La Missione di Celestino - Capitolo 16
Un romanzo di Angelo De Nicola
«Un’altra meravigliosa chiesa. Un altro scomodo banco su cui sedersi per ascoltare le sue dotte spiegazioni (e i suoi sogni simili a visioni mistiche). Un altro splendido transetto... Tutto questo, in un solo giorno, mi pare davvero troppo, sovrintendente!».
«L’ha detto lei che non c’è tempo da perdere».
«Dalla chiesa di San Pietro alla basilica di Collemaggio: a parte la frescura goduta nel breve tratto all’ombra dei Portici del centro storico, una passeggiata con un simile passo da bersagliere avrebbe fatto digerire anche un’abbuffata di sassi. Sfido io che non serviva la genziana...».
«Stia seduto lì e mi ascolti. Prima cosa, consiglio di non ragionare con la nostra testa, ma con la loro. Seconda, ho qui, in un’altra cartellina di quelle che avevo portato dall’ufficio, una scheda che scaricai tempo fa da internet e che, molto presumibilmente, loro hanno letto perché risulta in cima ai motori di ricerca come nel caso della nota sul Codice celestiniano. Gliela leggo: “... Ci è sembrato di avvertire in Via Caetani la stessa atmosfera caratterizzante i due cruenti fatti, scaturiti da presupposti diremmo analoghi: la debolezza della classe politica dei giorni nostri che innescò la spirale perversa del terrore fino ad arrivare ad un vero e proprio ‘colpo alle istituzioni dello Stato’ con la strage di Via Fani, prima, e l’omicidio dell’uomo politico che, può senza dubbio meritare il titolo di ‘campione di un’utopia’ nella lotta contro ogni forma di crudele gestione del potere politico”...».
«Via Fani? L’assassinio di Aldo Moro? Che c’entra?».
«Dove fu trovato il cadavere di Moro?».
«Nel centro di Roma, all’interno del bagagliaio di una “Renault 4” rossa».
«In via?».
«In via?».
«Via Caetani, l’ho accennato prima. E Caetani non le dice nulla?».
«Ma che fa il gioco dell’oca con me?».
«Caetani è il cognome di Papa Bonifacio VIII, al secolo appunto Benedetto Caetani».
«Cristo! Quello che inventò il Giubileo».
«Quello che copiò la Perdonanza, direi io, visto che rubò l’idea che era stata di Celestino V».
«Continuo a non capire».
«Non dimentichi la raccomandazione di pensare come loro. Mi faccia proseguire nella lettura della scheda: “Quale è il motivo che, in un assolato mattino di giugno, ci ha portato a immaginare la presenza di Bonifacio VIII nel luogo del ritrovamento del corpo di un uomo politico, protagonista e artefice di eventi che hanno fatto la storia dell’Italia... molti pensieri, riflessioni, sensazioni di profonde analogie nelle vite di personaggi, forse presi nel vortice di corsi e ricorsi storici? Forse ancora una figura che, analogamente a quella dei giorni nostri, ha lasciato una lunga traccia di ricordi e inquietanti interrogativi. In molti si inginocchiano ai piedi del Mausoleo che, nella basilica di Collemaggio, conserva la teca con le spoglie di Celestino V, Papa contadino ed eremita che sconvolse ogni attesa con la sua elezione nel 1294, gettando sorpresa e scandalo, dopo pochi mesi, per la decisione di dimettersi dall’incarico, il ‘gran rifiuto’ bollato da Dante Alighieri. Ancora oggi viene celebrato il rito della Perdonanza, che con la sua esposizione della Bolla, vuole ricordare la Bolla con cui il Papa Santo intese offrire ai fedeli la purificazione da tutti i peccati. Bolla che, come ogni altra emanata da Pietro dal Morrone, fu subito annullata dal suo successore e grande avversario Bonifacio VIII”...».
«La Bolla, la Bolla: l’obiettivo è la Bolla...».
«Aspetti, aspetti. Non abbia fretta. Mi faccia finire. Stavo leggendo: “... Bonifacio VIII che però, qualche anno più tardi, ideò realmente il Giubileo, cercando di cancellare ogni traccia e ricordo del suo scomodo predecessore. Intorno alla reliquia di Celestino V c’è una legittima curiosità, se non un vero e proprio giallo: una morte violenta, un omicidio su commissione papale”...».
«Omicidio, lo dicevo io: questo Celestino era proprio uno sfigato...».
