale di carattere personale e di lasciare spazio al giudice per l'apposizione dei sigilli. Per quanto riguarda la sede di Roma, in piazza del Fante, è stato delegato un giudice della Capitale, che dovrà sigillare e raccogliere tutto il materiale. Intanto è stato nominato curatore del fallimento della società, nonché socio illimitatamente responsabile, il professor Michele Sandulli, professore ordinario di diritto commerciale nell'Università di "Roma Tre" ed uno dei massimi esperti e studiosi della materia. Inoltre il Tribunale ha ordinato che il legale rappresentante della "Irti" debba depositare le scritture contabili, nonché il bilancio degli ultimi due anni. I creditori ora avranno trenta giorni di tempo per la presentazione delle domande. Il 29 settembre, infine, si terrà l'udienza per la verifica dello stato delle cose. Il curatore dovrà verificare il "passivo" (ricostruire le situazioni debitorie) e l'inventario dei beni (verifica di tutte le situazioni patrimoniali anche all'estero) e poi soddisfare i creditori. In particolare dovrà essere verificata la ricapitalizzazione di circa 13 milioni di euro che il collegio giudicante non ha riscontrato; insomma ci saranno lavori di revocatorie molto complesse cui il curatore dovrà far fronte. A quanto è trapelato le motivazioni del fallimento sono da ravvisarsi nell'incapacità di adempiere le obbligazioni assunte alle previste scadenze con l'utilizzazione dei mezzi normali di pagamento, indipendentemente dalle cause che hanno determinato tale stato. Insomma secondo i giudici c'è un'impotenza economica e funzionale non transitoria, ossia cronica e irreversibile. Di più. La crisi finanziaria della Irti consisterebbe proprio nel fatto che è venuto meno il credito accordato: non solo da parte di venditori o appaltatori o sub-fornitori, ma anche, e soprattutto, da parte delle banche. In pratica la revoca della fiducia accordata dalle banche, così come in passato ha determinato la salvezza della società, ora ne ha provocato il definitivo crollo finanziario, rendendo inevitabile la dichiarazione di fallimento. I giudici, inoltre, hanno rilevato che il piano presentato non sarebbe idoneo per il superamento della crisi, mentre non c'è riscontro sulla sottoscrizione del capitale sociale e del ripianamento dei debiti. Così come risulterebbero già tutti ipotecati gli immobili, mentre l'unico libero è un terreno, peraltro non edificabile, che non fornisce idonea garanzia. Mancanza del credito bancario, protesti cambiari di notevoli importo, pignoramenti su beni e macchinari, sono per i giudici fattori sintomatici sulla base dei quali è stata accertata una situazione di crisi irreversibile della "Irti" che da ieri è scomparsa dalla mappa delle grandi imprese. (9)

"La fine di un colosso e di un sogno", s'intitola il commento che scrivo a fianco della clamorosa notizia della dichiarazione di fallimento:

Con la sentenza emessa ieri dal Tribunale dell'Aquila finisce un'éra per la nostra città. E non soltanto, e basterebbe, perché è stata dichiarata fallita la più importante società privata aquilana ma soprattutto per come è avvenuto un fatto impensabile fino ad un anno fa. Innanzitutto, con la sentenza di ieri è "morta" una mentalità, un sogno, forse un'utopia: quella che un semplice perito edile potesse costruire un impero, in Abruzzo, all'Aquila, a Sassa Scalo: un "self made man" nostrano che sembrava invincibile. Muore e viene sepolta la favola del mitico fondatore Iniseo Irti che i cinque figli (due dei quali non ci sono più: uno, segno del destino, è morto venerdì scorso) hanno cercato di far vivere, fino all'ultimo. Fino a quando, come può accadere anche nelle migliori famiglie, il grande affare è andato storto. Il guaio, e grosso, è ciò che è avvenuto dopo. Cioè la gestione Maccagni che ha infangato un nome, quello degli Irti, che nemmeno una clamorosa inchiesta, alcuni fa, della magistratura aquilana e qualche sospetto di contiguità con la camorra, erano riusciti a scalfire. Perciò, oltre alla morte fisica e morale di un nome glorioso indissolubilmente legato a quello dell'Aquila, resta l'inquietante dubbio del perché sia stata varata l'operazione Maccagni. Chi l'ha portato a Sassa Scalo? Chi l'ha sponsorizzato? Chi l'ha "benedetto"? Chi gli ha dato carta bianca? Chi, in definitiva, gli ha dato la licenza di uccidere? Qualcuno risponda: la città, in lutto, lo esige. (10)

* * * *

Invincibili, appunto, di fronte ad un fato non sempre favorevole. Ebbi anch'io, netta, questa sensazione quando, una domenica del febbraio 1996, mi precipitai a Scoppito dopo che avevamo ricevuto notizia che un elicottero s'era schiantato al suolo. Era un elicottero degli Irti. Si ipotizzò la strage. Ed invece, per fortuna, solo qualche graffio per Aldo Irti ed un suo amico. Quello che mi impressionò fu il fatto che l'elicottero, precipitando, ironia della sorte, nel giardino della villa di un dipendente della Irti, aveva centrato un palo in ghisa dell'illuminazione. Guardavo e riguardavo quel palo: era conficcato proprio nello spazio tra il sedile davanti e quello di dietro della cabina di guida. Titolai quel reportage con la parola "miracolo":

Fortunati nella sfortuna. Ancora una volta il fato si è abbattuto sulla famiglia Irti, ma ancora una volta il destino ha voluto limitare i danni. Non capita tutti i giorni di uscire praticamente illesi da un elicottero precipitato perché gli si rompe il motore: già quando il pilota di Formula 1, Alessandro Nannini, restò pesantemente menomato da un incidente simile, si gridò al miracolo. Né capita tutti i giorni che un velivolo precipiti su un centro abitato, sfiori le case, e "centri" il giardino di una villa.

