Le "Tre Marie" a rischio chiusura
Se dovesse chiudere davvero, significherebbe chiudere un’éra. Dare addio a quella città che tutti vorremmo si perpetuasse a dispetto della modernità, dei ”Mc Donald's”, del turismo mordi e fuggi con una pizza e coca-cola per pranzo. ”Le Tre Marie”, il ristorante-monumento aquilano, pezzo di storia della città e della ristorazione di qualità italiana, rischia di chiudere. Anzi, alcune fonti giornalistiche, ieri avevano già dato per certa la data: il prossimo 30 ottobre. Per fortuna, invece, c’è ancora un margine di trattativa, non tutto è perduto.
Lo ha confermato al Messaggero, in serata, Paolo Scipioni, ormai storico patron del mitico locale che in un passato certamente più glorioso, ha ospitato personaggi come Trilussa, Petrolini, Fernandel, De Sica, Carnera, Ungaretti, Fellini, Bene, Fernandel, Greco, Re Gustavo di Svezia, Proietti, Masina e Fo, Pasolini... tanto per citarne alcuni. «Abbiamo delle difficoltà con la proprietà- dice Scipioni- nel trovare l’accordo per effettuare alcuni lavori di adeguamento che sono necessari per legge. Sono molto amareggiato: non credo che questo locale meriti una fine ingloriosa. Se la trattativa va male, è finita».
Scipioni non vuol aggiungere altro. Chi lo conosce sa che gli piange il cuore al solo pensiero di abbandonare la sua creatura, locale sottoposto a vincolo monumentale nato alla fine dell'800 (anche se in altro luogo) grazie alla sua bisavola Candelora il cui nome Tre Marie deriva dal fatto che a ridosso di un antico palazzo, che sorgeva dove oggi ha sede il ristorante, c'era un'edicola sacra recante l'effigie delle tre sante: Maria Cleofe, Maria Maddalena e Maria Vergine madre di Cristo.
Successivamente il palazzo fu abbattuto e con esso l'edicola sacra, ma per ricordare le tre sante fu denominata la nuova strada in via Tre Marie, da cui il ristorante prende il nome. Nel 1920 il giovane proprietario Giuseppe Scipioni, padre di Paolo, decise di ricostruire l'antica effigie e compose una vetrata policroma raffigurante le Tre Marie sacre attualmente visibile, ponendo accanto ad essa una lampada votiva perennemente accesa, simbolo di continuità nel tempo.
Scipioni non ne vuole nemmeno accennare (rimandando ad una conferenza stampa per la prossima settimana) ma il suo implicitamente è un appello. Un appello che dovrebbe essere raccolto da tutta la città affinché la proprietà (i due anziani coniugi Taranta, ricca famiglia di origini pugliesi ormai da tre generazioni all’Aquila) e l’antico gestore trovino un accordo che tuteli entrambe le parti. Una sconfitta, eventualmente, che sarebbe dell’intera città la quale, già in evidenti difficoltà proprie e congiunturali, perderebbe uno dei suoi ”monumenti” più conosciuti nel mondo.
(leggi la storia delle "Tre Marie")
Lo ha confermato al Messaggero, in serata, Paolo Scipioni, ormai storico patron del mitico locale che in un passato certamente più glorioso, ha ospitato personaggi come Trilussa, Petrolini, Fernandel, De Sica, Carnera, Ungaretti, Fellini, Bene, Fernandel, Greco, Re Gustavo di Svezia, Proietti, Masina e Fo, Pasolini... tanto per citarne alcuni. «Abbiamo delle difficoltà con la proprietà- dice Scipioni- nel trovare l’accordo per effettuare alcuni lavori di adeguamento che sono necessari per legge. Sono molto amareggiato: non credo che questo locale meriti una fine ingloriosa. Se la trattativa va male, è finita».
Scipioni non vuol aggiungere altro. Chi lo conosce sa che gli piange il cuore al solo pensiero di abbandonare la sua creatura, locale sottoposto a vincolo monumentale nato alla fine dell'800 (anche se in altro luogo) grazie alla sua bisavola Candelora il cui nome Tre Marie deriva dal fatto che a ridosso di un antico palazzo, che sorgeva dove oggi ha sede il ristorante, c'era un'edicola sacra recante l'effigie delle tre sante: Maria Cleofe, Maria Maddalena e Maria Vergine madre di Cristo.
Successivamente il palazzo fu abbattuto e con esso l'edicola sacra, ma per ricordare le tre sante fu denominata la nuova strada in via Tre Marie, da cui il ristorante prende il nome. Nel 1920 il giovane proprietario Giuseppe Scipioni, padre di Paolo, decise di ricostruire l'antica effigie e compose una vetrata policroma raffigurante le Tre Marie sacre attualmente visibile, ponendo accanto ad essa una lampada votiva perennemente accesa, simbolo di continuità nel tempo.
Scipioni non ne vuole nemmeno accennare (rimandando ad una conferenza stampa per la prossima settimana) ma il suo implicitamente è un appello. Un appello che dovrebbe essere raccolto da tutta la città affinché la proprietà (i due anziani coniugi Taranta, ricca famiglia di origini pugliesi ormai da tre generazioni all’Aquila) e l’antico gestore trovino un accordo che tuteli entrambe le parti. Una sconfitta, eventualmente, che sarebbe dell’intera città la quale, già in evidenti difficoltà proprie e congiunturali, perderebbe uno dei suoi ”monumenti” più conosciuti nel mondo.
(leggi la storia delle "Tre Marie")