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Ombre sul Giallo: La Notte dei Misteri

Presunto Innocente

Ore 22

La notte decisiva per l'intera vicenda comincia alle ore 22 di domenica 26 agosto 1990, terzo giorno di forsennate indagini dopo la scoperta del corpicino martoriato di Cristina. Mauro Perruzza dopo essersi tradito, mentre era in casa sua, con un ispettore della Squadra Mobile, viene portato nella caserma dei carabinieri di Balsorano. Qui, confessa: "Sono stato io". E racconta la storia, troppo precisa, specie in base ai risultati dell'autopsia che non può conoscere. "È finita, ce l'abbiamo fatta. Il ragazzo ha confessato ed abbiamo anche parecchi riscontri oggettivi. Sì, sì, è tutto a verbale": così il sostituto procuratore di Avezzano Mario Pinelli, poco prima di mezzanotte, dichiarava ai microfoni del "Tg3 Abruzzo" prima di lasciare Balsorano, dove una folla inferocita vuole linciare il tredicenne, salvato per miracolo dalle forze dell'ordine e trasportato ad Avezzano sia per motivi di ordine pubblico sia per essere ascoltato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minori dell'Aquila, dottor Duilio Villante. Il caso sembra chiuso.


Ore 2,30

Ed invece, tre ore dopo, la sorpresa. Alle 2,30, il capitano della Compagnia dei carabinieri di Tagliacozzo, Scocchera, esce dagli uffici della Procura della Repubblica dove si sta effettuando l'interrogatorio. Trafelato dice ai giornalisti: "Fermi tutti, il ragazzo ha ritrattato. Bloccate i giornali, la tv... per carità". E' troppo tardi. La notizia della confessione, giunta proprio al momento di andare in stampa non può più essere ritoccata. È accaduto che il ragazzo, nel raccontare di nuovo come sono andate le cose, si sarebbe tradito: precisa, tra le altre cose, di aver strozzato la piccola con la mano sinistra, perché mancino, mentre l'autopsia ha evidenziato una mano destra. I conti non tornano. Il ragazzo, stanco, comincia a dare i numeri e a cambiare continuamente versione finché dichiara: "Non sono stato io, scusate". Un dramma. Ma anche una svolta decisiva, secondo gli inquirenti. Ma perché, quella notte, Mauro reo confesso fu scagionato e suo padre divenne il mostro? Secondo la difesa di Michele, questo passaggio che è "lo snodo di tutta la vicenda", è probabilmente frutto di un errore di un inquirente che disse al ragazzo che "doveva parlare, anche se l'autore del delitto fosse stato tuo padre". Una scappatoia, un'àncora di salvezza per il ragazzino minacciato dagli inquirenti di finire in riformatorio. "Per carità, in buona fede- è la tesi dell'avvocato Cecchini- qualcuno sbagliò. Ma da quel momento, da quando Mauro accusò il padre, fu strutturata la "tesi di Stato". Fu creato il "mostro di Balsorano" e si diede notizia all'Italia ed al mondo che il caso era risolto. Qui comincia il calvario di questo povero cristo di Michele". Un complotto, secondo Cecchini, o meglio una sorta di paura dell'"effetto domino": se cadeva un tassello, crollava a catena tutto "l'edificio di carte" costruito contro Michele.

Quella notte del 26 agosto, insiste la difesa, Mauro fu ritenuto inattendibile sulla base di deduzioni. Qualcuno gli chiese a sorpresa di prendere una sedia e lui la afferrò con la mano sinistra. Deduzione: se il ragazzino era mancino non poteva essere l'assassino che aveva agito con la mano destra. "Perciò fu abortita la pista alternativa. Si decise maldestramente- ha ricostruito Cecchini- di non indagare più su Mauro, ma solo sul padre. Perché chiudere quell'indagine alternativa?". E sempre in quella notte, fu registrata l'audiocassetta con la "metamorfosi" di Mauro: "Nastro- ha sempre detto Cecchini- che esiste, è certo, ma che non abbiamo mai potuto ascoltare. La verità è registrata lì sopra: perché non esce quel nastro?"


Ore 3,45

Alle 3,45 altro colpo di scena. A bordo di una "Audi 100" arrivano i genitori del ragazzo: Michele Perruzza e sua moglie Maria Giuseppa Capoccitti. A testa bassa scompaiono oltre il portoncino d'ingresso del Tribunale di Avezzano. Vengono interrogati separatamente, e le dichiarazioni vengono sottoposte ad esame "incrociato". Minuziosamente. Passa quasi un'ora. La svolta, di nuovo appare nell'aria.


Ore 6,30

Alle 6,30 il tredicenne e la madre escono dal Tribunale. Maria Giuseppa, davanti al magistrato, ha accusato Michele: "Cristina è morta. Cristina è morta: così ha detto mio marito rientrando a casa quella sera" . Mauro conferma: ha visto tutto. La donna, all'uscita dice qualcosa sottovoce al figlio. Sembra volerlo sgridare. Poi scompaiono in auto.


Ore 6,40

All'alba, alle 6,40, esce dalla Procura Michele che viene fatto salire, ammanettato, su una "volante" della Polizia che scompare nella foschia mattutina verso il carcere di Avezzano. Il magistrato ha già deciso di operare il fermo di polizia giudiziaria per il muratore fortemente indiziato dell'omicidio della piccola.


Ore 9

Di buon'ora il sostituto Pinelli e gli inquirenti, stanchissimi dopo l'intensa nottata, tengono una conferenza stampa. Il magistrato è "attaccato" da più di una domanda. "Un uomo è fortemente indiziato anche in base a riscontri oggettivi" dice quasi a smorzare l'ottimismo ma poi ringrazia "carabinieri e polizia per la splendida collaborazione senza precedenti e decisiva".

Ricostruendo quella "notte dei misteri", il muratore ha poi rivelato durante il processo di Sulmona che quando arrivò negli uffici della Procura di Avezzano, gli investigatori lo accolsero con grida ("Tu sei il mostro, getta questa sigaretta che per te sarà l'ultima") e con botte e spintoni ("Mi picchiarono a sangue"). E la moglie ha detto balbettando, sempre davanti ai giudici di Sulmona: "Quella notte, negli uffici della Procura di Avezzano mi chiusero in una stanza, sola con venti uomini tra agenti e carabinieri. Mi cominciarono ad urlare nelle orecchie ed a dire che mi avrebbero tolto i miei due figli minori se non avessi firmato un foglio. Ed io lo firmai. Ecco dove ho sbagliato. Ma l'ho detto subito, un'ora dopo, che era tutto falso. Per questo fatto mio marito non ne ha voluto più sapere di me".




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