Fortunati nella sfortuna, appunto. Ma Aldo Irti, appassionato di volo e da tempo titolare del necessario brevetto, è stato anche assai abile a conservare il sangue freddo. Col suo amico, l'imprenditore Claudio Silveri, 42 anni, titolare di una ditta di infissi di Preturo ed anche lui appassionato di volo, era decollato ieri mattina verso le 11 dall'aeroporto aquilano per fare un giretto di piacere con l'elicottero che la società Irti, di solito, usa per raggiungere i cantieri più scomodi ed impervi. A circa trecento metri d'altezza sull'abitato di Scoppito, un "Agusta Bell" monorotore (anno 1999, costo oltre un miliardo di lire) si "pianta", termine tecnico che indica quando il motore si blocca in volo. A quel punto, dopo un attimo di stallo e due giri su se stesso come hanno raccontato i testimoni, il pilota Aldo Irti ha attivato la manovra di emergenza dell'autorotazione per controllare, anche se alla meno peggio, l'elicottero ormai "impazzito". La manovra ha consentito di evitare l'impatto con le case, puntando il "proiettile" in caduta libera sul giardino di una villa, guarda caso quella di Alessandro De Carolis, direttore generale della società Irti. Tutto in casa, insomma.

Purtroppo non c'è nulla da scherzare. Sì, perché evitate le case e puntato dritto sul giardino, il pilota non è riuscito ad evitare che l'elicottero si infilzasse nel lampione che orna il vialetto della villa De Carolis. Il robusto palo in stile liberty ha trapassato l'abitacolo. Chi si fosse trovato in quel punto non avrebbe avuto scampo.

La scena che si è presentata ai soccorritori è stata drammatica. Ma anche in questo caso, Aldo Irti non s'è perduto d'animo. Prima ancora che arrivasse qualcuno, l'imprenditore s'era già liberato dalla lamiere contorte dell'elicottero. Aveva visto la morte in faccia ma è riuscito a trovare la forza per aiutare Silveri, rimasto tramortito, sia per evitare che l'elicottero esplodesse. Sarebbe stata una tragedia visto che il velivolo s'è conficcato nel terreno a meno di quindici metri dalla villa.

I due sono usciti praticamente illesi dall'impatto. Sono stati ricoverati al San Salvatore per precauzione ed ospitati nella stessa stanza. Gli uomini della Squadra mobile hanno avviato indagini e su disposizione del sostituto procuratore, Elvira Buzzelli, hanno sequestrato l'elicottero trasportato dai vigili del fuoco in "custodia" all'aeroporto di Preturo. Nell'hangar della famiglia Irti. (11)

* * * *

Ma è nel 1995 che gli Irti riescono a superare il momento più cupo della loro gloriosa storia. L'onta degli arresti. Le manette per Aldo Irti, nel marzo del 1994, sconvolsero la città e l'Abruzzo che peraltro aveva già fatto il callo ad arresti eccellenti e clamorosi. Scrivo:

Carcere chiama carcere. Rispettando il teorema alla base delle tante inchieste sulle "carceri d'oro", anche la realizzazione della nuova casa circondariale "Costarelle" dell'Aquila ha fatto scattare le manette. Arresti "eccellenti" di un'inchiesta che, a giudicare dalle indiscrezioni, potrebbe segnare l'avvio all'Aquila di "Mani pulite 2- La vendetta". Dove "la vendetta" sta per la già dichiarata intenzione della Procura di riscattare una prima puntata "dal tanto fumo e poco arrosto", capace cioè di scoperchiare la pentola di "Clientopoli", ma non quella di "Tangentopoli". "Le tante inchieste sul malaffare politico, dal quale L'Aquila non è immune, non fanno un salto di qualità per un diffuso clima di omertà", lamentò a dicembre il Procuratore Capo, Gianlorenzo Piccioli. L'omertà s'è spezzata: imprese subappaltatrici hanno parlato di un "sistema di taglieggiamento" imposto dalla società concessionaria. Ed è stato subito un terremoto. Tanto forte da far tremare una delle più importanti holding abruzzesi, quella della potente famiglia Irti che ottenne la concessione per realizzare il carcere. Ma abbastanza forte da far tremare molti: da un lato perché le imprese subappaltatrici avrebbero riferito che gli Irti, per garantire il "sistema", sconsigliavano dal rivolgersi alla magistratura vantando "protezioni particolari"; dall'altro, perché il "pizzo" potrebbe aver contribuito a creare fondi neri. Forse, ipotizza la Procura, per pagare tangenti.

In carcere, su ordine di custodia del Pm Piccioli accolto dal Gip Romolo Como, sono finiti Aldo Irti, legale rappresentante della "Iniseo Irti e figli" (società-madre della holding), e l'ingegnere Edoardo Di Sero, responsabile dell'ufficio marketing della società. Sospeso per due mesi dall'incarico di amministratore della stessa società, Walter Irti. I due sono stati arrestati all'alba di mercoledì dalla Guardia di Finanza e dagli agenti della sezione di Pg presso la Procura. Contemporaneamente sono scattate una serie di perquisizioni. I reati contestati: concorso in estorsione, minacce per costringere qualcuno a commettere un reato e falso in bilancio. E non è escluso che ai due arrestati vengano estesi anche i reati (truffa aggravata e falso) già contestati, in un avviso di garanzia, nell'inchiesta principale sulla realizzazione del carcere a sei persone tra cui lo stesso Walter Irti, l'ingegnere capo del Provveditorato alle Opere pubbliche Maurizio De Ruggeris, il suo predecessore Raniero Fabrizi, due geometri dell'ente (Pio Elia e Mario Ciccarella) e il direttore dell'impresa Irti, Alessandro De Carolis.

