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Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza - Capitolo 50

Un saggio di Angelo De Nicola

Presunto innocente



50. FU UCCISA CON DUE MANI
15. 1. 1992



L'assassino ha colpito almeno quattro volte Cristina al capo con una piccola e tagliente pietra: quindi l'ha spinta per terra con la nuca sul grosso masso trovato macchiato di sangue; infine, ha ucciso la bambina, che sanguinante e in stato di choc non opponeva resistenza, con l'azione combinata di una mano a tapparle la bocca ed un'altra a strozzarla.
Sono queste le “certezze” sulla dinamica e la meccanica della morte di Cristina Capoccitti che il superperito d'ufficio Silvio Merli (dell'Istituto di medicina legale dell'università di Roma) ha illustrato, ieri mattina, alla Corte d'Assise dell'Aquila alla ripresa del processo d'Appello a Michele Perruzza.
La Corte, dopo che la difesa del muratore (avvocati Attilio Cecchini e Antonio De Vita) era riuscita a far riaprire il processo, aveva disposto una perizia per chiarire i dubbi affidando ad un esperto di rileggere i tre accertamenti di parte per avere certezze.
Ne è venuto fuori una specie di cocktail delle varie interpretazioni che praticamente accredita un'ennesima ricostruzione dell'omicidio. Un'ennesima versione che se conferma che si è trattato di un omicidio e non di una morte accidentale, non contribuisce a chiarire i dubbi ancora in piedi sull'identità dell'omicida di fronte alla verità che «l'assassino è in casa Perruzza: o il padre o il figlio», ma anzi getta ancor di più ombre sulle indagini e sul processo di primo grado.

La mano destra. I segni sul collo della bambina sono compatibili o meno con la mano di Perruzza? A tale quesito il superperito, che aveva misurato in carcere la mano del muratore, non ha risposto dando una motivazione esplosiva per l'economia del processo: «Le mani lasciano segni non impronte. Quindi è impossibile stabilire se si tratta di una mano destra o di una mano sinistra. Questo principio, nel campo della medicina legale è notoriamente basilare». Ma allora, domanda: tutta la questione che Cristina sia stata strozzata con una mano destra (quella del muratore) e non da un mancino (quale sarebbe il figlio tredicenne)?
Quello della mano destra è stato infatti presentato come un elemento decisivo sia dalla Pubblica accusa che dalle motivazioni della sentenza di primo grado. Secondo Merli, gli elementi agli atti dimostrano molto chiaramente che Cristina venne uccisa per asfissia meccanica per l'azione combinata della mano a tappare la bocca e dall'altra a stringere il collo.
Due mani, dunque, su Cristina. La stessa cosa l'ha detta Mauro Perruzza sia quando, a principio, si autoaccusò sia quando, nel novembre scorso, ha riaccusato il padre davanti alla Corte: il ragazzino ha detto di aver visto il padre che con entrambe le mani era sopra la cuginetta. «No, no: da dove Mauro dice di essersi appostato - ha commentato l'avvocato Cecchini - non si può vedere nulla, tantomeno la posizione delle mani».

La pietra. Oltre a quella della mano, un'altra presunta certezza fino al processo di primo grado era che Cristina fosse stata colpita con la pietra macchiata di sangue trovata sul luogo del delitto e sequestrata. Quella pietra che nessuno aveva chiesto di vedere, non solo non può aver colpito la bambina («Non è facilmente maneggiabile e pesa 13 chili: avrebbe fatto un massacro» ha detto Merli), ma addirittura coi colpi al capo non c'entra nulla.
«A mio giudizio la bambina è stata colpita - ha detto il superperito - con un'altra pietra, più piccola e tagliente. I colpi sono stati certamente inferti prima della morte. Quanto tempo prima non è possibile precisarlo oggi». Ma se c'è un'altra pietra, dov'è finita? «Nei sopralluoghi è sempre il caos - risponde Merli: mi sono capitati casi in cui non si trovava il bossolo che magari era sotto il letto... ».
Intanto, fino a che la difesa non ha chiesto di vedere il sasso, tutti avrebbero giurato che con quella pietra Cristina era stata colpita al capo per quattro volte. «Ciò che ha detto Merli, io l'avevo già detto tanti mesi fa - commenta il professor Angelo Fiori, consulente della difesa -. Su due soli punti non sono d'accordo. Non si può escludere con certezza, come ha fatto il superperito, che la bambina sia caduta sulla grossa pietra ritrovata né che lo strozzamento, tipico dell'omicidio, sia più importante del soffocamento, tipico invece del delitto preterintenzionale». E l'avvocato Cecchini: «Per tre quarti la perizia Merli dà ragione a quanto sosteniamo noi. Punteremo le nostre domande a smontare anche il quarto che resta».

Un altro rinvio. Il 21 gennaio, infatti, le parti potranno fare domande al perito. La concessione di una settimana per studiare la superperizia è venuta per una specie di compromesso. Si è infatti scoperto (piccolo giallo) che manca una notifica che potrebbe far annullare il processo: il professore Merli non ha notificato alle parti l'avvio dei suoi lavori peritali. Ma poiché i difensori non hanno sollevato l'eccezione («Vogliamo essere leali») insistendo però per un rinvio, il presidente Tarquini ha potuto superare l'impasse facendo una concessione alla difesa.
Si riprende il 21. La sentenza, forse, a fine mese.


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