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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 5

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



5. IN ATTO UNA DIFESA DISPERATA
29. 8. 1990



Un eroe. Una vittima. Un ragazzetto «tarato» da qualche problema psichico o figlio di quella cultura contadina legata ancora alla figura del padre-padrone o al «familismo amorale» che porta a coprire, sempre e comunque, i propri congiunti.
Chiunque sia Mauro, il figlio tredicenne di Michele Perruzza, il quarantenne muratore finito in manette con l'accusa di essere il bruto, è l'unico ad avere la chiave di lettura del brutale delitto, a Case Castella di Balsorano, di Cristina. La confessione spontanea, infatti, poi ritrattata a distanza di poche ore, ha dimostrato agli inquirenti che il ragazzetto sa molto sull'assassinio. Forse solo una parte, per aver seguito e spiato l'assassino o quantomeno averlo sentito raccontare. Forse tutto, per aver involontariamente partecipato.
Il ruolo di Mauro. Lui sa. Perciò o è lui il bruto, ma poiché non conosce, dicono gli inquirenti, alcuni particolari è quasi impossibile, oppure ha cercato di coprire qualcuno che, è da stare certi, gli «interessa». Suo padre per esempio: ha suscitato molti sospetti, infatti, il momento in cui Mauro è crollato. Lo ha fatto quando nel tardo pomeriggio di domenica ha visto il padre, tra due carabinieri, mentre veniva accompagnato alla caserma di Balsorano per essere interrogato. Proprio in quel momento, spontaneamente, ha chiamato un ispettore e si è autoaccusato.
Il ruolo della madre. Crollato davanti alle domande incalzanti degli inquirenti da strani cambiamenti di versione, Mauro ritratta. Chiamati i due genitori, la madre, Maria Giuseppa Capoccitti, zia di Cristina, sotto la pioggia di domande finisce per ammettere: «E' morta, è morta ha detto mio marito tornando a casa quella sera». Crolla proprio lei che secondo gli inquirenti avrebbe retto l'alibi al marito per ben tre giorni, fin da venerdì, da quando cioè il muratore è stato inserito nel cerchio dei tre maggiori sospettati con un giovane ventenne cugino della vittima e un pastore. Il figlio conferma le accuse della madre scagionandosi definitivamente ed accusando il padre. Lui, però nega.
L'ultimo colpo di scena. Il caso che molti hanno già dato per chiuso, si è riaperto clamorosamente ieri mattina. Gli avvocati di fiducia Mario e Carlo Maccallini (padre e figlio) che Michele Perruzza è riuscito a nominarsi dopo parecchie rinunce (anche di nomi eccellenti), ieri hanno annunciato che madre e figlio dell' “indagato” intendono ritrattare. Nascosti chissà dove anche per motivi di sicurezza, i due hanno parlato con gli avvocati Maccallini, che ieri dopo un colloquio in carcere con Michele Perruzza e uno in Procura col magistrato, hanno dichiarato ai giornalisti l'intenzione a rimangiarsi ogni accusa. Una “mazzata” per la pubblica accusa. Il Pubblico ministero, il sostituto procuratore della Repubblica di Avezzano Mario Pinelli, nelle prime ore di ieri mattina aveva espresso infatti l'intenzione di chiedere al Gip (Giudice per le indagini preliminari) un incidente probatorio. Cioè, con un'udienza in camera di consiglio raccogliere le dichiarazioni di madre e figlio per “incasellarle” nel fascicolo del dibattimento.
Le accuse all'uomo rese dai due congiunti nella notte di domenica sono sì a verbale, ma al momento non sono prove. Perciò il Pm, con l'urgenza per il sospetto di possibili pressioni sui due testimoni - chiave, vorrebbe subito trasformare le dichiarazioni in prove, anche per poter fare le sue contestazioni in sede di un'eventuale richiesta di rinvio a giudizio. Tale incidente probatorio, una specie di “confronto all'americana” alla presenza del Gip, del Pm, dell'accusato e della sua difesa, e ovviamente dei due testimoni sembrava dovesse tenersi stamattina. Ma in giornata sono emersi fatti nuovi. Forse l'incidente probatorio, ovviamente un passo decisivo, soprattutto in negativo per la posizione del muratore, slitterà. Alla difesa è stato comunque detto di tenersi all'erta.