L'ipotesi di accusa avanzata in questo nuovo filone dell'inchiesta è pesante. Secondo l'accusa, sotto la minaccia di rescindere il contratto, la Irti imponeva una maggiorazione delle fatture. La tangente veniva riscossa in contanti oppure detratta dall'importo del lavoro. Lo avrebbe scoperto la Finanza indagando nell'ambito dell'inchiesta principale. Ma, soprattutto, lo avrebbero confermato cinque titolari di imprese subappaltatrici: i due aquilani Guido Olivieri (socio al 50% dell'Aquila Calcio, la cui ditta s'è occupata di opere in muratura per il carcere ma anche in altre opere gestite dagli Irti) e Vero Capannolo (opere in cemento), e quelli di fuori regione Flaiano Corsini (impianti elettrici), Antonio Checchia (intonaci) e Massimo Gasparotto (impianti di sicurezza). Hanno "cantato" tutti, negli stessi termini, con riscontri. Motiva l'ordine di custodia cautelare: non si vede perché tali imprese avrebbero dovuto mettersi d'accordo per accusare gli Irti.

"È una macchinazione contro di noi" si sarebbe difeso Aldo Irti, interrogato ieri pomeriggio in carcere alla presenza dei suoi avvocati, Angelo Colagrande e Manfredo Rossi. Una reticenza che gli inquirenti s'aspettavano, tanto che sono già scattati accertamenti patrimoniali per verificare dove possano essere finite le somme nascoste dal bilancio. E questa dei fondi neri è solo una delle tre piste che seguiranno le indagini. Le altre due sono il vaglio dell'esistenza di un analogo "sistema" anche nelle altre opere pubbliche gestite dagli Irti e la sussistenza o meno delle "particolari protezioni" che gli Irti avrebbero vantato. Alla Procura sono convinti d'aver agguantato il coperchio di un pentolone. Quello di Tangentopoli. Quello che, anche a costo di convertirsi al "rito ambrosiano" (chiave della cella nel tombino finché l'imputato non "canta"), la Procura vuole scoperchiare. (12)

Le manette focalizzano l'attenzione sulla riservatissima famiglia Irti che, in un profilo, definisco una "Dinasty del mattone".

L'unione fa la forza, anzi la famiglia fa la "holding". Potrebbe essere questo il motto degli Irti, magari stampato su un arazzo in cui campeggiano la fiabesca villa e l'avveniristica sede della società "Irti Lavori Spa", poste una di fronte all'altra lungo la statale 17 a Sassa Scalo, frazione alla periferia Ovest dell'Aquila. Casa e chiesa, dunque. Ma con quel "maledetto" carcere che, realizzato su un terreno quasi confinante a quello della villa, non solo ha finito col deprezzare il valore della lussuosa residenza ma, ironia della sorte, ha anche finito con l'ospitare uno degli Irti col rischio di generare guai ancora peggiori. "Capitano incidenti anche nelle migliori famiglie" aveva pronosticato lo scrittore inglese Dickens.

Una famiglia "migliore" gli Irti ci sono diventati in pochi anni creando un impero miliardario che nel 1991 ha proiettato l'holding (che raggruppa svariate società) al primo posto per fatturato tra le aziende costruttrici italiane. L'anno prima, nel '90, il maggior contribuente della famiglia, Claudio Irti aveva dichiarato un imponibile di 944.281.000 lire. Primati da miracolo se si considera che soltanto nel primo Dopoguerra il capostipite Iniseo aveva cominciato nel settore agricolo. Fu lui il primo a portare nelle campagne dell'Aquilano le prime "macchine", trattori e mietitrebbie. Ma la fortuna degli Irti s'è consolidata alla fine degli anni Sessanta quando Iniseo ed i cinque figli (Walter di 73 anni, Manlio di 70, Claudio di 68, Aldo di 64 e Francesco di 58) si sono tuffati anima e corpo nella realizzazione di grandi opere viarie nel Lazio, nel Molise ed in Campania. Opere viarie a cui sono seguiti altri tipi di opere pubbliche quali autostrade, centri direzionali e uffici pubblici. In Abruzzo, portano la firma Irti l'autostrada L'Aquila-Roma (ai cui lavori la società ha partecipato); la sede compartimentale delle Poste di Pescara e più, recentemente, il nuovo centro meccanizzato delle Poste dell'Aquila; la costruzione della torre di controllo ed i lavori di completamento dell'aeroporto di Pescara; il palazzo dell'Emiciclo, sede del Consiglio regionale; la megascuola della Guardia di Finanza all'Aquila, praticamente una cittadella; il megaparcheggio di Collemaggio; alcuni lotti dell'ospedale regionale dell'Aquila e il carcere di Preturo. In Italia, solo per citarne alcuni, la costruzione del quartier generale e degli edifici amministrativi della "Us Naval Support Activity" presso l'aeroporto di Capodichino a Napoli; il complesso dei servizi di movimentazione postale dell'aeroporto Leonardo Da Vinci (Fiumicino) di Roma nonché il restauro del castello Orsini di Montenero Sabino trasformato in un megacentro congressuale. La definitiva affermazione negli anni Ottanta, quando gli Irti si sono imposti nel panorama nazionale e perfino all'estero. Un impero. Il segreto? L'accordo, l'unione familiare che ha sempre regnato tra gli Irti. Un accordo basato sulla divisione tra i cinque fratelli di compiti e ruoli basata su un oculato sfruttamento della rispettive professionalità e peculiarità. Un ferreo regime al quale si sono "piegati" anche i figli e gli aggregati di una famiglia diventata nel frattempo numerosissima. Una famiglia potente. Grazie anche ad indovinate parentele (sancite spesso con matrimoni hollywoodiani) e importanti amicizie (rafforzate da cene e party in una splendida villa romana). Parentele ed amicizie sulle quali ora la Procura avrebbe deciso di veder chiaro. Finora la famiglia aveva superato piccoli "incidenti", tutti di percorso, con la giustizia. L'inchiesta sul contestato megaparcheggio (coinvolto Francesco) finì con un proscioglimento istruttorio; quella sugli appalti del nuovo ospedale regionale dell'Aquila (coinvolti Walter e Manlio) vinti dalla Cogefar e poi subappaltati anche agli Irti, è finita con un'archiviazione; lo stesso Aldo uscì indenne persino da una richiesta di arresto che non venne accolta (inchiesta "Strinella 88"). Poi è arrivata l'inchiesta del Procuratore Piccioli su quel "maledetto" carcere costruito dietro casa. (13)

