LogoLogo

Prefazione dell'Autore

I Papi e Celestino V I rapporti tra i Pontefici che si sono succeduti e Papa Celestino V, alla luce dell'analisi in questo volume, sono risultati intensissimi. E’ stata quasi un chiodo fisso, per i Papi, questa figura sia per “quella” rivoluzionaria Bolla del Perdono sia per “quelle” clamorose dimissioni.
L’impressione (su cui, chi scrive, sollecita il lettore a confrontarsi) è che Pietro del Morrone sia stato una sorta di ossessione per i Pontefici. E che, il famoso verso dantesco, quello che marchierebbe Celestino V di vigliaccheria, sia stato quasi un’“uscita di sicurezza” per molti, anche per la gran parte dei Papi, per cercare di mettere in un cantuccio colui il quale era riuscito a parlare alle coscienze. Colui per il quale «il Perdono è tutto» (“anticamera” di pace, di giustizia, di misericordia) e «il Potere è un servizio».
Ha ragione quel cocciuto di Antonio Grano: «Mi chiedo: ma perché tanto livore e tanto disprezzo, contro un uomo colpevole di non aver mai fatto male ad anima viva? Se Celestino V è così inutile, vacuo e insignificante (lo “scialbo fraticello abruzzese” di cui parlava Montanelli) perché tutti ne vogliono parlare?». Celestino V ha generato imbarazzo per l’essere stato così forte, unico, un gigante morale. Imbarazzo fino all’ostracismo, alla “damnatio memoriae”. Ma, Pietro del Morrone, per usare le parole di Papa Francesco, «ha avuto un senso fortissimo della misericordia di Dio, e del fatto che la misericordia di Dio rinnova il mondo». Tardiva, dopo oltre settecento anni, ma alla fine la “riabilitazione” è arrivata. E sarà certificata dal passaggio di Bergoglio sotto la Porta Santa della Basilica aquilana di Santa Maria di Collemaggio. Lì dove Celestino V ha concluso il cerchio della sua “rivoluzione” concedendo la Bolla del Perdono.
Il sì di Francesco all’invito a venire ad aprire la Porta Santa al mondo, in occasione della Perdonanza Celestiniana n. 728, è di per sè un altro “dono” agli aquilani che già beneficiarono dell'immenso regalo di Pietro del Morrone. Con quella “ricetta” del fraticello divenuto Pontefice, L’Aquila volò fino a diventare, di lì a solo un secolo, la seconda città del regno dopo Napoli, al centro di traffici commerciali e intellettuali, italiani ed europei. Con il gesto di Papa Francesco, oggi, la città che tredici anni fa venne distrutta e annientata da un terremoto, può far nuovamente cambiare a suo favore il corso della Storia.
Anzi, può contribuire a cambiare il Pil dell’intero Abruzzo.

L’Aquila, 26 maggio 2022
Angelo De Nicola




Segui Angelo De Nicola su Facebook