«Per favore, non sia blasfemo. Leggo: “Studiosi, cronisti, storici del Medioevo sostengono ancora che Pietro dal Morrone, non appena abbandonato il Pontificato, sia divenuto un gran problema per il potentissimo Cardinal Caetani, eletto Papa subito dopo. Già in precedenza, il futuro Bonifacio VIII avrebbe tentato con ogni mezzo di spingerlo alla fatale decisione di mettersi da parte, con mezzi leciti e non. In ogni caso, il Caetani, fatto documentato dagli storici, rinchiuse nel castello di Fumone presso Anagni, Pietro dal Morrone, ormai ultraottantenne, annullandone ogni possibile vanità e sottoponendolo ad ogni tipo di vessazione fino a, e qui inizia la leggenda, fargli infilzare un bel chiodo nella testa”...»
«Come? Un chiodo nella testa? Ecco perché quel chiodo piantata nell’affresco nella chiesa di San Pietro».
«Aspetti. Mi faccia finire: “... L’uomo ‘imprevedibile’, che aveva ottenuto tanto consenso per le sue idee e per la convinzione che la Chiesa potesse essere governata con il solo potere spirituale, doveva scomparire. Altrimenti sarebbe divenuto il simbolo vivente della contestazione del potere temporale della Chiesa nel contrasto con Filippo il Bello di Francia. Sembra che quel ‘chiodo’, recante tracce di sangue, sia stato conservato in un muro della Chiesa celestiniana di Santo Spirito a Maiella. C’è ancora di più nella storia di Papa Celestino V. Le sue reliquie, trafugate il 18 aprile del 1988 e ritrovate nel cimitero di un paese vicino”...».
«Fermo, fermo! Cioè, mi sta dicendo che le spoglie di quel povero cristiano vennero pure rapite? Oh, bella questa!».
«Sì, rapito. Gli è toccato in sorte anche questo. Ebbene, “le reliquie ritrovate... prima di essere ricomposte nella teca, furono sottoposte a esami anatomo-clinici e tossicologici. Il cranio, in particolare, fu esaminato con la Tac. Studiosi di storia medievale e storici illustri si sono cimentati nel tentativo di dare una spiegazione al foro trovato nel cranio. L’ultima delle molte ipotesi formulate sostiene che il foro nel cranio di Celestino V potrebbe essere una prova costruita a posteriori nell’ambiente francese di Filippo il Bello, contro Bonifacio VIII (nel rispetto delle più nefande regole della politica) al fine di dimostrare le torture a cui Bonifacio avrebbe sottoposto in carcere Celestino V. Cioè, il martirio di un Santo serviva quale arma contro l’avversario politico del momento, il Caetani. Che intanto era morto e non poteva più difendersi dall’accusa. L’antico mistero sembra essere ancora di grande attualità. Ruota, infatti, intorno a un personaggio definito dagli storici ‘profeta disarmato’, vittima di un gesto senza precedenti, ‘campione di un’utopia’ contro ogni forma di crudele gestione del potere”».
«Rapimento? E chi osò rapire le spoglie di Celestino V?».
«Secondo la storiella che ci venne raccontata dalla Polizia, sarebbero stati due balordi: le spoglie vennero poi rocambolescamente ritrovate in un piccolo cimitero non molto lontano da qui, in un paesino del Reatino. La verità vera non la sa nessuno. Forse la Curia potrebbe saperne di più... Oltretutto non fu il primo “rapimento” che le sacre spoglie dovettero subire».
«Ma va? Ce n’è stato pure un altro?».
«Sì, ma per ben diversi motivi».
«Su, non si faccia pregare. Racconti...».
«Passati alcuni anni dalla morte di Celestino V, nel 1327 tre frati Celestini trafugano in gran segreto le ossa del Papa dimissionario. Papa che nel frattempo, nel 1313, è diventato Santo su iniziativa di Clemente V, ovvero dal pontefice che portò la sede del papato in Francia, ad Avignone, e che soppresse definitivamente l’Ordine dei Templari. I frati devoti a Celestino V agirono con uno stratagemma che, come hanno sottolineato alcune cronache, non fece onore al loro saio. Il Santo riposava nella chiesa del convento dei Celestini di Sant’Antonio a Ferentino, non lontano da Anagni nel Lazio, dove erano state sepolte le sacre spoglie. Ma quando si venne a sapere che i Celestini di Collemaggio, alleatisi con gli abitanti di Anagni in quel momento in guerra con quelli di Ferentino, pretendevano quel mucchio di ossa che oltretutto attiravano tanti pellegrini, le sacre spoglie vennero trasferite dal convento di Sant’Antonio, isolato fuori città, nella più protetta chiesa di Sant’Agata, all’interno della mura. Qui le reliquie furono chiuse in una cassa di legno “blindata” con delle funi tutt’intorno alle cui sommità vennero impressi dei sigilli. La cassa venne rinchiusa in un’altra più grande anch’essa protetta da più giri di fune oltre che chiusa a chiave. Chiavi che vennero date in custodia al Priore del convento celestiniano il quale (ma guarda che coincidenza!) si chiamava Giacomo. Giacomo come lei...».