L'inchiesta sembra far saltare un tappo:

Finalmente caro Procuratore- esulta Vincenzo Frattura, segretario provinciale della Lega Italia federale- Dopo vari tentativi, generosi quanto difficoltosi, alla fine anche la giustizia aquilana incomincia ad incidere sulla cancrena che ormai uccideva la vita della nostra città. Se in precedenti occasioni siamo stati critici e duri sulle amicizie pericolose del dott. Piccioli, oggi siamo veramente felici di poter plaudire alla sua liberatoria iniziativa anche se arriva un po' in ritardo. In città ed in tutto l'Abruzzo resta moltissimo da fare, ma siamo fiduciosi in un ritrovato spirito di legalità e di giustizia. (14)

Esulta anche chi, dice oggi che l'aveva detto che negli appalti c'era poca trasparenza. Come Mauro Colaianni della Fillea-Cgil aquilana (il sindacato dei lavoratori delle costruzioni) che rispolvera un comunicato del 1989, ben cinque anni prima. Ben tre anni prima di Tangentopoli:

La concessione è un istituto teso ad affidare agli operatori privati l'esecuzione e la gestione di grossi interventi. Di certo si può dire che, sia quella definita con la legge del 1929 sia quella della legge 80, non ha dato risultati miracolistici, anzi, in alcuni casi ha determinato appesantimenti e ritardi sui lavori e, proprio in questi giorni, questa questione sta ponendo grossi problemi di carattere morale. La questione delle "carceri d'oro" che ha visto coinvolti tre ministri della Repubblica (Delio Darida, Franco Nicolazzi e Vittorino Colombo) non è cosa da poco conto. Il problema è che questi "pacchetti finanziari" preconfezionati vengono dibattuti e concertati in sedi non istituzionali. Problema, soluzione, progettazione, realizzazione e gestione vengono imposti dall'Ente locale in una logica poco trasparente, in cui l'esercizio dei poteri di controllo e verifica e la capacità di indirizzo della pubblica amministrazione vengono surrogate dal peso delle decisioni imprenditoriali e partitiche. C'è qualcuno che sa spiegarmi, ad esempio, per quali motivi tutti i grossi lavori nella città dell'Aquila (supercarcere, scuola della Guardia di Finanza, Palazzo regionale) sono stati sistematicamente affidati a società diverse ma composte sempre dagli stessi personaggi e, come mai poi, puntualmente questi lavori sono stati affidati dai concessionari, in appalto, sempre alle stesse ditte che mettono a disposizione solo la mano d'opera? Sono interrogativi che devono farci riflettere. La concessione non può essere una delega in bianco e deve essere data solo sulla base di un chiaro e definito progetto di massima della pubblica amministrazione, così come deve essere riconosciuto alla pubblica amministrazione il diritto al controllo del progetto esecutivo. Va definito senza equivoci di sorta il rapporto tra concedente e concessionario. (15)

Gli Irti affidano una pubblica difesa a Peppe Vespa in una lunga intervista a cuore aperto che occupa un intero numero dell'Editoriale:

(...) Nei giorni a seguire gli arresti, abbiamo cercato in ogni modo di avvicinare qualche membro della famiglia Irti, anche per sentire la loro versione sulla vicenda; non siamo riusciti a farci rilasciare un minimo commento, quasi fosse stato deciso un silenzio totale nei confronti della stampa. Giovedì 17 marzo, essendo stati noi i soli ad uscire con la notizia (le altre testate erano in sciopero) siamo riusciti a "bloccare" Claudio Irti che, con cortesia ma con evidente fermezza, ci invitava a pazientare qualche giorno in attesa che la vicenda fosse più chiara e che fossero eseguiti gli interrogatori dei due arrestati; abbiamo parlato, poi, con la signora Tiziana Irti, figlia dell'ing. Manlio che, ci è sembrato, fosse stata demandata dalla famiglia a tenere i rapporti con la stampa, ed anche in questa occasione abbiamo ricevuto un cortese diniego ad eventuali dichiarazioni. Questa mattina siamo tornati alla carica e, con una certa sorpresa, abbiamo ricevuto l'assenso ad incontrarci, addirittura, con il signor Walter, il presidente (sospeso per due mesi) della Irti Lavori Spa. A mezzogiorno in punto, come preannunciatoci, eravamo al cospetto del signor Walter, nel suo studio, che ha tenuto subito a precisare che non sarebbe stata una intervista, ma come lui l'ha definita, "una chiacchierata alla buona". Così è stato e, senza aspettare alcuna domanda, è partito a ruota libera. "Non ci aspettavamo assolutamente un simile provvedimento, la magistratura aveva già acquisito presso gli uffici competenti ogni documento inerente l'iter dell'appalto del carcere circondariale di Preturo, aveva già i progetti, la contabilità dei lavori, i collaudi, tutto eseguito nelle norme, secondo il capitolato d'appalto e secondo le norme della contabilità dello Stato. Eventuale altra documentazione poteva essere a noi richiesta senza formalità alcuna. Noi, già da tempo, appena scoppiato il caso, ci eravamo messi a disposizione della magistratura per qualsiasi chiarimento fosse richiesto e che era nelle nostre possibilità dare. Siamo dell'avviso che non si dovesse arrivare a tanto, ad arresti così eclatanti di persone che hanno dedicato la loro esistenza al lavoro ed alla famiglia. Ci spiace inoltre che in questa vicenda sia stato coinvolto l'ing. Di Sero che è sempre stato un serio professionista e che ha sempre lavorato con onestà e competenza".

