Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 14
Un saggio di Angelo De Nicola
14. TEMPI RAPIDI PER IL PROCESSO: A NOVEMBRE IN ASSISE
17. 10. 1990
Se i risultati delle analisi della Criminalpol per conto dell'accusa, e perciò solo di parte, già gravavano pesantemente su Michele Perruzza, le conclusioni della perizia d'ufficio rendono ancora più buio il futuro per il muratore in carcere dal 26 agosto scorso con l'accusa di essere il “mostro”. La perizia d'ufficio ha infatti dato corpo e sostanza, e con maggiore precisione rispetto alle risposte date dalla Criminalpol, ad alcuni degli indizi di maggior valenza a disposizione del Pubblico ministero.
Ieri mattina ad Avezzano si è tenuto l'incidente probatorio davanti al Gip Giorgio Rossi, per consentire al perito d'ufficio, il professor Bruno Dallapiccola, di depositare gli esiti della perizia. Alla camera di consiglio erano presenti l'accusa (il sostituto procuratore Mario Pinelli) col proprio consulente dottor Spinella della Criminalpol, la difesa (gli avvocati Mario e Carlo Maccallini) col proprio consulente professor Angelo Fiori, nonché la parte civile (avvocati Antonio Milo e Giancarlo Paris). L'udienza ha rischiato di saltare in rispetto del compatto sciopero degli avvocati di Avezzano per protestare contro la ventilata soppressione del Tribunale marsicano ma alla fine, non senza vivaci polemiche, si è tenuta in considerazione della delicatezza del caso.
A quanto trapelato, la perizia d'ufficio sui vestiti sequestrati in casa Perruzza il giorno dopo il suo arresto, ha accertato che il sangue sul paio di mutande macchiate trovate dagli inquirenti nel sottotetto fuori la finestra del bagno, appartiene a Cristina.
Anche gli otto capelli trovati sulla canottiera pronta per essere lavata sono della piccola vittima. Il perito è giunto a questa conclusione dopo l'esame del Dna: la comparazione dell'”impronta digitale genetica” (differente in ciascun individuo) di zio e nipotina, avrebbe dato percentuali di probabilità altissime sia per il sangue che per i capelli.
Una «mazzata» per la difesa che ha però subito contestato questa che ora è diventata come una delle «prove» determinanti a carico dell'indagato. Ieri, in sede di incidente probatorio, il consulente della difesa, professor Fiori, pare abbia fatto mettere a verbale quanto aveva già affermato il giorno in cui venne assegnata la perizia: il metodo scelto per individuare il Dna non è affidabile come sostenuto dagli esperti a livello internazionale.
Alla fine dell'udienza, invece, l'avvocato Carlo Maccallini ha dichiarato che «pur riservandosi una valutazione più attenta dopo le analisi dell'intera relazione, le conclusioni della perizia d'ufficio ci paiono migliori di quanto ci aspettavamo».
L'ottimismo di Maccallini si riferisce probabilmente alla considerazione che Perruzza ha detto la verità quando ha giurato che sui suoi vestiti non ci poteva essere sangue di Cristina e che il sangue sul fazzoletto macchiato era il suo. O forse è emerso qualche contrasto tra la perizia d'ufficio e quella della Criminalpol.
E quel sangue di Cristina su un indumento intimo? Perruzza ha sempre detto che quelle mutande non sono le sue, anche se gli accertamenti degli inquirenti, che hanno sequestrato un paio di questi indumenti in carcere al muratore e altri al figlio tredicenne per un confronto, dimostrerebbero il contrario.
Le “verità processuali” finora raccolte dall'accusa (soprattutto le precise accuse del figlio e le perizie) e i dubbi sollevati dalla difesa (soprattutto sulla ricostruzione del delitto) passeranno presto al decisivo vaglio della Corte d'Assise. La fase delle indagini preliminari appare sostanzialmente chiusa e si annuncia un processo in tempi brevi. Forse già per la fine di novembre. Nei prossimi giorni, è ormai certo, il Pm solleciterà al Gip di fissare l'udienza preliminare per chiedere il rinvio a giudizio di Perruzza. Che, dopo quanto è accaduto ieri, appare scontato.
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