Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 97
Un saggio di Angelo De Nicola
97. FIGLIO CONTRO PADRE: GUERRA DI NERVI
6. 3. 1998
La verità, se mai si riuscirà ad accertarla in questa intricata vicenda, sta tutta dentro un paio di mutande. Anzi, in tre paia di mutande.
Nel giorno dell'attesissimo faccia a faccia tra Michele Perruzza e suo figlio Mauro, esplode un altro giallo. L'ennesimo colpo di scena di una vicenda maledetta che, quando sembra arrivare ad una qualche certezza, produce dal suo ventre un fatto nuovo che spariglia le carte faticosamente messe in ordine in tavola.
Il colpo di scena riguarda l'ormai famoso paio di mutande trovate, almeno così si era detto finora, sul tetto di casa Perruzza, gettate dalla finestra del bagno da qualcuno che voleva disfarsene in fretta e furia. Mutande sicuramente indossate dall'assassino perché risultate macchiate, ad un esame del Dna, del sangue della piccola Cristina. Mutande che, secondo la perizia sul Dna disposta in questo processo-satellite dal Tribunale di Sulmona, non furono di certo indossate da Michele in quanto il ”codice genetico” dei residui organici che vi sono stati trovati non è compatibile con quello del muratore.
Mutande che Mauro, nel memoriale inviato una settimana fa ai giudici peligni col quale ha chiesto ed ottenuto di essere interrogato oggi in aula, nega fermamente che siano le sue, supportando tale affermazione con una perizia di parte fatta dal professor Bruno Dallapiccola secondo la quale la “sequenza” di Dna dei residui organici trovati su quel paio di slip non è la stessa di quella del Dna del ragazzo.
Ebbene, parecchi misteri si stanno addensando su dove e come questo paio di mutande venne trovato dentro casa Perruzza, alle ore 15 del 28 agosto 1990, ovvero due giorni dopo l'arresto di Michele Perruzza.
Durante quella perquisizione, oltre ad alcuni panni sporchi (tra i quali l'altrettanto famosa canottiera sulla quale furono trovati capelli di Cristina risultati “strappati”) rinvenuti accanto e dentro la lavatrice (a piano terra), fu fatta un'ispezione anche su quella parte di tetto posto fuori la finestra del bagno (al primo piano).
Su quel tetto, come risulta dal verbale di perquisizione, furono trovati tre paia di mutande: il primo che è diventato protagonista del processo, un secondo di «ridotte dimensioni» (così recita il verbale) ed un terzo logoro e consumato dalle intemperie.
Doveva essere, insomma, abituale che qualcuno, in casa Perruzza, si liberasse infantilmente delle mutande sporche gettandole dalla finestra del bagno.
Di quei tre paia di slip, gli inquirenti decisero di ”repertarne” (cioè di sequestrare) soltanto uno. Gli altri due furono scartati. Perché? In base a quali considerazioni?
Non solo. Il verbale della perquisizione non chiarisce in quale esatta posizione i tre slip furono trovati.
In questi giorni, infatti, sta emergendo (è stato un giornalista del fronte degli innocentisti a ritirare fuori, ieri anche in Tv, questo particolare forse ritenuto finora insignificante) che lo slip “incriminato” sarebbe stato notato da un acuto inquirente spuntare seminascosto sotto una tegola, oltretutto in un punto abbastanza lontano dalla finestra del bagno.
Questo inquirente, sempre secondo il racconto del giornalista, si sarebbe vantato più volte e con più persone di aver notato lo slip, in un punto dove una persona tarchiata (come Michele) non arriva nemmeno sporgendosi, a meno di uscire dalla piccola finestra del bagno e salire sul tetto che, comunque, è ben visibile dalla piazza del paese.
Ecco perché diventa fondamentale stabilire da un lato come furono effettivamente trovati sul tetto il paio di mutande sequestrato e gli altri due slip non repertati e, dall'altro, se la perizia di parte del professor Dallapiccola è attendibile o no.
Lo slip è tutto per questo processo-satellite, per l'intera vicenda e, forse, per arrivare finalmente alla verità. Fare chiarezza sullo slip vale sicuramente di più di quanto potrà dire stamani Mauro nel suo interrogatorio.
Il ragazzo, poiché è ascoltato come “indagato di un reato connesso”, non è un semplice testimone: la legge gli consente addirittura la possibilità di dire il falso senza subire conseguenze.
Eppoi, finora Mauro ha fornito ben diciassette versioni diverse sui fatti. Le mutande, invece, sono sicuramente quelle che l'assassino indossava in quella maledetta sera del 23 agosto 1990: non si scappa. Mauro, nell'ultimo memoriale, ha scritto: «Ricordo perfettamente che quella sera mi sono cambiato le mutande insieme alla maglietta e alle calze e le ho depositate nel cesto dei panni sporchi situato prima del bagno». Il bagno, appunto.
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