Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 104
Un saggio di Angelo De Nicola
104. C’E’ UN SUPERTESTIMONE, STAVOLTA OCULARE
3. 4. 1998
E ora spunta il testimone oculare che assistette all'assassinio: «L’ho visto io: quella maledetta sera a fare i “giochetti” con la piccola Cristina c’era suo cugino Mauro. Michele Perruzza è innocente».
Se il maledetto caso del delitto di Balsorano ha vissuto due processi paralleli ed al tempo stesso intrecciati, quello nelle aule di giustizia e quello sui mass media, allora siamo proprio arrivati al “redde rationem”.
Sì, perché grazie alla “gentilezza” di un anonimo “postino”, anche al cronista è stata recapitata una lettera del possibile testimone oculare che, se fosse vera, potrebbe chiudere un caso che da quasi otto anni divide l’opinione pubblica nient’affatto convinta neppure da una condanna all’ergastolo diventata definitiva dopo tre gradi di giudizio.
Una lettera che, se fosse vera e se si tramutasse in una testimonianza formale, avrebbe clamorosamente svelato la chiave del giallo. Perché notoriamente, la sola ed unica prova “regina” di un delitto è il testimone oculare.
Sulla lettera, è bene chiarirlo subito, sta già indagando la Procura della Repubblica di Avezzano.
A questo ufficio, per competenza territoriale ad indagare, la missiva è stata inviata dalla Procura di Sulmona alla quale l’atto è stato trasmesso dal presidente del Tribunale peligno, Oreste Bonavitacola. A quest’ultimo («Gentilissimo presidente “Bonavitagola”»), la lettera venne spedita (da Avezzano, il 2 marzo con arrivo a Sulmona il 3) proprio a ridosso della decisiva udienza (6 marzo) del processo-satellite contro il quarantottenne muratore Michele Perruzza e sua moglie accusati di aver istigato il figlio Mauro ad autoaccusarsi del delitto.
I due sono stati assolti (il 7 marzo) con una sentenza che ha riaperto il caso e schiuso a Perruzza la possibilità di sperare nella revisione del processo principale.
La lettera è sconvolgente ed inquietante. In un italiano stentatissimo e sgrammaticato, una persona che si firma con il nome e cognome di un giovane di Case Castella che effettivamente fu un ex compagno di comitiva di Mauro, sostiene di aver visto il figlio di Perruzza correre dietro alla cuginetta con i pantaloni scesi.
La piccola, per difendersi dalle “particolari” insistenze del cuginetto, all’epoca del fattaccio tredicenne, si sarebbe divincolata ma cadendo avrebbe urtato la testolina contro la famosa “maledetta” pietra.
Una disgrazia, insomma, dopo un gioco tra bambini. La stessa tesi che da tempo viene sostenuta dalla difesa di Michele Perruzza (gli avvocati Attilio Cecchini, Antonio De Vita e Carlo Maccallini).
La stessa tesi che emergerebbe da una delle prime dichiarazioni di Mauro durante quella notte del 26 agosto 1990, quando il ragazzo prima ai autoaccusò del delitto per poi ritrattare ed accusare il padre. Che da quel giorno è in carcere.
La firma in calce alla lettera è di una persona che davvero esiste nel borgo di Case Castella di Balsorano. Non è stato difficile per gli inquirenti rintracciare il firmatario: é un ventenne che oggi non vive più in paese e del quale è bene, almeno in questa fase, omettere il nome.
Ma il giovane, contattato, avrebbe risposto in maniera decisa di non essere l’autore della lettera: «Non sono stato io e non so nulla. Lasciatemi in pace».
Le indagini, però, vanno avanti sotto la direzione del Procuratore della Repubblica di Avezzano, Brizio Montinaro, che conosce assai bene la vicenda per essere stato giudice a latere (accanto all’allora presidente del collegio, Bruno Tarquini il quale oggi è Procuratore generale) della Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila che confermò la condanna all’ergastolo subita dal muratore in primo grado.
In particolare, gli inquirenti stanno studiando la possibilità di effettuare una perizia calligrafica che escluda con certezza che il firmatario non sia l’autore della missiva.
«Mauro mi ha visto mentre me ne andavo da quel posto» si legge nella lettera. Ecco, Mauro. Ancora lui. Al centro di tutto. Depositario della verità che resta nascosta nella matassa delle diciassette versioni da lui finora fornite.
Questo il testo della lettera:
«Gentilissimo presidente Bonavitacola, io sono un cittadino che mi sono fatto sempre i fatti miei in questo paese dove abito è un paese da cancellare sulla terra, hanno messo in croce Perruzza ma non hanno mai pensato ad altre persone quella disgraziata sera io passavo di la e ho visto il ragazzo Perruzza che rincorreva la bimba con i pantaloni abbassati la ragazzina è caduta e rideva poi si sono alzati e il ragazzo Mauro non aveva più i pantaloni ma era in mutandine e rincorreva la ragazzina che non si voleva far toccare, a un certo punto la ragazzina Cristina si è girata per difendersi da Mauro in quel momento è cascata all'indietro sbattento la testa su quella maledetta pietra, il ragazzo mi ha visto che io me ne andavo, io penso che i colpevoli non sono né padre né figlio, il padre lo escludo, un po’ di colpa c'e l’ha Mauro che rincorreva la piccola e aveva il m... duro si vedeva io non ho parlato fino a oggi per paura dei Capoccitti, ma non ne potevo più di sopportare di vedere un innocente in carcere. (Firma coperta). P. S. : Vi ripeto Michele Perruzza è innocente il figlio Mauro faceva i giochetti con la cugina».
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