Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 47
Un saggio di Angelo De Nicola
47. BALSORANO, DA SEI MESI MAURO VIVE LONTANO DAI SUOI GENITORI
25. 11. 1991
La clamorosa riapertura del processo per il delitto di Balsorano decisa con un'ordinanza dalla Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila, non è stata salutata con entusiasmo a Ridotti di Balsorano, come invece accadde il 15 marzo scorso quando Michele Perruzza venne condannato all'ergastolo.
Niente applausi in aula per una vicenda che, per i troppi ed imperdonabili errori commessi, appare ancora più di prima una valle di vittime. Vittima è la piccola Cristina la quale, come dice il padre, è «ormai morta e sepolta e non può fare spettacolo in questa società dello spettacolo»; “vittima” è anche l'imputato il quale, come i suoi nuovi avvocati (Attilio Cecchini e Antonio De Vita) sono riusciti a dimostrare, non è stato difeso a dovere in primo grado perché il suo ex difensore (l'avvocato Casciere) «non doveva moralmente accettare l'incarico» per aver già assistito e fatto scagionare il figlio del muratore precludendosi così la possibilità di esplorare l'unica ipotesi alternativa di fronte alla « verità storica» che «l'assassino è in casa Perruzza»; e “vittima” è anche il figlio minore del muratore che, dopo quanto è emerso nel processo d'appello e qualunque risulterà la “verità giudiziaria”, resterà per sempre col peso di questa vicenda.
«Ma a me chi mi risarcirà?» ha detto il ragazzo ai suoi nuovi amici prima ancora che, grazie alle falle lasciate aperte dalle indagini ed allargate dal processo di primo grado, la Corte d'Appello riaprisse il processo decidendo di ascoltare il minore.
D'altra parte Mauro, ora quattordicenne, ragiona in termini diversi da quando nel giugno scorso è stato allontanato dalla madre, su provvedimento del Tribunale dei Minori ed affidato ad una nuova famiglia.
A parlare con chi gli sta accanto, il ragazzo ha cercato la madre solo due volte, per due brevi telefonate.
Quando vuole riferirsi ai genitori chiama la madre “quella lì” e il padre “quello lì”. Insomma, Mauro sembra aver tagliato i ponti col passato e con la sua famiglia e di pensare esclusivamente al suo futuro, un futuro nel quale spera di fare l'insegnante di educazione fisica perché gli piace lo sport. Un futuro che Mauro vuole più sereno, come ha confessato, cambiando cognome, per scrollarsi di dosso quel “Perruzza” che è diventato sinonimo di “orco libidinoso”. Chiederà il cambio di sua iniziativa se nel frattempo non arriverà un provvedimento di adozione.
Dopo aver vissuto da protagonista la vicenda, allontanato dalla madre, sempre sospettato di essere il piccolo «mostro», Mauro dovrà ora tornare in aula venerdì prossimo, 29 novembre. Non potrà parlare con i suoi familiari in quell'aula dove, per uno scherzo del destino, si ricomporrà la lacerata famiglia Perruzza: il padre in carcere condannato all'ergastolo, la madre andata ad abitare in una città del Nord, il fratello maggiore trasferito a Roma per lavoro.
«Davanti a me, mio figlio non potrà mentire» ha detto ai suoi legali il muratore aggiungendo: « Mio figlio è stato infame con me ma io non potrò esserlo con lui perché è sangue del mio sangue». «E' vero, il ragazzino è in una posizione terribile, schiacciato da un peso immane- commentava ieri l'avvocato Cecchini- noi crediamo che si libererebbe, soprattutto per il suo bene, solo dicendo la verità». Ma Mauro ai suoi amici ha già detto che la verità è nella sua seconda versione, quella che accusa il padre e non nella prima quando si autoaccusò del delitto.
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