«Giacomo un corno...Lo stratagemma. Lo stratagemma. Quale fu lo stratagemma?».
«Ci stavo arrivando. Ai due frati che vennero messi di guardia al sepolcro fu ‘ordinato’ dal Priore di aprire nottetempo le due casse e di nascondere le Sacre Spoglie dentro il materasso sul quale essi avevano riposato nei giorni precedenti. Così fecero. Avvolsero il sacro corpo in un panno di lino e richiusero ben bene le due casse per non destare sospetti. Il Priore mandò una donna a prendere il materasso dicendole che serviva ai frati. La donna non destò alcun sospetto. Ingannato pure il vescovo di Ferentino che si era insospettito, i frati riuscirono a trasportare il prezioso bottino fin qui a Collemaggio superando anche le insidie dei predoni grazie soprattutto alla protezione di tre misteriosi cavalieri. Qui in città fu festa grande. Al termine di giornate intere di festeggiamenti per salutare la rocambolesca traslazione delle Spoglie che la città considerava sue di diritto, il 23 di febbraio la municipalità riconobbe Celestino V ufficialmente quale suo protettore e patrono. La data sarà poi a sua volta “traslata” da febbraio al 19 di maggio, che è il giorno della morte del Papa Santo nella prigione fatta allestire da Bonifacio VIII a Fumone».
«No, non è il gioco dell’oca: qui siamo sulle montagne russe, “russe” come nella frase criptata del terzo biglietto che abbiamo trovato al posto della Bolla rubata. Il rapimento di Aldo Moro e il rapimento di Papa Celestino V. Il “profeta disarmato” e il “campione di un’utopia”. La prigionia del leader della Democrazia cristiana e la prigionia del leader degli Spirituali. L’assassinio di un uomo politico e l’assassinio di un Papa...».
«Ecco, vede dove volevano portarci... ».
«Cristo!»
«Venga con me, le voglio mostrare una cosa».
«L’ha detto lei che non c’è tempo da perdere».
«Dalla chiesa di San Pietro alla basilica di Collemaggio: a parte la frescura goduta nel breve tratto all’ombra dei Portici del centro storico, una passeggiata con un simile passo da bersagliere avrebbe fatto digerire anche un’abbuffata di sassi. Sfido io che non serviva la genziana...».
«Stia seduto lì e mi ascolti. Prima cosa, consiglio di non ragionare con la nostra testa, ma con la loro. Seconda, ho qui, in un’altra cartellina di quelle che avevo portato dall’ufficio, una scheda che scaricai tempo fa da internet e che, molto presumibilmente, loro hanno letto perché risulta in cima ai motori di ricerca come nel caso della nota sul Codice celestiniano. Gliela leggo: “... Ci è sembrato di avvertire in Via Caetani la stessa atmosfera caratterizzante i due cruenti fatti, scaturiti da presupposti diremmo analoghi: la debolezza della classe politica dei giorni nostri che innescò la spirale perversa del terrore fino ad arrivare ad un vero e proprio ‘colpo alle istituzioni dello Stato’ con la strage di Via Fani, prima, e l’omicidio dell’uomo politico che, può senza dubbio meritare il titolo di ‘campione di un’utopia’ nella lotta contro ogni forma di crudele gestione del potere politico”...».
«Via Fani? L’assassinio di Aldo Moro? Che c’entra?».
«Dove fu trovato il cadavere di Moro?».
«Nel centro di Roma, all’interno del bagagliaio di una “Renault 4” rossa».
«In via?».
«In via?».
«Via Caetani, l’ho accennato prima. E Caetani non le dice nulla?».
«Ma che fa il gioco dell’oca con me?».
«Caetani è il cognome di Papa Bonifacio VIII, al secolo appunto Benedetto Caetani».
«Cristo! Quello che inventò il Giubileo».
«Quello che copiò la Perdonanza, direi io, visto che rubò l’idea che era stata di Celestino V».
«Continuo a non capire».
