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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 118

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



118. OGGI LE ESEQUIE
25. 1. 2003



“... Ne danno il triste annuncio il padre, le sorelle, i cognati, ed i nipoti”. I manifesti funebri che annunciano la morte di Michele Perruzza sono comparsi nella tarda mattinata di ieri ma non hanno affatto svegliato dal “sonno” Case Castella, questo pugno di case lungo la strada provinciale per Ridotti (frazione a sua volta del Comune di Balsorano) dove il tempo sembra essersi fermato alla fine d'agosto di dodici anni fa.
A quell'alba del 24 agosto 1990. Un maledetto giorno che ha partorito una storia maledetta. Un storia di morte.
Oggi, alle 15, la stessa chiesa di Santa Maria dei Sassi, a Ridotti, dove una folla commossa e straripante diede l'ultimo saluto alla piccola bara bianca di Cristina, quella stessa chiesa ospiterà i funerali di Michele Perruzza, morto d'infarto in carcere a 52 anni.
Funerali di cui non danno annuncio, nei manifesti, né la moglie Maria Giuseppa Capoccitti (che ha chiesto da tempo il divorzio e s'è rifatta una vita a Sassuolo, Modena), né gli altri suoi due figli Francesco (oggi diciannovenne) e Davide (oggi trentaduenne) visto che Mauro (oggi venticinquenne) è stato adottato da una famiglia di Gubbio ed ha pure cambiato cognome.
Chissà se oggi ci saranno. E chissà chi, in un paese in cui i principali nuclei familiari sono i Perruzza ed i Capoccitti, parteciperà all'estremo saluto ad un ergastolano, pedofilo conclamato morto sospettato di essere innocente. Chissà chi accompagnerà il feretro al cimitero di Ridotti per essere tumulato accanto alla tomba della povera madre di Michele, Luisa che non aveva più potuto rivedere il figlio dopo il suo arresto avvenuto il 26 agosto 1990.
A Case Castella il tempo sembra essersi fermato a quella fine di agosto. La casa dei Perruzza, al numero civico 23, è ormai abbandonata così come sono fermi i lavori in quella che doveva essere la nuova abitazione di una famiglia oggi dilaniata.
Lontana pochi gradini, lungo la scalinata che divide in due questo borgo quasi al confine con il Lazio ciociaro, quella scalinata dove fu vista per l'ultima volta la piccola la sera del 23 agosto all'ora del telegiornale, c'è la casa dei Capoccitti.
Chiusa: il padre e la madre di Cristina, subito dopo la tragedia, si trasferirono ad Avezzano dove poi hanno dato un fratellino all'altro figlio, anche se tornano spesso per accudire gli anziani genitori e soprattutto l'anziana nonna Cristina, Cristina come la piccola.
È in completo abbandono anche il capanno, un altro luogo fondamentale di questa storia maledetta, dove il nonno di Cristina allevava i maiali e dal cui tetto Mauro disse ai giudici della Corte d'Assise d'Appello di aver visto il padre sopra la sua cuginetta «che la steva a finì».
Il ragazzo (dopo un sopralluogo dei giudici) fu creduto e Michele condannato all'ergastolo. Ma nel processo-satellite, davanti al Tribunale di Sulmona, una perizia ha dimostrato che a quell'ora Mauro non poteva aver visto nulla perché era buio.
Il tempo, qui, sembra essersi fermato. Lo dice anche un bambolotto di Babbo Natale che una mano pietosa ha messo nella bacheca dell'edicola (eretta proprio nel punto dove un cane della Guardia di Finanza scovò, nascosto in boschetto di more, un corpicino nudo e martoriato), accanto alla foto di Cristina che sorride senza un dentino.
Ed una mano pietosa ha ricoperto le scritte contro la moglie di Perruzza (“Maria assassina”) che campeggiavano lungo i muri di contenimento della strada Provinciale che si arrampica al paese dal bivio della Statale ma non quelle (“Maria, p... non sporcare l'acqua con le tue mani piene di sangue”) al lavatoio, altro luogo della tragedia visto che Mauro raccontò di esservi andato a lavarsi, «per riprendersi», dopo aver assistito al delitto.
Il tempo sembra essersi fermato. «Dimenticare? Impossibile- dice una donna nella piazzetta che è stata lo scenario di tante dirette Tv-. Scorre ancora sangue da queste cicatrici mai chiuse».


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