Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 105
Un saggio di Angelo De Nicola
105. «MOLTE VERITA’ IN QUELLA LETTERA»
4. 4. 1998
«Ora la possibilità di illuminare la verità del caso di delitto di Balsorano è nelle mani del Procuratore di Avezzano, Brizio Montinaro». L’avvocato Cecchini, leader del collegio che assiste Michele Perruzza, è convinto che ci sia «della veridicità e genuinità» nella lettera inviata al presidente del Tribunale di Sulmona, Oreste Bonavitacola, da un presunto testimone oculare del delitto.
Un testimone che ha scritto di aver visto, quella maledetta sera del 23 agosto 1990, il figlio di Perruzza, Mauro, correre dietro la piccola Cristina con i pantaloni scesi.
«Ritengo che delle tre ipotesi avanzate ieri dal Messaggero -insiste l’avvocato Cecchini- la seconda sia da scartare: non può essersi trattato di una trappola al presidente Bonavitacola, magistrato troppo esperto per essere preso in giro così banalmente. Restano così le altre due ipotesi, quella che la lettera sia tutta vera o che sia mezza vera e mezza falsa. Io propendo per quest’ultima: che cioè, qualcuno che sa, ha deciso di provocare il testimone oculare magari usandone il nome e cognome per firmare la lettera. Un anonimo, insomma, che però “incastra” il vero testimone. E se su questa vicenda c’è davvero un testimone oculare, allora potremmo chiuderlo questo maledetto caso che vede un innocente in carcere».
Fondamentale diventa l’inchiesta della Procura di Avezzano. «La lettera non poteva capitare in mani migliori -spiega Cecchini-. Il Pm Montinaro conosce benissimo gli atti e tutta la vicenda. Non solo perché fu giudice a latere della Corte d’Assise d’Appello che confermò a Michele la condanna all’ergastolo ma soprattutto perché è stato proprio lui l’ultimo ad interrogare Mauro, prima del processo- satellite di Sulmona, nell’ambito dell’inchiesta sulla misteriosa sparizione della famosa audiocassetta.
Ebbene, in questa inchiesta condotta con grande acume e coraggio dal Procuratore di Avezzano, Mauro fornì l’ennesima versione dei fatti che contrastava anche con la deposizione, decisiva per la condanna del padre, offerta in secondo grado. In quell’occasione, Mauro tra l’altro aggiunse alla scena che avrebbe visto dal capanno, dal quale s’è dimostrato che non poteva vedere nulla perché era buio all’ora del delitto, la circostanza che suo padre correva dietro la povera Cristina.
A ben rifletterci, questo particolare dell’“inseguimento” è presente sia nella lettera del presunto testimone oculare che sostiene di aver visto Mauro correre dietro alla cuginetta sia nel primo interrogatorio autoaccusatorio del ragazzo, la notte del 26 agosto 1990, nella caserma dei carabinieri di Balsorano. Un interrogatorio che, come sostiene questa difesa, contiene con tutta probabilità la verità: fu un gioco tra bambini finito in tragedia».
Ecco cosa disse Mauro a verbale quella sera: «Cristina mi ha chiesto se volevo giocare nel boschetto ed io ho accettato l’invito. Cristina si è scesa la tuta. Io mi sono molto arrabbiato e l’ho rimproverata. Lei si è spaventata e si è messa a correre. L’ho inseguita e lei, impacciata nel movimento dalla tutina scesa, è scivolata ed ha battuto la testa contro una pietra svenendo immediatamente. Alla vista del sangue ho perduto ogni controllo e non so perché ho cominciato a stringerle il collo».
Ecco cosa dice la lettera del presunto testimone oculare: «Quella disgraziata sera io passavo di la e ho visto il ragazzo Perruzza che rincorreva la bimba con i pantaloni abbassati la ragazzina è caduta e rideva poi si sono alzati e il ragazzo Mauro non aveva più i pantaloni ma era in mutandine e rincorreva la ragazzina che non si voleva far toccare, a un certo punto la ragazzina Cristina si è girata per difendersi da Mauro in quel momento è cascata all'indietro sbattendo la testa su quella maledetta pietra, il ragazzo ha visto che io me ne andavo».
Sì, ma chi è questo G. P. che firma la lettera? Nella zona di Balsorano ci sono quattro persone che hanno lo stesso cognome e più o meno lo stesso nome. Una di queste ha 57 anni e probabilmente non c’entra nulla.
Gli altri tre hanno tutti sui venti anni e due, in particolare, sono stati compagni di Mauro. Uno, in particolare, all’epoca abitava a due passi dal boschetto dove fu uccisa Cristina. Oggi vive a Roma. Rintracciato ha già detto che non ha scritto la lettera, non sa nulla e che vuole essere lasciato in pace. Ad una perizia calligrafica sarà affidato il compito di fare chiarezza sulla lettera che potrebbe illuminare la verità.
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