«Non dimentichi la raccomandazione di pensare come loro. Mi faccia proseguire nella lettura della scheda: “Quale è il motivo che, in un assolato mattino di giugno, ci ha portato a immaginare la presenza di Bonifacio VIII nel luogo del ritrovamento del corpo di un uomo politico, protagonista e artefice di eventi che hanno fatto la storia dell’Italia... molti pensieri, riflessioni, sensazioni di profonde analogie nelle vite di personaggi, forse presi nel vortice di corsi e ricorsi storici? Forse ancora una figura che, analogamente a quella dei giorni nostri, ha lasciato una lunga traccia di ricordi e inquietanti interrogativi. In molti si inginocchiano ai piedi del Mausoleo che, nella basilica di Collemaggio, conserva la teca con le spoglie di Celestino V, Papa contadino ed eremita che sconvolse ogni attesa con la sua elezione nel 1294, gettando sorpresa e scandalo, dopo pochi mesi, per la decisione di dimettersi dall’incarico, il ‘gran rifiuto’ bollato da Dante Alighieri. Ancora oggi viene celebrato il rito della Perdonanza, che con la sua esposizione della Bolla, vuole ricordare la Bolla con cui il Papa Santo intese offrire ai fedeli la purificazione da tutti i peccati. Bolla che, come ogni altra emanata da Pietro dal Morrone, fu subito annullata dal suo successore e grande avversario Bonifacio VIII”...».
«La Bolla, la Bolla: l’obiettivo è la Bolla...».
«Aspetti, aspetti. Non abbia fretta. Mi faccia finire. Stavo leggendo: “... Bonifacio VIII che però, qualche anno più tardi, ideò realmente il Giubileo, cercando di cancellare ogni traccia e ricordo del suo scomodo predecessore. Intorno alla reliquia di Celestino V c’è una legittima curiosità, se non un vero e proprio giallo: una morte violenta, un omicidio su commissione papale”...».
«Omicidio, lo dicevo io: questo Celestino era proprio uno sfigato...».
«Per favore, non sia blasfemo. Leggo: “Studiosi, cronisti, storici del Medioevo sostengono ancora che Pietro dal Morrone, non appena abbandonato il Pontificato, sia divenuto un gran problema per il potentissimo Cardinal Caetani, eletto Papa subito dopo. Già in precedenza, il futuro Bonifacio VIII avrebbe tentato con ogni mezzo di spingerlo alla fatale decisione di mettersi da parte, con mezzi leciti e non. In ogni caso, il Caetani, fatto documentato dagli storici, rinchiuse nel castello di Fumone presso Anagni, Pietro dal Morrone, ormai ultraottantenne, annullandone ogni possibile vanità e sottoponendolo ad ogni tipo di vessazione fino a, e qui inizia la leggenda, fargli infilzare un bel chiodo nella testa”...»
«Come? Un chiodo nella testa? Ecco perché quel chiodo piantata nell’affresco nella chiesa di San Pietro».
«Aspetti. Mi faccia finire: “... L’uomo ‘imprevedibile’, che aveva ottenuto tanto consenso per le sue idee e per la convinzione che la Chiesa potesse essere governata con il solo potere spirituale, doveva scomparire. Altrimenti sarebbe divenuto il simbolo vivente della contestazione del potere temporale della Chiesa nel contrasto con Filippo il Bello di Francia. Sembra che quel ‘chiodo’, recante tracce di sangue, sia stato conservato in un muro della Chiesa celestiniana di Santo Spirito a Maiella. C’è ancora di più nella storia di Papa Celestino V. Le sue reliquie, trafugate il 18 aprile del 1988 e ritrovate nel cimitero di un paese vicino”...».
«Fermo, fermo! Cioè, mi sta dicendo che le spoglie di quel povero cristiano vennero pure rapite? Oh, bella questa!».
«Sì, rapito. Gli è toccato in sorte anche questo. Ebbene, “le reliquie ritrovate... prima di essere ricomposte nella teca, furono sottoposte a esami anatomo-clinici e tossicologici. Il cranio, in particolare, fu esaminato con la Tac. Studiosi di storia medievale e storici illustri si sono cimentati nel tentativo di dare una spiegazione al foro trovato nel cranio. L’ultima delle molte ipotesi formulate sostiene che il foro nel cranio di Celestino V potrebbe essere una prova costruita a posteriori nell’ambiente francese di Filippo il Bello, contro Bonifacio VIII (nel rispetto delle più nefande regole della politica) al fine di dimostrare le torture a cui Bonifacio avrebbe sottoposto in carcere Celestino V. Cioè, il martirio di un Santo serviva quale arma contro l’avversario politico del momento, il Caetani. Che intanto era morto e non poteva più difendersi dall’accusa. L’antico mistero sembra essere ancora di grande attualità. Ruota, infatti, intorno a un personaggio definito dagli storici ‘profeta disarmato’, vittima di un gesto senza precedenti, ‘campione di un’utopia’ contro ogni forma di crudele gestione del potere”».
