Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 22
Un saggio di Angelo De Nicola
22. POCHI MINUTI PER RINVIARE
16. 1. 1991
Quattro minuti di udienza per un rinvio di quasi due mesi. A sorpresa (ma non tanto), ieri è slittato al 5 marzo l'atteso processo a Michele Perruzza. La Corte d'Assise dell'Aquila ha preso atto della richiesta (presentata ieri mattina) della difesa di ricusazione dei due giudici togati (il presidente Antonio Villani e Romolo Como) disponendo la trasmissione del fascicolo alla Corte d'Appello competente a prendere la decisione. Di qui il rinvio che ai più che gremivano l'aula è apparso «una virgola», «il solito cavillo per rinviare».
Un cavillo, invece, non deve essere apparso ai difensori (gli avvocati Leonardo Casciere e Domenico Buccini) che si sono accollati il rischio di far restare in carcere un altro mese e mezzo “in attesa di giudizio” il loro assistito. Ma i due avvocati hanno fatto presente che proprio perché Perruzza rischia l'ergastolo gli vanno concesse tutte le garanzie possibili. «La richiesta di ricusazione- ha spiegato l'avvocato Casciere- è in piena linea con lo spirito del nuovo codice di procedura penale che impone la “terzietà” dei giudici del dibattimento.
In sostanza, il presidente Villani e il giudice a latere Como non potrebbero giudicare Perruzza perché si sono già espressi sul caso quando hanno fatto parte (il primo era presidente anche in quell'occasione) del Tribunale della Libertà che il 12 ottobre scorso ha rigettato, in secondo grado dopo il “no” del Gip di Avezzano, l'istanza di scarcerazione presentata dalla difesa per insussistenza degli indizi.
I due non solo hanno giudicato (e, quindi, potrebbero essere condizionati da quella decisione) ma soprattutto hanno avuto modo di vagliare alcuni atti del Pubblico ministero (ad esempio l'interrogatorio della moglie e del figlio di Perruzza) che non fanno parte del cosiddetto “fascicolo dibattimentale” e cioè di quei pochissimi ”irripetibili” atti che i giudici possono visionare prima del processo, il momento in cui si formano le prove.
Perruzza, però, resta in carcere. Su questo punto ha insistito il Pubblico ministero: «Un imputato che è innocente - ha commentato il Sostituto procuratore di Avezzano, Mario Pinelli - dice: fatemi il processo che non ne posso più. Chi è innocente scalpita perché gli sia subito fatto il processo e poter dimostrare la propria innocenza. Non mi aspettavo una richiesta simile che credo sarà rigettata perché il codice non prevede incompatibilità».
«Dovrete sudarvi questa condanna all'ergastolo» hanno detto, in tono scherzoso, i due avvocati difensori salutando il Pm lungo il corridoio: «Nel dispositivo del Tribunale della Libertà- ha spiegato l'avvocato Buccini manca soltanto il « Pqm» (ossia “per questi motivi”) nel senso che è una decisione nel merito della causa. Con tutto rispetto per i due giudici, la loro posizione è incompatibile. Non lo prevedeva il vecchio codice ma è la filosofia della nuova normativa».
Infine, gli avvocati di parte civile Giancarlo Paris e Antonio Milo nel ritenere infondata l'incompatibilità dei due giudici, hanno rilevato come la deroga allungherà la sofferenza dei genitori e dei parenti che attendono, invece giustizia.
«Vogliamo soltanto giustizia» ha detto in lacrime la madre di Cristina, la signora Dina Valentini presente ieri mattina in aula col marito Giuseppe Capoccitti il quale, saputo del rinvio, ha invece ribadito la sua fiducia nella giustizia: « Questa decisione allunga di altri due mesi la nostra attesa ma sono convinto che tutto si chiarirà e almeno sotto questo punto di vista potremo ritrovare una certa tranquillità. Piano piano stiamo cercando di tornare a vivere anche grazie alla solidarietà dimostrataci non solo dai nostri paesani di Case Castella. Ci siamo trasferiti ad Avezzano, ma molti continuano ad esserci vicini».
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