Abbiamo avuto appena il tempo di accennare alle contestazioni fatte dalla magistratura ed alle dichiarazioni delle imprese che avrebbero subìto le "cosiddette estorsioni", che il presidente ci ha interrotti con... "queste imprese possono sottoscrivere quello che vogliono, fra loro e la "Irti Lavori" sono esistiti soltanto rapporti di lavoro ben codificati, dettati da impegni altrettanto chiari ed ognuno dei contraenti, per quanto di sua competenza, li ha rispettati; loro per le prestazioni stabilite e noi, previa presentazione di regolare fattura, con il relativo pagamento. Così è sempre stato e nessuno si è mai lamentato. Dopo diversi anni, arriva l'impresa Capannolo e ricorda, all'improvviso, le minacce alle quali lo avremmo sottoposto e le estorsioni che avremmo esercitate nei suoi confronti; solo oggi escono, d'incanto, le fatture maggiorate e, addirittura, la stampa ipotizza l'esistenza di fatture false. Assolutamente niente di tutto questo risponde a verità".

Mentre parlavamo, man mano, la stanza del presidente si è affollata ed alla spicciolata sono arrivati Claudio Irti, il figlio di questi, Umberto, e numerosi altri figli e nipoti dei vari capostipiti. Anche loro, rispettosamente nei confronti dello "zio Walter" sono intervenuti nella discussione. Un intervento toccante lo ha effettuato la figlia di Aldo lrti, ci ha veramente commossi. Ci ha tolti dall'imbarazzo del momento il signor Claudio con "aspettiamo con serenità l'evolversi degli accertamenti da parte degli organi inquirenti che, dobbiamo riconoscere, sono stati cortesissimi nel loro agire con immenso tatto; noi abbiamo rispetto della magistratura e crediamo nella giustizia, è giusto che gli inquirenti facciano tutte le indagini che ritengono opportune; l'unica nota stonata è stata quella degli arresti che potevano essere evitati, sia sotto il profilo umano, sia per i riflessi sulla famiglia, sugli affetti esterni, sugli amici e, non ultima, sull'opinione pubblica. Vi è poi l'aspetto, non secondario, anzi senz'altro più importante, che è quello imprenditoriale; questi arresti potrebbero minare la nostra immagine esterna".

Aggiunge subito il signor Walter: "Siamo un'azienda costruita come una macchina, in cui, però, i rapporti umani sono fondamentali; ognuno di noi ha dei compiti precisi e ben definiti ed è impensabile sostituirlo dall'oggi al domani. Una macchina che produce senz'altro reddito d'impresa, ma che produce anche lavoro per centinaia di dipendenti con altrettante famiglie da campare; ed in questo momento di recessione occupazionale, questo aspetto non va assolutamente sottovalutato. Proprio in questi giorni abbiamo firmato un contratto per un appalto di 50 miliardi in Germania, precisamente a Monaco di Baviera, il primo lotto è di 12 miliardi, si tratta della realizzazione di importanti complessi residenziali da costruire per conto di gruppi finanziari tedeschi e svizzeri. Stiamo, inoltre, contrattualizzando a Lipsia ed a Berlino lavori per un valore di oltre 600 miliardi di cui 100 miliardi già con contratto. Impegni importanti, ma anche di grosse responsabilità, che debbono, però, trovare l'impresa nella sua piena efficienza e con la disponibilità di tutti i suoi uomini al fine di poter assolvere gli impegni nel miglior modo possibile. Anche per questi lavori, saranno occupati, ove possibile, tecnici e manodopera delle nostre zone".

A questo punto abbiamo spostato il discorso su alcuni "si dice" che vedrebbero Francesco Irti, che cura le pubbliche relazioni per l'azienda negli ambienti ministeriali romani, legato da parentela acquisita tramite la moglie con la famiglia Costanzo, impresa molto chiacchierata ed al centro di vicende giudiziarie nel campo di appalti anch'essi poco trasparenti. È il signor Walter a risponderci: "Ma quali si dice e quali legami chiacchierati! Francesco ha sposato la ex moglie (divorziata) del dottor Giacomo Scillamà (attualmente risposato), notissimo medico chirurgo che opera a Roma. La signora Mariella Chiarandà di origini siciliane, più precisamente di Caltagirone, di famiglia di origini nobiliari, che dall'età di 16 anni ha sempre vissuto a Roma; nessun legame con i fratelli Costanzo né con altre illazioni del genere". Abbiamo timidamente aggiunto che i Costanzo erano venuti a fare dei lavori all'Aquila... (siamo stati interrotti dal signor Claudio): "I Costanzo vennero all'Aquila per i lavori della Facoltà di Scienze in associazione temporanea d'impresa con la "Di Vincenzo Costruzioni" di Pescara; noi non abbiamo nulla a che fare con queste imprese". Abbiamo chiesto, in ultimo, al signor Walter di chiarirci "il giallo della stanza riservata Nos" ove sarebbero riposti documenti scottanti e top-secret. "Non esistono particolari documenti segreti o di importante rilevanza strategica ma, soltanto, documenti riservati coperti dal segreto di Stato, trattandosi di documenti e di progetti di insediamenti particolari, spesso, militari. Nos significa Nulla Osta di Segretezza ed implica l'autorizzazione, concessa a quelle particolari imprese che godono di speciali, documentate ed accertate caratteristiche, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e, per esso, dall'Autorità nazionale di sicurezza; in detto locale può accedere solo l'incaricato di sicurezza che, nel caso, sono io o un mio sostituto, anch'esso preventivamente autorizzato. Chiunque altro, comprese la Guardia di Finanza o la Magistratura, deve essere autorizzato, previo preavviso, dalla stessa autorità. Nessun giallo, quindi, nessuna autorizzazione, come qualche giornale ha scritto, del Governo americano, ma solo dell'organismo nazionale competente che, ripeto, è l'Autorità nazionale di sicurezza".