«Rapimento? E chi osò rapire le spoglie di Celestino V?».
«Secondo la storiella che ci venne raccontata dalla Polizia, sarebbero stati due balordi: le spoglie vennero poi rocambolescamente ritrovate in un piccolo cimitero non molto lontano da qui, in un paesino del Reatino. La verità vera non la sa nessuno. Forse la Curia potrebbe saperne di più... Oltretutto non fu il primo “rapimento” che le sacre spoglie dovettero subire».
«Ma va? Ce n’è stato pure un altro?».
«Sì, ma per ben diversi motivi».
«Su, non si faccia pregare. Racconti...».
«Passati alcuni anni dalla morte di Celestino V, nel 1327 tre frati Celestini trafugano in gran segreto le ossa del Papa dimissionario. Papa che nel frattempo, nel 1313, è diventato Santo su iniziativa di Clemente V, ovvero dal pontefice che portò la sede del papato in Francia, ad Avignone, e che soppresse definitivamente l’Ordine dei Templari. I frati devoti a Celestino V agirono con uno stratagemma che, come hanno sottolineato alcune cronache, non fece onore al loro saio. Il Santo riposava nella chiesa del convento dei Celestini di Sant’Antonio a Ferentino, non lontano da Anagni nel Lazio, dove erano state sepolte le sacre spoglie. Ma quando si venne a sapere che i Celestini di Collemaggio, alleatisi con gli abitanti di Anagni in quel momento in guerra con quelli di Ferentino, pretendevano quel mucchio di ossa che oltretutto attiravano tanti pellegrini, le sacre spoglie vennero trasferite dal convento di Sant’Antonio, isolato fuori città, nella più protetta chiesa di Sant’Agata, all’interno della mura. Qui le reliquie furono chiuse in una cassa di legno “blindata” con delle funi tutt’intorno alle cui sommità vennero impressi dei sigilli. La cassa venne rinchiusa in un’altra più grande anch’essa protetta da più giri di fune oltre che chiusa a chiave. Chiavi che vennero date in custodia al Priore del convento celestiniano il quale (ma guarda che coincidenza!) si chiamava Giacomo. Giacomo come lei...».
«Giacomo un corno...Lo stratagemma. Lo stratagemma. Quale fu lo stratagemma?».
«Ci stavo arrivando. Ai due frati che vennero messi di guardia al sepolcro fu ‘ordinato’ dal Priore di aprire nottetempo le due casse e di nascondere le Sacre Spoglie dentro il materasso sul quale essi avevano riposato nei giorni precedenti. Così fecero. Avvolsero il sacro corpo in un panno di lino e richiusero ben bene le due casse per non destare sospetti. Il Priore mandò una donna a prendere il materasso dicendole che serviva ai frati. La donna non destò alcun sospetto. Ingannato pure il vescovo di Ferentino che si era insospettito, i frati riuscirono a trasportare il prezioso bottino fin qui a Collemaggio superando anche le insidie dei predoni grazie soprattutto alla protezione di tre misteriosi cavalieri. Qui in città fu festa grande. Al termine di giornate intere di festeggiamenti per salutare la rocambolesca traslazione delle Spoglie che la città considerava sue di diritto, il 23 di febbraio la municipalità riconobbe Celestino V ufficialmente quale suo protettore e patrono. La data sarà poi a sua volta “traslata” da febbraio al 19 di maggio, che è il giorno della morte del Papa Santo nella prigione fatta allestire da Bonifacio VIII a Fumone».
«No, non è il gioco dell’oca: qui siamo sulle montagne russe, “russe” come nella frase criptata del terzo biglietto che abbiamo trovato al posto della Bolla rubata. Il rapimento di Aldo Moro e il rapimento di Papa Celestino V. Il “profeta disarmato” e il “campione di un’utopia”. La prigionia del leader della Democrazia cristiana e la prigionia del leader degli Spirituali. L’assassinio di un uomo politico e l’assassinio di un Papa...».
«Ecco, vede dove volevano portarci... ».
«Cristo!»
«Venga con me, le voglio mostrare una cosa».
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