La Missione di Celestino - Parte II, Cap. 4
Un romanzo di Angelo De Nicola
«”Per Crucem, viator, et Mariam reperies tutam viam”... Sarebbe?- Il signor Giacomo era rimasto col naso all’insù a guardare la facciata del Santuario della Madonna di Roio dove campeggia una scritta in latino- Questa chiesa è davvero graziosa».
«La scritta significa: ”O tu che passi, ricordati che solo amando la Croce e Maria avrai sicura la via”».
«Ancora la croce».
«E ancora Maria. Venga, entriamo. Ci sono delle belle sorprese».
La piccola chiesa accolse i due “pellegrini”come solo alcuni luoghi magici sanno fare. Un luogo piccolo ma “caldo”, con banchi e sedie accalcati verso il transetto.Un quadro sopra l’altare maggiore, raffigurante la visitazione di Maria a Sant’Elisabetta, colpì il signor Giacomo.
«Bello. Molto bello».
«Ci credo: è un Raffaello!».
«Ma va? Qui? Così, alla mercè di chiunque?».
«Ovviamente è una copia del celebre dipinto eseguito da Raffaello Sanzio per l’amico Marino Branconio, della nobile casata cittadina, nel 1519. L’originale, di formato più grande, si trovava giù in città presso la chiesa di San Silvestro, attigua al famoso Palazzo Branconio. Filippo IV di Spagna lo fece prelevare d’imperio nel 1655 per collocarlo all’Escoriale. Oggi il quadro è esposto al museo del Prado di Madrid. Che io sono andato a visitare soltanto per vedere questo dipinto».
«Lei non è un campanilista. E’ un’integralista, una specie di ”khomeini civico”. Certo, questa chiesetta è davvero una sorpresa. Ma mi racconti della visita del Papa...».
«Qui dentro non è il caso. Venga, usciamo».
Un tiepido sole accolse i due pellegrini all’esterno della chiesetta. Il sovrintendente s’avviò sulla sinistra, verso il borgo. Infilò un largo sentiero in salita: «Andiamo».
«E no, basta di salire!».
«Sono pochi gradoni».
«Mi faccia riprendere fiato! Ancora una Via Crucis. Prima stazione: targa con il nome del Cardinale Carlo Confalonieri... Ricomincia la persecuzione, la persecuzione di Confalonieri...Che poi quale legame intenso leghi il Cardinale a Celestino, non l’ho proprio capito».
«Si sieda su quel gradone. Mentre ritrova le forze per fare questa leggera salita, le leggo una cosa che le chiarirà le idee sul legame tra Confalonieri e Celestino».
«La solita scheda da internet?».
«No. E’ la prefazione ad un libro, intitolato appunto “Celestino V”, che un informatissimo religioso, padre Antonio Serramonacesca, pubblicò nel dicembre del 1966. Senta cosa scrive Confalonieri: “Celestino V ha rinunciato al pontificato, non alla santità. Quello, il papato, è un dono gratuito che non comporta, in via assoluta, la perpetuità e può quindi venire dimesso; questa, la perfezione, è un dovere proprio di ciascun fedele che voglia corrispondere integralmente alla grazia della cristiana vocazione, dovere ancora più motivato e pressante quando ci si trovi chiamati alla vita religiosa o sacerdotale. Il Nostro si è fatto santo progressivamente, in ogni stadio della vita, da giovane da monaco da papa, conquistando, nella configurazione di una natura soggetta a limiti, quote ognora più alte: da ultimo, rinunciando alla tiara, ha resa ancor più evidente l'eroicità della sua singolare umiltà”...».
«Eroicità? Però!».