Aggiunge il signor Claudio: "Il tutto è una macchinazione ai nostri danni ordita dagli imprenditori". Abbiamo domandato: con lo zampino di qualche politico? Non abbiamo ricevuta risposta alcuna, se non "Nei prossimi giorni terremo una conferenza stampa alla quale saranno invitate tutte le testate giornalistiche". Dopo numerose strette di mano, Walter Irti ci ha accompagnati all'ascensore che conduce alla hall ove ci attendeva la guardia giurata. (16)

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L'inchiesta coinvolge nomi eccellenti. In particolare quello dell'onorevole Romeo Ricciuti. È Aldo Irti a fare il nome del parlamentare durante un drammatico interrogatorio a sorpresa in carcere, al trentaseiesimo giorno di detenzione, davanti al Procuratore Gianlorenzo Piccioli. Eccone il verbale:

Pm Piccioli: (...) Voi avete costituito un fondo che non appare nelle scritture contabili. Le chiedo: chi lo prendeva, chi lo gestiva, che fine ha fatto?
Aldo Irti: Questo fondo noi ce l'avevamo in cantiere.
Pm: In contanti?
Irti: Sì, e poi l'abbiamo diviso tra gli amministratori; l'hanno utilizzato questo qui gli amministratori e, in tutto, sarà stato circa un miliardo che noi abbiamo avuto come disponibilità, quindi circa 300 milioni a testa che ognuno ha utilizzato nella maniera che riteneva più opportuna. Io non vorrei tirare in ballo, però non lo so, è stato utilizzato da me in parte per il momento della realtà amministrativa, in campagna elettorale, ed in parte io li ho utilizzati per beneficenza; ma non solo questi, adesso io non vorrei, siccome quello che io utilizzo non ho mai voluto che venisse detto, venisse alla luce, ma io non solo questi fondi che abbiamo ritirato, ma molti dei miei in particolare, dei soldi miei, io li ho utilizzati per fare delle opere di beneficenza.
Pm: Mi consenta neanche lontanamente di toccarlo questo discorso, perché è talmente delicato che io non mi permetto neanche lontanamente di entrare; quindi è un discorso, se lei poi si mette di fronte al fatto di averli usati per beneficenza, io rispetto; quindi su questo non tocchiamo assolutamente; lei si assume le responsabilità, forse anche davanti ad altri oltre che davanti a me, di dire certe cose, io su questo non ci voglio neanche lontanamente entrare perché andremmo in un discorso che non, rispetto la sua privacy; a me interessa l'altra parte: la campagna elettorale a favore di chi?
Irti: Beh, l'esponente locale che c'è, che c'era allora.
Pm: E chi è?
Irti: L'onorevole Ricciuti.
Pm: Lei pensa che io, la vedo timoroso, pensa che io abbia qualche cosa?
Irti: No, mi dispiace che, sono cose queste perché è andato così, durante.
Pm: Lei li ha dati a lui o per il partito?
Irti: Beh, io li ho dati a lui per il partito, per il partito certamente, era il momento sempre nei periodi precedenti che c'era, per dare un aiuto localmente e localmente l'unica persona che era qui referente alla quale poteva essere, che poi ho avuto anche, poi alla fine ho avuto delle discussioni con lui, siamo rimasti un po' in attrito, io e lui siamo un po' in attrito, io ho sospeso dopo...
Pm: L'erogazione?
Irti: Sì, non abbiamo più, dopo il condono, noi non abbiamo erogato più niente.
Pm: Lei si riferisce alla campagna del '92 o si riferisce?
Irti: No, alle campagne precedenti, prima, lui ha avuto mano a mano.
Pm: In che anno?
Irti: Li ha avuti per la campagna adesso ritornando a mano a mano, ma erano necessari per fare le cose, un po' alla volta sono state, lì 200 milioni, e gli altri invece sono andati così.
Pm: Gli altri ripeto, lei mi dice che li ha usati per altri scopi.
Irti: Lei vedrà da tutti i conti, e questo glielo posso giurare su qualsiasi cosa, che non un centesimo è entrato a Aldo Irti o ai fratelli ma Aldo Irti ed i fratelli Irti in proprio, l'abbiamo fatto come società, ma in proprio se lei vede, io tanti soldi, tanti ne ho dati, quindi può immaginare se potevo andare ad approfittare. (17)
La mattina dopo Aldo Irti viene scarcerato. Mentre Ricciuti (che poi verrà completamente scagionato), quando qualche giorno dopo trapela il suo nome, reagisce con durezza e dichiara, tra l'altro, a Giustino Parisse:
"È peraltro noto a tutti all'Aquila, e non solo, che Aldo Irti è sempre stato un mio avversario politico; si conoscono bene i nomi di altri politici e parlamentari amici di Irti. Negli ultimi anni l'imprenditore si è distinto per essere, con le sue aziende, il più assiduo sostenitore di un periodico locale ("L'Editoriale", n.d.r.) che ho più volte querelato per diffamazione nei miei confronti". (18)

