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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 4

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



4. ALL'ALBA IL MOSTRO E' SCOPERTO
28. 8. 1990



«Ecco il mostro... Ecco il mostro... ». Non appena Michele Perruzza, muratore quarantenne, a testa china, esce dal Palazzo di Giustizia di Avezzano, all'alba, in manette tra due corpulenti agenti, i pochi curiosi rimasti sonnacchiosi tutta la notte al freddo ad attendere sviluppi, si risvegliano all'improvviso. Vogliono linciarlo. Vola pure qualche raggelante minaccia: «Il mostro sei tu, non tuo figlio. Vedrai ora cosa ti succederà in carcere... Assassino». Sono le 6,40 di ieri mattina. Con la Volante che scompare nella foschia mattutina verso il carcere di Avezzano, si conclude la nottata thrilling del terzo giorno delle affannose indagini a tappeto per scoprire il bruto che ha assassinato dopo aver tentato di violentarla, la piccola Cristina Capoccitti, 7 anni appena, la sera di giovedì scorso. Otto ore in cui accadde di tutto, anche l'incredibile con colpi di scena a ripetizione.
A Palazzo di Giustizia, il magistrato che conduce l'inchiesta (il giovane sostituto procuratore della Repubblica di Avezzano Mario Pinelli) e tutto lo stuolo degli inquirenti arrivano verso l'una e trenta di ieri notte. Con loro c'è M. P., il ragazzo di 13 anni, cugino della vittima, che poco prima delle 22 di domenica, si è «sbottonato» mentre era in casa con un ispettore della Squadra Mobile. Poi, portato nella caserma dei carabinieri di Balsorano, confessa. « Sono stato io». E racconta la storia, troppo precisa, specie in base ai risultati dell'autopsia. «E' finalmente finita, c'è l'abbiamo fatta. Il ragazzo ha confessato e abbiamo anche parecchi riscontri oggettivi. Sì, sì, è tutto a verbale»; così il sostituto Pinelli, verso mezzanotte, dichiarava ai microfoni del “Tg3 Abruzzo” prima di lasciare Balsorano, dove una folla inferocita vuole linciare il tredicenne, salvato per miracolo dalle forze dell'ordine e trasportato ad Avezzano sia per motivi di ordine pubblico sia per essere ascoltato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minori dell'Aquila, dottor Duilio Villante. Il caso sembra chiuso.
Ed invece, tre ore dopo la sorpresa. Alle 2,30, il capitano della compagnia dei carabinieri di Tagliacozzo, Scocchera, esce dagli uffici della Procura della Repubblica dove si sta effettuando l'interrogatorio. Trafelato dice ai giornalisti: «Fermi tutti, il ragazzo ha ritrattato. Bloccate i giornali, la tv... per carità». E' troppo tardi. La notizia della confessione, giunta proprio al momento di andare in stampa non può più essere ritoccata: «Ormai abbiamo sbattuto il “mostro” in prima pagina», dice sconsolato qualche cronista.
E' accaduto che il ragazzo nel raccontare di nuovo come sono andate le cose, si è tradito: precisa, tra le altre cose, di aver strozzato la piccola con la mano sinistra, perché mancino, mentre l'autopsia ha evidenziato una mano destra. I conti non tornano. Il ragazzo, stanco, comincia a dare i numeri e a cambiare continuamente versione finchè ammette «Non sono stato io, scusate». Un dramma. Ma anche una svolta decisiva, secondo gli inquirenti.
Alle 3,45 altro colpo di scena. Su una “Audi 100” arrivano i genitori del ragazzo: Michele Perruzza, operaio edile, 40 anni e la moglie Maria Giuseppa Capoccitti, operaia presso una camiceria a Sora, zia della vittima perché sorella di Giuseppe, padre di Biancaneve. A testa bassa scompaiono oltre il portoncino d'ingresso. I due vengono interrogati separatamente, e le dichiarazioni vengono sottoposte ad esame “incrociato”. Minuziosamente. Passa quasi un'ora. Alle quattro e mezzo arriva il più piccolo dei tre fratelli Perruzza, 7 anni appena, accompagnato da alcuni zii, in calzoncini corti e pantofole, con quel freddo, fa pena. Uscirà dopo mezzora per andare a dormire nell'auto di un parente.
La svolta, di nuovo appare nell'aria. E infatti, alle 6, il tredicenne e la madre escono dal Tribunale. Maria Giuseppa, davanti al magistrato, ha confessato: «Cristina è morta. Cristina è morta: così ha detto mio marito rientrando a casa quella sera». Il figlio conferma: lui forse ha visto tutto. La donna, all'uscita dice qualcosa sottovoce al figlio. Sembra volerlo sgridare. Poi scompaiono in auto. All'interno della Procura, intanto, il magistrato ha già deciso di operare il fermo di polizia giudiziaria su Michele Perruzza perché fortemente indiziato dell'omicidio della piccola Biancaneve. Forse è omicidio premeditato dopo il tentativo di violenza carnale e gli atti di libidine.
Il sostituto Pinelli, stanchissimo come tutti i suoi collaboratori dai carabinieri del maggiore Annichiarico, agli agenti del Commissariato di Avezzano del dottor Bartoli, alla Mobile del dottor Cerasoli) tiene una conferenza stampa. Il magistrato è “attaccato” da più di una domanda. Tra l'imbarazzo per quel che è successo nella nottata al povero tredicenne innocente, e la tangibile soddisfazione per aver dato quella risposta che l'opinione pubblica chiedeva anche per allontanate i “fantasmi” del dopo omicidio a San Donato di Tagliacozzo, si trincera dietro il segreto istruttorio: «Un uomo è fortemente indiziato anche in base a riscontri oggettivi» dice quasi a smorzare l'ottimismo ma poi ringrazia «carabinieri e polizia per la splendida collaborazione senza precedenti e decisiva. Ora la parola passa al Gip».
E Pinelli, la richiesta si convalida l'ha presentata in mattinata. Non vuol perdere tempo. L'udienza è tenuta in carcere, a mezzogiorno, alla presenza dell'avvocato Cesidio Di Salvatore, difensore d'ufficio di Michele Perruzza. Al termine il Giudice per le indagini preliminari, dottor Marco Pinto, conferma il fermo: la testimonianza della donna e del ragazzo sono indizi sufficienti visto che i due congiunti non avrebbero alcun motivo di mentire. E' una prova considerata «decisiva» che però al momento, conta poco.


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