I vestiti macchiati. E' questo il fatto nuovo. Gli agenti del dottor Pasquale Cerasoli della Squadra mobile dell'Aquila, tornati ieri mattina in paese a Case Castella, hanno cominciato a perquisire l'abitazione del muratore. Hanno setacciato anche un magazzino di proprietà dei Perruzza. Nel corso della perquisizione domiciliare, a cui hanno partecipato il Pm Pinelli e il difensore Carlo Maccallini, sarebbero saltati fuori alcuni vestiti, in particolare un pantalone ed una camicia, certamente del muratore, macchiati. E' sangue? Probabilmente sì, a giudicare dal fatto che gli inquirenti hanno parlato di «novità assai interessanti». I vestiti raccolti e sequestrati da agenti della Polizia scientifica, sono stati ieri inviati ai laboratori di Roma della Criminalpol per essere esaminati.
L'accusa. Il magistrato che coordina le indagini di carabinieri e polizia a cui è stato affidato il compito di restituire tranquillità all'opinione pubblica dopo tanta violenza e di scacciare i “fantasmi” legati all'impunito omicidio del novembre scorso nella vicina San Donato di Tagliacozzo, ha in mano tre carte. La confessione- ritrattazione del tredicenne a cui è andata ad aggiungersi la determinante ammissione della moglie dell'indagato, Maria Giuseppa Capoccitti.
Dato per certo, ragiona l'accusa, che la piccola conosceva il suo assassino, a sua volta certamente esperto del posto tanto da conoscere il fossato tra le boscaglie dove è stato ritrovato il corpicino; accertato che il tredicenne Mauro, l'ultimo a vedere Cristina prima della scomparsa, ha fornito molti particolari veritieri sull'omicidio, l'assassino, sostengono gli inquirenti, è in casa Perruzza.
Proprio per questo il Procuratore della repubblica presso i minori, dottor Duilio Villante, ha richiesto gli atti per poter esaminare nuovamente la posizione del tredicenne che aveva interrogato domenica notte, magari per sondare se sia stato costretto ad autoaccusarsi perché “non imputabile” non avendo compiuto ancora 14 anni. La seconda carta è una ciocca di capelli trovata in un cespuglio sul luogo del delitto. Ma è una “pista” tutta da vagliare visto che potrebbe trattarsi anche di peli, magari degli stessi cani che hanno trovato il corpicino martoriato.
La terza carta, infine, sono i vestiti trovati ieri: anche questa una strada tutta da illuminare anche se molto sospetta visto che agenti e carabinieri che costantemente sorvegliavano la casa, l'hanno però sempre trovata chiusa, serrata, e non hanno potuto mai fare qualche controllo informale non potendo far scattare la perquisizione domiciliare.
La difesa. Gli avvocati Maccallini si sono subito mossi, e bene dal loro punto di vista, visto che dopo un loro colloquio con madre e figlio hanno subito avuto l'impressione che i due sono intenzionati a ritrattare. Fatto questo, probabilmente punteranno sulla circostanza che il ragazzetto, come ha inventato, per ammissione degli stessi inquirenti, la confessione così potrebbe aver inventato l'accusa al padre. Perché? Potrebbe essersi suggestionato in un momento di grande emozione generale. E la moglie del muratore? Potrebbe essere stata costretta, anche per difendere il figlio quasi linciato dalla folla a Balsorano. E i vestiti macchiati ritrovati? Innanzitutto potrebbe non essere sangue, oppure potrebbe essere del muratore che in quanto tale è vittima di piccoli incidenti, specie alle mani che infatti ha tagliuzzate; eppoi, fare una perquisizione a distanza di così tanto tempo potrebbe presupporre che l'accusa si è accorta di avere scarsi elementi in mano. E le testimonianze di strani episodi raccolte nel suo paese che pare aver finalmente trovato il suo mostro dopo quattro giorni di incubo? Suggestione generale.
Così, chiusa la quinta giornata di indagini da quella maledetta alba di sangue e violenza di venerdì scorso, la vicenda si va tingendo di giallo.


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