Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 72
Un saggio di Angelo De Nicola
72. «NON FU PERRUZZA A SPINGERE IL FIGLIO AD AUTOACCUSARSI»
5. 7. 1995
Il collegio difensivo voleva innalzare un altro pilastro nel castello della revisione processuale, invece si è ritrovato in mano un sassolino che comunque può essere lanciato nello stagno.
Il Tribunale dell’Aquila ha assolto Michele Perruzza e la moglie Maria Giuseppa Capoccitti con la formula “perché il fatto non sussiste”, dall’accusa di aver costretto il loro figlio minore ad autoaccusarsi dell'omicidio della cuginetta. La sentenza, arrivata da un’udienza in camera di consiglio che è stata proceduralmente contestata dalla difesa, non accontenta gli avvocati di Perruzza visto che i giudici non sono entrati nel merito dell’accusa sottraendo il processo alla fase dibattimentale a cui puntava la difesa per dimostrare la completa innocenza dell’ergastolano e della moglie.
L’avvocato Cecchini ha annunciato assieme ai colleghi De Vita e Maccallini, un nuovo ricorso in Cassazione. Tra le eccezioni di diritto, il mancato consenso dell’imputato al processo predibattimentale.
L’imputato, ieri trascinato in catene, quasi un nano tra sei carabinieri, in udienza si è alzato per leggere un bigliettino: «Voglio andare al dibattimento». Uscendo dall’aula, forse intuendo la portata della sentenza, è parso ancor più spaurito.
L’avvocato Cecchini ha detto che il collegio «non demorde, stiamo combattendo una battaglia di civiltà giuridica e con Perruzza viviamo l’angoscia di un ergastolano innocente. Questa sentenza del Tribunale non può quindi appagarci».
Per l’avvocato Maccallini «il Tribunale non ha svolto attività di istruttoria dibattimentale: a mio avviso si tratta quindi di un’assoluzione “al buio”. Un fatto che, assieme alla celerità della decisione, mi sconcerta».
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