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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 38

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



38. «DIMENTICARE E' IMPOSSIBILE, TANTOMENO PERDONARE»
19. 11. 1991



«E va bene... Va bene, accetto di parlare con lei. Ma per favore non venga a casa mia. Non abbiamo mai ricevuto giornalisti nella nostra nuova casa di Avezzano e non faccio eccezioni».
Dopo tante insistenze, alla fine Giuseppe Capoccitti s'è lasciato convincere a fare quattro chiacchiere col cronista alla vigilia del processo di secondo grado. Era contrario, restio, non voleva: «Non ho bisogno di pubblicità - dice -, né di recitare per forza il ruolo strappalacrime del padre della piccola Cristina, né di fare il protagonista a tutti i costi. Cosa vuole che possa dire il padre di una bellissima bambina che non c'è più perché è stata assassinata? Me lo dica lei: cosa posso dire?».
Come appare diverso da sua sorella Maria questo ragazzone dal volto sempre triste, che una triste vicenda ha strappato dalla sua terra, dal suo paese, Case Castella.
Niente pubblicità, niente clamore, niente polemiche, niente desiderio di apparire, niente ricerca del microfono, ma solo «la voglia disperata di starmene a casa con mia moglie i miei figli e quei pochi parenti e amici che ci hanno mostrato una solidarietà vera. I giornalisti è meglio tenerli fuori, soprattutto da casa mia».
Perché?
«Non tocca certo a me giudicare l'operato dei giornalisti ci mancherebbe. Ma sono rimasto deluso, amareggiato, schifato dall'uso che s'è fatto dell'assassinio di una bimba di 7 anni. Taluni hanno usato questa vicenda secondo i loro interessi e i loro fini, per dirla volgarmente hanno inzuppato il pane... nel sangue».
Ritiene quindi esclusivamente strumentali anche le polemiche scatenatesi dopo la condanna?
«Si, sono strumentali. E' tutta una messa in scena montata da chi ha particolari interessi. Ho sentito questa Associazione delle vittime dell'ingiustizia paragonare “quello lì” a Enzo Tortora. Scusi, ma a me s’accappona la pelle».
Ma come mai lei è sempre stato convinto della colpevolezza di Michele?
«Per un insieme di fattori che forse non costituiranno verità processuali ma hanno convinto un padre distrutto dal dolore. “Quella lì”, mia sorella, ha raccontato troppe bugie, ed ha cercato di farmi credere una cosa per un'altra. Dopo, mettendo insieme i tasselli e riflettendoci su giorno e notte, ho capito tutto. Io ho l'umana certezza assoluta che sia stato lui».
Quali bugie?
«Parliamo di quella stessa sera della scomparsa di Cristina. Preso dalla disperazione mi chiedevo come fosse possibile che nessuno avesse visto la mia bambina. Cristina era sicuramente andata verso la piazzetta e qualcuno doveva pur averla vista. Solo allora, “quella” se né usci dicendo che suo figlio Mauro l'aveva incontrata giù in piazzetta mentre risaliva dal lavatoio: Cristina aveva detto al cugino che stava andando a casa dell'amichetta Sara. Tutte bugie. Cristina stessa al mattino disse a sua madre che Sara era tornata a Sora, dove abitava, la mattina prima. Ho chiesto a “quella” a che ora Mauro aveva visto Cristina. Alle 9 meno 5 mi rispose. In realtà, in quel momento, la mia bambina era già morta. Hanno tentato di sviarci; così sono andati ai carabinieri a Balsorano nonostante già li avessi chiamati io per telefono; così sono andati a vedere se Cristina poteva essere a casa di un'altra mia sorella a San Vincenzo Valle Roveto. Una bambina di 7 anni, alla due di notte, a San Vincenzo? Che assurdità. E poi il resto... ».
Cioè?
«Loro nei giorni successivi stavano costantemente a casa mia, per cercare di coprirsi, di sapere cosa accadeva per potersi organizzare. Raccapricciante ricordare che “quello” ha poggiato i fiori con me sulla tomba di Cristina e che “quella”, invece, è stata accanto a mia moglie in chiesa per tutto il funerale. Mi vengono i brividi solo a pensarci».
Lei continua a non chiamare per nome sua sorella. Ha detto più volte che non la considera più tale. E' rimasto di quell'idea?
«Non potrei cambiare idea. E' questa donna il punto nodale della vicenda e del dramma della nostra famiglia che si è aggiunto alla tragedia. Quella notte lei ha fatto una scelta: quando è rientrato a casa suo marito dopo aver fatto quello che aveva fatto, lei ha scelto: poteva venire a raccontarci tutto, a me che ero suo fratello; oppure poteva tentare di coprire lo “scandalo” iniziando a fingere. O una strada o l'altra. Sappiamo la via che ha scelto. No, non è più mia sorella».
Una moglie che difende suo marito per amore...
«No. Non c'era proprio tutto quest'amore. Lei c'entra fino al collo. Lei forse ha organizzato tutto e certamente sa tutto. Lei sta difendendo anche se stessa. Perché suo marito, per quanto possa essere un criminale, deve per forza essersi smarrito quella sera. Così, lei ha fatto la sua scelta: ha preso la situazione in mano».
Le due telefonate che sua sorella le ha fatto come se le spiega?
«Forse lei pensava di ottenere la mia solidarietà. Che cioè io le dicessi: no, non può essere stato tuo marito... Nella successiva chiamata mi disse: “Tu non sai i guai che stiamo passando noi”. E proprio a me veniva a dirlo! Poi mi disse che macchie di sangue sugli indumenti erano delle galline che suo marito aveva ammazzato e che i capelli trovati sulla canottiera erano sicuramente i suoi. Tutte bugie. Avremmo voluto credere che non fosse vero niente. E invece... ».
Suo nipote non è anche lui una vittima?
«Vittima di chi? Vittima della madre certamente. “Quella” oggi si lamenta che suo figlio non la cerca più: che si chieda il perché. Che si chieda il perché il Tribunale per i Minori glielo ha tolto. E poi smettiamola col definire costoro delle vittime. Se c'è una sola vittima, quella è Cristina. Ma di questa bambina, ormai morta e sepolta, sembra non fregare più nulla a nessuno. Cristina è morta e non può fare spettacolo in questa società dello spettacolo. Con una bambina morta non si fa carriera. Se invece diciamo che Perruzza è una vittima si fa spettacolo, si vendono giornali, si “guadagna” spazio in Tv. C'è stata una condanna nel nome del popolo italiano: si doveva far solo silenzio».
Magari nel «silenzio» andava ricompreso l'applauso alla condanna all'ergastolo?
«In aula c'era tanta gente e si e no trenta persone di Ridotti. Forse è stato un gesto spontaneo di liberazione dopo tanta tensione»
Un giorno perdonerà “costoro”?<br> «Questa domanda mi fa rabbia ogni volta che mi viene posta. Rispondo così: lei al posto mio perdonerebbe?».
Domani si apre il processo di secondo grado. Cosa si aspetta?
«Spero solo che se dovessero sussistere residue zone d'ombra vengano illuminate. E desidererei che ci lascino in pace e che lascino riposare in pace Cristina che da lassù sarà sicuramente disgustata da tutto questo baccano».


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