Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 43
Un saggio di Angelo De Nicola
43. COSI' RICOSTRUITA QUELLA MALEDETTA SERATA D'AGOSTO
23. 11. 1991
Secondo la difesa, questa è la ricostruzione dei fatti di quella maledetta sera del 23 agosto: Cristina, dopo aver giocato col cuginetto Mauro Perruzza che l'ha anche aiutata a riparare la bicicletta, torna a casa di corsa per la cena come mamma le aveva imposto.
Ma esce subito di casa dicendo al padre Giuseppe: «Non ci cercate, so io quando devo tornare a casa». Quel “ci” genuino (ieri contestato dalla parte civile e dal padre della bambina), per la difesa, sta a significare che la piccola doveva tornare a vedersi col cuginetto. I due vanno verso il boschetto dove avviene la tragedia. Cosa accade la difesa ieri non l'ha spiegato limitandosi a sostenere che comunque Cristina non fu colpita ma sbattè il capo su quella pietra cadendo. Mauro scende il declivio e va a lavarsi le mani e le ginocchia macchiate di sangue al fontanile, dove viene visto da una testimone alle ore 21; torna a casa, dove si fa la doccia (altra testimonianza).
In sostanza, è la versione della prima confessione del minore che secondo la difesa sarebbe supportata da elementi certi: «Non capiamo perché - ha detto Cecchini - ad un certo punto sia stata accantonata».
Ma Michele Perruzza cosa dice? Perché non racconta la verità? Davvero non sa nulla, come sostiene? «Mio figlio è stato infame con me ed io non potrò esserlo con lui perché è sangue del mio sangue» ha detto, indicando le sue parti basse, l'altro giorno in carcere ai suoi avvocati il muratore.
«Sono innocente» ha gridato ieri interrompendo l'intervento dell'avvocato di parte civile Giancarlo Paris.
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