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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 101

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



101.«BASTA, ORA VOGLIO PARLARE»
9. 3. 1998



Anche in occasione della prima condanna all’ergastolo per Michele Perruzza, nel lontano 1991, era un fine settimana di marzo. Coincidenze. Ma ieri a Case Castella di Balsorano non ci sono stati i fuochi d’artificio che sette anni fa festeggiarono la “condanna a morte” del “mostro di Balsorano”.
Nessuno ha gioito (ma nemmeno s’è disperato) per l’assoluzione nel processo- satellite davanti al Tribunale di Sulmona che ha aperto a Michele le «grandi porte della revisione» del processo principale.
A sparare “fuochi”, però, ieri ci ha pensato Mauro Perruzza che, seppure attraverso i suoi genitori adottivi, ha lanciato uno strano messaggio. In sostanza, alla luce dell'assoluzione dei genitori dall'accusa di averlo istigato ad autoaccusarsi dell'omicidio della piccola Cristina, il ragazzo dice ora «di voler parlare, di non voler rimanere in silenzio ancora a lungo». «Sono distrutto, quella del Tribunale di Sulmona era una sentenza già scontata dalla prima udienza del processo»: questo il primo commento di Mauro.
A riferirlo è stato l’ingegnere in pensione di Gubbio, Francesco Polzinetti, che ormai da quattro anni ha preso in affidamento il giovane. «Mauro non è a casa- ha detto il genitore adottivo all’agenzia Ansa, che vive in una graziosa villetta alla periferia di Gubbio- perché subito dopo la sua deposizione è tornato in caserma: in questo periodo sta infatti facendo il servizio militare ed oggi è di servizio. Dopo la sentenza ci siamo sentiti per telefono per pochi minuti. Mauro è distrutto. Quando ci siamo parlati- ha detto ancora il professionista umbro- mi ha detto: “Finora sono stato zitto e buono, ma ora non ce la faccio più a sopportare questa situazione, bisogna che faccia sentire la mia voce”».
Che vuol dire? Pur avendo scelto a principio il silenzio (avvalendosi della facoltà di non rispondere), alla vigilia della conclusione del processo di Sulmona il ragazzo aveva invece ritrovato improvvisamente la parola. Che prima aveva affidato ad uno scritto (il famoso memoriale) in cui si dichiarava disposto a testimoniare davanti a tutti, giudici ed avvocati, «perché non ho nulla da nascondere».
E così come aveva scritto nel memoriale, il ragazzo in aula è tornato ad accusare il padre fino a guardarlo in faccia (e lo ha fatto solo in questa occasione, porgendo sempre la nuca al genitore) per dirgli con gli occhi pieni di odio: «Sì, ti ho visto massacrare Cristina».
Cosa altro deve dire ora Mauro? Quale segreto ancora tiene nascosto dopo aver fornito 17 versioni diverse, comprese le due iniziali di autoaccusa?
Immediata la replica da parte della difesa di Michele. «Questo personaggio- ha commentato l’avvocato Cecchini- vuole ancora la scena? Ebbene, si faccia ricevere dal Procuratore generale della Corte d’Appello dell’Aquila, Bruno Tarquini, e gli chieda scusa di averlo ingannato il 29 novembre 1991 con il raccontino del capanno. Io gli crederò soltanto se avrà il coraggio di ammettere che le cose andarono purtroppo come le confessò al Pubblico ministero la sera del 26 agosto 1990. Solo così darà pace alla sua coscienza ed ai genitori di Cristina ed avrà il perdono del padre».
Mauro non ha comunque detto ai suoi genitori adottivi, che lo avevano accompagnato a Sulmona, cosa abbia provato nel ritrovarsi faccia a faccia con il padre.
«Non abbiamo mai parlato dell'aspetto giudiziario della vicenda- ha spiegato ancora il padre adottivo del giovane- anche perché abbiamo preferito subito distrarlo. È comunque una situazione che prima o poi si dovrà chiarire: il ragazzo non può sopportare per tutta la vita questa situazione».
Anche il fatto di farsi riprendere dalle telecamere durante la deposizione sarebbe stata per Mauro una forma di ribellione: «Basta, facciano pure quello che vogliono, io devo dire la verità», sono state le sue parole. «Non ha timore di possibili conseguenze- spiega l'uomo che lo ha accolto in casa- perché basta stare una giornata con lui per conoscerlo».
La nuova famiglia del giovane Perruzza sta comunque vivendo «con dolore» questo momento. «Mauro è con noi ormai da quattro anni- conclude Polzinetti- e si è sempre comportato in modo esemplare: è una ragazzo d'oro, al quale a Gubbio vogliono bene tutti».


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