«”La sua, infatti, fu una decisione di responsabilità consapevole, probativa di grandezza morale, pertanto degna di encomio, qualunque possa essere- se realmente vi allude- il senso del noto verso dantesco, bene spiegabile, del resto, coll’indole del poeta e coi riferimenti al suo complesso travaglio politico. Il temperamento mistico di Pietro dal Morrone; il suo amore alla ritiratezza, al silenzio, alla contemplazione; il rigore che studiosamente scruta e ricerca nella peraltro serena regola benedettina per viverlo egli stesso con maggior intensità e inserirlo poi nell'ordinamento dei Fratelli del Santo Spirito da lui fondati; la sua sorprendente e, si direbbe, inattesa dinamicità che, in poco tempo e su vasto raggio, moltiplica eremi e monasteri; la timorosa accettazione del sommo pontificato, solo intesa a chiudere, finalmente, una lunga e non edificante vacanza della sede apostolica; la scelta della nostra città per la consacrazione episcopale e la papale coronazione a Santa Maria di Collemaggio; il suo breve governo della Chiesa universale qui nella capitale d’Abruzzo e l’abdicazione avvenuta a Napoli col conseguente di lui ritorno alla solitudine della Maiella e, da ultimo, al romitaggio di Fumone, sono ampiamente descritti nel nuovo libro che il valente ed appassionato Autore dona all’avidità della cultura e all’edificazione della famiglia cristiana. Ha fatto bene padre Antonio e gliene siamo grati; doppiamente grati perché la novella luce, diffusa con intuito d’amore e leggiadria d'arte sulla candida figura di Celestino nostro, ci si offre quando l’attenzione mondiale al Santo si è trovata, d’improvviso, ravvivata e potenziata dal rapido pellegrinaggio di Papa Paolo VI alla rocciosa cella di monte Fumone, dove il lontano Predecessore, ridiventato umile fraticello, concluse in meditabondo silenzio il suo movimentato cammino terrestre...”».
«Anche Confalonieri fa riferimento al pellegrinaggio di Paolo VI. Quell’iniziativa dovette fare epoca».
«Conclude la prefazione: “Le spoglie del Santo riposano tranquille nel grazioso mausoleo di Collemaggio, finalmente riunite nell'urna che (sono ormai cinque lustri) la nostra città devota sollecitamente apprestava nel primo respiro della riconquistata pace: siano esse pegno costante di benedizione, per sempre più cristiano e prospero avvenire!”».
«Ancora la pace...Belle, bellissime parole».
«La scritta significa: ”O tu che passi, ricordati che solo amando la Croce e Maria avrai sicura la via”».
«Ancora la croce».
«E ancora Maria. Venga, entriamo. Ci sono delle belle sorprese».
La piccola chiesa accolse i due “pellegrini”come solo alcuni luoghi magici sanno fare. Un luogo piccolo ma “caldo”, con banchi e sedie accalcati verso il transetto.Un quadro sopra l’altare maggiore, raffigurante la visitazione di Maria a Sant’Elisabetta, colpì il signor Giacomo.
«Bello. Molto bello».
«Ci credo: è un Raffaello!».
«Ma va? Qui? Così, alla mercè di chiunque?».
«Ovviamente è una copia del celebre dipinto eseguito da Raffaello Sanzio per l’amico Marino Branconio, della nobile casata cittadina, nel 1519. L’originale, di formato più grande, si trovava giù in città presso la chiesa di San Silvestro, attigua al famoso Palazzo Branconio. Filippo IV di Spagna lo fece prelevare d’imperio nel 1655 per collocarlo all’Escoriale. Oggi il quadro è esposto al museo del Prado di Madrid. Che io sono andato a visitare soltanto per vedere questo dipinto».
«Lei non è un campanilista. E’ un’integralista, una specie di ”khomeini civico”. Certo, questa chiesetta è davvero una sorpresa. Ma mi racconti della visita del Papa...».
«Qui dentro non è il caso. Venga, usciamo».
Un tiepido sole accolse i due pellegrini all’esterno della chiesetta. Il sovrintendente s’avviò sulla sinistra, verso il borgo. Infilò un largo sentiero in salita: «Andiamo».
«E no, basta di salire!».
«Sono pochi gradoni».
