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I Papi e Celestino V

di Angelo De Nicola - ONE GROUP EDIZIONI




SCHEDA DEL LIBRO


L’annunciato, e dal 4 giugno scorso ufficialmente confermato, pellegrinaggio di Papa Francesco il 28 agosto all’Aquila per aprire la Porta Santa della basilica di Santa Maria di Collemaggio, è un evento epocale che può cambiare il Pil dell’intero Abruzzo ma anche il corso della Storia, non solo della Chiesa. Si tratta, infatti, del primo Pontefice in 728 anni che schiude, il 28 agosto, la prima Porta Santa della Storia, anticipatrice anche del Giubileo, riconoscendo il messaggio di Pace di Papa Celestino V (ancor più di attualità in questi drammatici giorni di guerra) per secoli ignorato e ostracizzato dalla Chiesa per quelle sue clamorose dimissioni il 13 dicembre 1294 dopo soli quattro mesi dall’incoronazione all’Aquila, il 29 agosto di quello stesso anno. Per celebrare l’evento epocale, questo libro ripercorre l’atteggiamento che i vari Papi, nel corso della Storia, hanno avuto nei confronti della figura di Celestino V e della Perdonanza, ovvero della Bolla con cui, al momento dell’incoronazione all’Aquila, Fra’ Pietro del Morrone concesse il Perdono da tutti i peccati a chi, sinceramente pentito e confessato, fosse passato sotto la Porta Santa di Collemaggio tra il 28 e il 29 agosto di ogni anno.
Un gesto rivoluzionario perchè concesso erga omnes e gratis, cioè anche ai poveri che non potevano permettersi di “lucrare” l’indulgenza plenaria. Dunque, da Bonifacio VIII, il successore di Celestino, che tentò in tutti i modi di annullare (che per l’epoca voleva dire distruggerla fisicamente) la Bolla del Perdono, senza riuscirvi per la coraggiosa resistenza del popolo aquilano che, infatti, ne custodisce la proprietà morale e materiale da 728 anni e, ancora oggi, promuove e organizza ogni anno la Perdonanza Celestinana con l'apertura della Porta Santa che è stata tenuta, nella versione cosiddetta "moderna" (ossia dal 1983 in poi) da 39 Cardinali.
Passando per Clemente V che fece santo, e subito, Celestino V ma significativamente non con il nome da Papa, bensì da Eremita: San Pietro Confessore. Fino, in epoca moderna, a Paolo VI, il primo a parlare delle dimissioni come di un gesto eroico; a Giovanni Paolo II e soprattutto a Benedetto XVI che, dopo aver fatto un percorso di “riabilitazione” della “damnatio memoriae” di Pietro del Morrone, sostenendo che «seppe agire secondo coraggio e in obbedienza a Dio» e smontando così il marchio di vigliaccheria causato dal famoso verso dantesco (“vidi l’ombra di colui che per viltade fece il gran rifiuto”), fino al punto da dimettersi esattamente come fece il suo predecessore.
E, infine, a Papa Bergoglio che di Celestino V ha detto: «C’è un’idea forte che mi ha colpito, pensando all’eredità di San Celestino V. Lui, come San Francesco d’Assisi, ha avuto un senso fortissimo della misericordia di Dio, e del fatto che la misericordia di Dio rinnova il mondo».
Angelo De Nicola


PREFAZIONE DELL'AUTORE


I rapporti tra i Pontefici che si sono succeduti e Papa Celestino V, alla luce dell'analisi in questo volume, sono risultati intensissimi. E’ stata quasi un chiodo fisso, per i Papi, questa figura sia per “quella” rivoluzionaria Bolla del Perdono sia per “quelle” clamorose dimissioni.
L’impressione (su cui, chi scrive, sollecita il lettore a confrontarsi) è che Pietro del Morrone sia stato una sorta di ossessione per i Pontefici. E che, il famoso verso dantesco, quello che marchierebbe Celestino V di vigliaccheria, sia stato quasi un’“uscita di sicurezza” per molti, anche per la gran parte dei Papi, per cercare di mettere in un cantuccio colui il quale era riuscito a parlare alle coscienze. Colui per il quale «il Perdono è tutto» (“anticamera” di pace, di giustizia, di misericordia) e «il Potere è un servizio».
Ha ragione quel cocciuto di Antonio Grano: «Mi chiedo: ma perché tanto livore e tanto disprezzo, contro un uomo colpevole di non aver mai fatto male ad anima viva? Se Celestino V è così inutile, vacuo e insignificante (lo “scialbo fraticello abruzzese” di cui parlava Montanelli) perché tutti ne vogliono parlare?». Celestino V ha generato imbarazzo per l’essere stato così forte, unico, un gigante morale. Imbarazzo fino all’ostracismo, alla “damnatio memoriae”. Ma, Pietro del Morrone, per usare le parole di Papa Francesco, «ha avuto un senso fortissimo della misericordia di Dio, e del fatto che la misericordia di Dio rinnova il mondo». Tardiva, dopo oltre settecento anni, ma alla fine la “riabilitazione” è arrivata. E sarà certificata dal passaggio di Bergoglio sotto la Porta Santa della Basilica aquilana di Santa Maria di Collemaggio. Lì dove Celestino V ha concluso il cerchio della sua “rivoluzione” concedendo la Bolla del Perdono.
Il sì di Francesco all’invito a venire ad aprire la Porta Santa al mondo, in occasione della Perdonanza Celestiniana n. 728, è di per sè un altro “dono” agli aquilani che già beneficiarono dell'immenso regalo di Pietro del Morrone. Con quella “ricetta” del fraticello divenuto Pontefice, L’Aquila volò fino a diventare, di lì a solo un secolo, la seconda città del regno dopo Napoli, al centro di traffici commerciali e intellettuali, italiani ed europei. Con il gesto di Papa Francesco, oggi, la città che tredici anni fa venne distrutta e annientata da un terremoto, può far nuovamente cambiare a suo favore il corso della Storia.
Anzi, può contribuire a cambiare il Pil dell’intero Abruzzo.

L’Aquila, 26 maggio 2022
Angelo De Nicola








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