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Ma poichè i guai non vengono mai soli, salta fuori anche una storiaccia con la camorra. Scrive ancora Giustino Parisse:

La ditta Irti Spa avrebbe avuto a Napoli rapporti con la camorra. Per poter lavorare in tranquillità avrebbe addirittura pagato ad esponenti della criminalità locale una tangente di quasi un miliardo. Da parte della camorra si sarebbe trattato di una vera e propria estorsione che, oltre alla Irti, avrebbe coinvolto numerose ditte impegnate in lavori pubblici nel Napoletano. In particolare la Irti aveva ottenuto l'appalto, del valore complessivo di 70 miliardi, per lavori interni all'aeroporto di Capodichino relativi a uffici della "Us Navy". I camorristi, in sostanza, sugli appalti pretendevano, forse anche attraverso pesanti minacce, una congrua percentuale. L'episodio di estorsione ai danni della Irti è venuto alla luce nel corso delle indagini che i carabinieri di Napoli stanno conducendo sulle attività criminose degli affiliati ai clan camorristici di Eduardo Contini e Gennaro Licciardi. In tale inchiesta sono state emesse, qualche giorno fa, ben 51 ordinanze di custodia cautelare. Le accuse nei confronti degli esponenti della camorra vanno dall'associazione mafiosa, alle estorsioni ai danni di ditte appaltatrici di grandi opere pubbliche, al traffico internazionale di armi e droga, alla gestione del Lotto e del Totocalcio clandestini, al riciclaggio dei proventi in attività lecite. Per quanto riguarda gli episodi di estorsione sono sette quelli indicati nell'ordinanza di custodia cautelare del Gip di Napoli. (...) Un miliardo di lire sarebbe stata la tangente imposta all'impresa "Irti Lavori Spa". Le indagini si fondano sulle rivelazioni di alcuni pentiti, nonché sulle ammissioni fatte da imprenditori vittime delle estorsioni (non si sa a tal proposito se i giudici napoletani abbiano in qualche modo sentito come testimoni rappresentanti della Irti). (...). (19)

Nel 1995, come si diceva, l'inchiesta aquilana che ha offuscato l'immagine degli Irti, si sgonfia. Scrivo:

Sugli Irti resta la "macchiolina" del patteggiamento, ma dopo l'udienza preliminare di ieri davanti al Gip, il caso giudiziario legato alla holding aquilana s'è sgonfiato senza nemmeno arrivare ad un processo. Anzi, l'inchiesta partita con clamorosi arresti, ha quasi fatto "plof" come una bolla di sapone. Quasi perché alcuni "filoni" d'inchiesta devono essere ancora definiti e perché alcune accuse hanno costretto i due principali ed altri cinque imputati al patteggiamento, ossia ad una scelta che "premia" l'accusato per l'implicita (seppur non espressa) ammissione di responsabilità. Ma "plof" perché l'accusa numero uno, ossia l'estorsione fatta dall'impresa Irti per costringere alcune delle ditte subappaltatrici nella costruzione del nuovo carcere e della scuola della Guardia di Finanza, a maggiorare le fatture per decine di miliardi sotto la minaccia di estrometterli dai lavori, è stata esclusa dal Gip Romolo Como ("perché il fatto non sussiste"). E soprattutto per questa accusa, uno dei massimi esponenti della famiglia (Aldo lrti) ed un dei più importanti funzionari (l'ingegnere Edoardo Di Sero) il 16 marzo del '94 vennero arrestati su richiesta del Procuratore Piccioli e si fecero 37 giorni in quel carcere, ironia del destino, realizzato proprio dall'impresa Irti.

I patteggiamenti. Aldo Irti (assistito dagli avvocati Angelo Colagrande e Manfredo Rossi) ha patteggiato 9 mesi e 10 giorni di reclusione per due reati: minacce a qualcuno a commettere un reato per aver preteso da alcuni subappaltatori la maggiorazione di certe fatture per un totale di circa un miliardo. Tali fatture maggiorate, secondo l'accusa, con riconsegna in nero alla "Irti", sarebbero state iscritte nei bilanci della società facendo così apparire le uscite maggiori di quelle reali. Di qui, l'altra contestazione di falso in bilancio per la quale ha patteggiato 4 mesi di reclusione anche l'altro rappresentante della holding, Walter Irti (avvocato Colagrande). Di Sero (avvocati Antonio Fiorella e Piergiorgio Merli) ha invece patteggiato 6 mesi e 20 giorni di reclusione per la storia delle minacce per le fatture e per frode fiscale. Per quest'ultima accusa hanno patteggiato anche l'imprenditore pescarese Franco Abati (16 mesi) ed un impresario milanese Giampietro Montali (2 milioni di multa). (...) Infine, è uscito totalmente scagionato Mauro Irti (avvocati Colagrande e Berardino Ciucci).

I 200 milioni a Ricciuti. Anche l'ex deputato, contro il quale era stato chiesto il rinvio a giudizio per contributi elettorali non dichiarati ammontanti a 200 milioni, esce "pulito" dall'inchiesta. Ricciuti è stato prosciolto ("perché il fatto non sussiste") dall'accusa di aver preso contributi illeciti nel periodo successivo all'anno 1989; per intervenuta amnistia per i contributi antecedenti a quell'anno; "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato" per la contestazione di non aver indicato tali contributi nella dichiarazione dei redditi per il '92. (20)

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Gli Irti tenteranno il rilancio. Cercheranno di farlo con i "junior" i quali tentano anche un'apertura con la stampa cittadina, tutta convocata ad una colazione di lavoro (promossa dal direttore dell'Editoriale, Peppe Vespa) presso il ristorante "Il Rugantino", a Preturo, lo stesso dove, ironia della sorte, Sandro Maccagni fece la mossa di invitarmi a cena. Ecco la cronaca di quell'incontro:

La terza generazione non sarà quella che, come vuole il detto (una per costruire, una per aumentare, la successiva per distruggere), segnerà la fine del destino degli Irti, anzi. Questa la ferrea convinzione mostrata ieri dal gruppo-famiglia Irti che, inaugurando un nuovo corso, ha voluto incontrare la stampa "per fare chiarezza sulla situazione finanziaria di una della maggiori realtà non solo cittadine visto che la società è stata classificata nel 1998 al posto n.45 tra le 18.000 imprese edilizie italiane". Non a caso, ad inaugurare il nuovo corso è stato il quarantunenne Iniseo Irti che porta il nome del nonno che nel 1920 avviò le fortune della famiglia, poi ereditate da cinque fratelli ed oggi affidate ai nipoti. Iniseo è oggi presidente di un consiglio di amministrazione della "Irti Lavori Spa" (il gruppo non è più una holding) totalmente rinnovato (vi fanno parte i giovani Piero, Paolo e Mauro Irti e la signora Mariella Chiarandà, moglie dello scomparso Francesco).

Presente anche Umberto Irti, il giovane presidente Iniseo ha spiegato perché il gruppo era finito in brutte acque. "Nel momento della crisi del settore del dopo Tangentopoli- ha detto- c'erano poche alternative tra le quali quelle di tentare "l'avventura" all'estero. Eravamo convinti che il mercato tedesco ci avrebbe garantito di sopravvivere in un periodo particolare della nostra azienda. In realtà, nonostante un'attenta analisi di mercato, siamo stati ingannati, come d'altra parte è accaduto ad altre imprese italiane e non, da improvvisati immobiliaristi di malaffare, che hanno sfruttato da una parte l'enorme mole di finanziamenti previsti per l'unificazione delle due Germanie, dall'altra la buona fede e, come nel nostro caso, alcuni errori di valutazione, come ad esempio l'esserci fatti carico anche della progettazione". In sostanza, in una grande opera a Lipsia (la realizzazione di un intero isolato con oltre 300 appartamenti, negozi, uffici ecc.) da 75 miliardi di lire, la Irti ne ha incassati solo 54.

"Abbiamo avviato un contenzioso per recuperare questi soldi- ha spiegato ancora Irti-. Così come siamo in causa per 35 miliardi col governo americano per un appalto alla base navale Usa a Capodichino. Fatto sta che ci siamo trovati in difficoltà". Perciò è stato chiesto ed ottenuto (nell'agosto scorso), un piano di consolidamento dell'esposizione e di finanziamento per 40 miliardi in particolare ad un pool di quattro banche (Carispaq, Bnl, Banca di Roma e Banca popolare della Marsica). "Un piano ben preciso che prevede in 5 anni un fatturato minimo di 80 miliardi. Ebbene, nel 1998 abbiamo centrato questo obiettivo mentre nel 1999 la previsione di fatturato è addirittura di 120 miliardi. Senza contare che potremmo anche avere ragione nei due grandi contenziosi che abbiamo per 55 miliardi". Questo risultato, ha spiegato ancora il presidente, è dovuto ai grandi appalti presi dalla Irti ed in particolare la tratta ferroviaria Roma-Viterbo, che diventerà una metropolitana di superficie (115 miliardi) per il Giubileo, e la tratta urbana di Roma della linea Alta velocità Roma-Napoli (76). "Guardiamo con fiducia al futuro- ha concluso Iniseo Irti Jr.-. Tanto più che abbiamo mantenuto intatti i livelli occupazionali di circa 400 dipendenti diretti della Spa, un migliaio se consideriamo l'indotto. Il 1999 è l'anno dell'Aquila: potrebbe essere anche quello del nostro definitivo rilancio". (21)



Note al testo


(1) Il Messaggero, Cronaca dell'Aquila, 8 novembre 2002 (torna al testo)
(2) Il Messaggero, Cronaca dell'Aquila, 12 novembre 2002 (torna al testo)
(3) Il Messaggero, Cronaca dell'Aquila, 16 novembre 2002 (torna al testo)
(4) Il Messaggero, Abruzzo Sport, 7 marzo 2003 (torna al testo)
(5) Il Tempo, Cronaca dell'Aquila, 17 febbraio 2003 (torna al testo)
(6) Il Messaggero, Cronaca dell'Aquila, 30 maggio 2003 (torna al testo)
(7) Il Messaggero, Cronaca dell'Aquila, 31 maggio 2003 (torna al testo)
(8) Il Messaggero, Cronaca dell'Aquila, 6 giugno 2003 (torna al testo)
(9) Il Messaggero, Cronaca dell'Aquila, 17 giugno 2003 (torna al testo)
(10) Ibidem (torna al testo)
(11) Il Messaggero, Cronaca dell'Aquila, 5 febbraio 1996 (torna al testo)
(12) Il Messaggero, Cronaca d'Abruzzo, 18 marzo 1994 (torna al testo)
(13) Ibidem (torna al testo)
(14) Comunicato stampa, 18 marzo 1994 (torna al testo)
(15) Comunicato stampa, 13 giugno 1989 (torna al testo)
(16) L'Editoriale, 22 marzo 1994 (torna al testo)
(17) Atti del procedimento 340/94 R.G.N.R., interrogatorio di Aldo Irti del 21 aprile 1994) (torna al testo)
(18) Il Centro, Cronaca dell'Aquila, 27 aprile 1994 (torna al testo)
(19) Il Centro, Cronaca dell'Aquila, 18 aprile 1994 (torna al testo)
(20) Il Messaggero, Cronaca dell'Aquila, 21 aprile 1995 (torna al testo)
(21) Il Messaggero, Cronaca dell'Aquila, 19 gennaio 1999 (torna al testo)