Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 90
Un saggio di Angelo De Nicola
90. TARQUINI NON RACCOGLIE L’APPELLO
24. 1. 1998
Michele Perruzza non sarà scarcerato in tempi brevi. Questa, almeno, è la conseguenza delle dichiarazioni rese alla stampa dal Procuratore generale espresso la Corte d’Appello dell’Aquila, Bruno Tarquini.
Ovvero del magistrato che, per uno scherzo del destino, per la seconda volta ha tra le mani la “vita” del muratore di Balsorano. Fu infatti Tarquini, a presiedere la Corte d’Assise d’Appello che sei anni fa, il 29 gennaio ’92, confermò la condanna all’ergastolo per Perruzza.
Ora, lo stesso magistrato (che nel frattempo ha cambiato carica) secondo la difesa ha la possibilità di anticipare i tempi della revisione (ormai scontata alla luce dell’esito della perizia sul Dna nel processo- satellite di Sulmona) del processo principale.
Ed è infatti a lui che la difesa del muratore ha rivolto e reiterato, in questi giorni, un accorato appello affinché l’alto magistrato, «per scrupolo morale, attivi d’ufficio la procedura senza attendere la scontata sentenza assolutoria di Sulmona» consentendo così di far uscire Perruzza dal carcere, magari agli arresti domiciliari, in attesa della definizione dell’iter della revisione.
«Il mio ufficio è disponibile a tutte le soluzioni- ha dichiarato ieri il Pg Tarquini affidando il messaggio al Tg3 Abruzzo - ma non posso che attendere prima gli atti e la motivazione della sentenza del Tribunale di Sulmona».
Non un secco no, ma una sorta di risposta indiretta all’accorato appello della difesa di Michele che sollecitava «un atto di coscienza a prescindere dagli atti processuali».
Durissima la reazione di uno dei legali di Perruzza, l’avvocato Attilio Cecchini: «Ho preso atto delle dichiarazioni del Procuratore generale, Bruno Tarquini, di disponibilità alla revisione dopo l’esame della sentenza del Tribunale di Sulmona. Osservo, tuttavia, primo: che quella di Sulmona è una sentenza annunciata dopo due incontrovertibili perizie che hanno vanificato le ragioni dell’accusa anche se valide allora, oggi contraddette alla luce delle nuove prove raccolte; secondo: che l’appello rivolto al Pg di promuovere d’ufficio la revisione che contesta l’immediata scarcerazione di Michele Perruzza, non è stato accolto. Esprimo tutta la mia amarezza ed il mio rammarico ma nel contempo debbo reiterare l’appello alla Procura generale perché si reintegri una giustizia giusta».
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