«Mi faccia riprendere fiato! Ancora una Via Crucis. Prima stazione: targa con il nome del Cardinale Carlo Confalonieri... Ricomincia la persecuzione, la persecuzione di Confalonieri...Che poi quale legame intenso leghi il Cardinale a Celestino, non l’ho proprio capito».
«Si sieda su quel gradone. Mentre ritrova le forze per fare questa leggera salita, le leggo una cosa che le chiarirà le idee sul legame tra Confalonieri e Celestino».
«La solita scheda da internet?».
«No. E’ la prefazione ad un libro, intitolato appunto “Celestino V”, che un informatissimo religioso, padre Antonio Serramonacesca, pubblicò nel dicembre del 1966. Senta cosa scrive Confalonieri: “Celestino V ha rinunciato al pontificato, non alla santità. Quello, il papato, è un dono gratuito che non comporta, in via assoluta, la perpetuità e può quindi venire dimesso; questa, la perfezione, è un dovere proprio di ciascun fedele che voglia corrispondere integralmente alla grazia della cristiana vocazione, dovere ancora più motivato e pressante quando ci si trovi chiamati alla vita religiosa o sacerdotale. Il Nostro si è fatto santo progressivamente, in ogni stadio della vita, da giovane da monaco da papa, conquistando, nella configurazione di una natura soggetta a limiti, quote ognora più alte: da ultimo, rinunciando alla tiara, ha resa ancor più evidente l'eroicità della sua singolare umiltà”...».
«Eroicità? Però!».
«”La sua, infatti, fu una decisione di responsabilità consapevole, probativa di grandezza morale, pertanto degna di encomio, qualunque possa essere- se realmente vi allude- il senso del noto verso dantesco, bene spiegabile, del resto, coll’indole del poeta e coi riferimenti al suo complesso travaglio politico. Il temperamento mistico di Pietro dal Morrone; il suo amore alla ritiratezza, al silenzio, alla contemplazione; il rigore che studiosamente scruta e ricerca nella peraltro serena regola benedettina per viverlo egli stesso con maggior intensità e inserirlo poi nell'ordinamento dei Fratelli del Santo Spirito da lui fondati; la sua sorprendente e, si direbbe, inattesa dinamicità che, in poco tempo e su vasto raggio, moltiplica eremi e monasteri; la timorosa accettazione del sommo pontificato, solo intesa a chiudere, finalmente, una lunga e non edificante vacanza della sede apostolica; la scelta della nostra città per la consacrazione episcopale e la papale coronazione a Santa Maria di Collemaggio; il suo breve governo della Chiesa universale qui nella capitale d’Abruzzo e l’abdicazione avvenuta a Napoli col conseguente di lui ritorno alla solitudine della Maiella e, da ultimo, al romitaggio di Fumone, sono ampiamente descritti nel nuovo libro che il valente ed appassionato Autore dona all’avidità della cultura e all’edificazione della famiglia cristiana. Ha fatto bene padre Antonio e gliene siamo grati; doppiamente grati perché la novella luce, diffusa con intuito d’amore e leggiadria d'arte sulla candida figura di Celestino nostro, ci si offre quando l’attenzione mondiale al Santo si è trovata, d’improvviso, ravvivata e potenziata dal rapido pellegrinaggio di Papa Paolo VI alla rocciosa cella di monte Fumone, dove il lontano Predecessore, ridiventato umile fraticello, concluse in meditabondo silenzio il suo movimentato cammino terrestre...”».
«Anche Confalonieri fa riferimento al pellegrinaggio di Paolo VI. Quell’iniziativa dovette fare epoca».
«Conclude la prefazione: “Le spoglie del Santo riposano tranquille nel grazioso mausoleo di Collemaggio, finalmente riunite nell'urna che (sono ormai cinque lustri) la nostra città devota sollecitamente apprestava nel primo respiro della riconquistata pace: siano esse pegno costante di benedizione, per sempre più cristiano e prospero avvenire!”».
«Ancora la pace...Belle, bellissime parole».
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