La Missione di Celestino - Capitolo 8
Un romanzo di Angelo De Nicola
Stavolta fu il signor Giacomo a gettare giù dal letto il sovrintendente e a farlo precipitare in Municipio.
«E chi ha potuto dormire, amico mio! Ho pensato e ripensato a quella targa. Deduco, per essere stato svegliato all’alba, che ci sono novità».
«Lei ha avuto l’intuizione dell’anagramma, ma il rebus l’ho risolto io. O almeno una parte. O almeno un giallo è chiarito mentre se ne apre un altro. Oh, basta! Non ci sto capendo più nulla».
«Si spieghi, signor Giacomo».
«Io e lei, ieri sera, ci siamo arresi dopo la genziana, o no?».
«Genziana? Non ricordo».
«Invece di andare a dormire, sono tornato sul luogo del delitto: bisogna sempre vedere cosa c’è dietro, così mi hanno insegnato. Ho scoperto questo foglietto nascosto dietro la targa che noi abbiamo vivisezionato con lo sguardo in ogni suo centimetro quadrato, ma da davanti. Ho già fatto l’anagramma della frase. Il miglior risultato che esce fuori dal computer è: “Codice Celestino V”. Che significa?».
«Un altro messaggio! Mi pare di capire che siamo di fronte a una specie di gioco dell’oca. O meglio, mi pare a questo punto certo, e non ci vuole l’acume di uno Sherlock Holmes, che non siamo di fronte a un gioco ma a dei professionisti con un piano ben preciso. Stavolta la parola chiave della frase è con tutta evidenza “sceicco”, mentre resta l’immagine del “volo” presente pari pari anche nel primo messaggio. Più chiaro di così! Non mi meraviglierei che il gioco, alla prossima casella, si fermasse al numero Undici con i dadi che segnano un Nove».
«Mi risparmi le sue chiaroveggenze in chiave catastrofista. Voglio sapere di questo Codice. Che significa?».
«Codice celestiniano... Codice celestiniano... Ora ricordo: dovrei avere, da qualche parte, una scheda. Deve essere qui. Eccola! Allora... “Il libro, conosciuto con il nome di Codice celestiniano è giunto fino a noi ed è conservato nella Biblioteca del Museo nazionale presso il Forte spagnolo. Fino al 1935, il manoscritto è stato custodito nel monastero di Collemaggio, dove ogni anno, in occasione della Perdonanza, era mostrato alla venerazione dei fedeli. Misura centimetri 16,50 di altezza per centimetri 10,40 di larghezza ed è costituito da 173 carte pergamenacee, numerate con lettere romane che giungono sino a CLXXI”...».
«Sino a? Ripeta, per favore, lettera per lettera...».
«C-L-X-X-I».
«Bingo! Presto, andiamo. Il giallo è nell’ultima pagina. Porti quella fotocopia, ce la leggiamo in auto. Presto, presto!».
«E chi ha potuto dormire, amico mio! Ho pensato e ripensato a quella targa. Deduco, per essere stato svegliato all’alba, che ci sono novità».
«Lei ha avuto l’intuizione dell’anagramma, ma il rebus l’ho risolto io. O almeno una parte. O almeno un giallo è chiarito mentre se ne apre un altro. Oh, basta! Non ci sto capendo più nulla».
«Si spieghi, signor Giacomo».
«Io e lei, ieri sera, ci siamo arresi dopo la genziana, o no?».
«Genziana? Non ricordo».
«Invece di andare a dormire, sono tornato sul luogo del delitto: bisogna sempre vedere cosa c’è dietro, così mi hanno insegnato. Ho scoperto questo foglietto nascosto dietro la targa che noi abbiamo vivisezionato con lo sguardo in ogni suo centimetro quadrato, ma da davanti. Ho già fatto l’anagramma della frase. Il miglior risultato che esce fuori dal computer è: “Codice Celestino V”. Che significa?».
«Un altro messaggio! Mi pare di capire che siamo di fronte a una specie di gioco dell’oca. O meglio, mi pare a questo punto certo, e non ci vuole l’acume di uno Sherlock Holmes, che non siamo di fronte a un gioco ma a dei professionisti con un piano ben preciso. Stavolta la parola chiave della frase è con tutta evidenza “sceicco”, mentre resta l’immagine del “volo” presente pari pari anche nel primo messaggio. Più chiaro di così! Non mi meraviglierei che il gioco, alla prossima casella, si fermasse al numero Undici con i dadi che segnano un Nove».
«Mi risparmi le sue chiaroveggenze in chiave catastrofista. Voglio sapere di questo Codice. Che significa?».
«Codice celestiniano... Codice celestiniano... Ora ricordo: dovrei avere, da qualche parte, una scheda. Deve essere qui. Eccola! Allora... “Il libro, conosciuto con il nome di Codice celestiniano è giunto fino a noi ed è conservato nella Biblioteca del Museo nazionale presso il Forte spagnolo. Fino al 1935, il manoscritto è stato custodito nel monastero di Collemaggio, dove ogni anno, in occasione della Perdonanza, era mostrato alla venerazione dei fedeli. Misura centimetri 16,50 di altezza per centimetri 10,40 di larghezza ed è costituito da 173 carte pergamenacee, numerate con lettere romane che giungono sino a CLXXI”...».
«Sino a? Ripeta, per favore, lettera per lettera...».
«C-L-X-X-I».
«Bingo! Presto, andiamo. Il giallo è nell’ultima pagina. Porti quella fotocopia, ce la leggiamo in auto. Presto, presto!».
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