Lettera Aperta agli Aquilani
L'Aquila, 22 giugno 2005
di Goffredo Palmerini
consigliere comunale dell'Aquila
Qualche anno fa leggendo un romanzo di Luisa Adorno, "L'ultima provincia", riconobbi che la città dove la storia si svolgeva - mai nominata - era L'Aquila. Piacevole scoperta allora, ma nulla di paragonabile a sorpresa, curiosità, desiderio di conoscenza, stimoli storici e culturali che suscita "La maschera di Celestino", l'ultima impresa letteraria di Angelo De Nicola. L'ho letto tutto d'un fiato, gustandone ogni dettaglio ed ogni coperto richiamo alla nostra città- anche qui mai nominata, se non in una velata locuzione "... prope Aquilam". Ed ho immaginato quale ansia di ricerca possa procurare all'ignaro lettore questo romanzo "giallo", un singolare intrigo nell'attesa d'una Perdonanza tutta speciale.
Come pure la sorpresa nella scoperta d'un papa eccezionale, nel suo breve pontificato e nella sua profetica rinuncia, quale Celestino V fu nel suo tempo e quale resta oggi nell'attualità, con il messaggio di riconciliazione e di pace insito nel primo giubileo della storia della cristianità. E' proprio vero: il servizio che Angelo De Nicola rende alla nostra Città con questo bel libro è impagabile. Merita ogni plauso, per la ricchezza di riferimenti storici ed iconografici, per l'intreccio del racconto, per lo stile d'una scrittura agile ed efficace.
Ne appare, dai dialoghi tra il sovrintendente e l'agente segreto, una figura di Celestino chiaramente delineata in tutta la sua vera grandezza spirituale, storica e "politica"- l'esatto contrario di quanto nei secoli scorsi è stato volutamente accreditato- appunto come la ricerca storica degli ultimi decenni sta nettamente dimostrando.
Dunque un papa ed un santo rivoluzionario, allora ed ancor più nei nostri tempi, il quale non ha bisogno di scoop ed effetti speciali per affermare la sua originalità- dice pure un personaggio del romanzo- perché la sua vita ed il suo magistero sono di per sé un evento eccezionale. Deve quindi essere stata per De Nicola un'autentica sorpresa veder arrivare la Bolla dalla cappella della torre civica in una vicina libreria, per l'esposizione nel corso della presentazione del suo romanzo.
Tale fatto singolare, che si ricordi dal 29 settembre del 1294, per diretta decisione del custode pro tempore del documento papale, il Sindaco dell'Aquila, irrompe comunque nella storia civica.
Avverto subito che questa non vuole essere una polemica, della quale farei volentieri a meno. E' piuttosto uno stimolo alla riflessione per tutti gli Aquilani e per chiunque si trovi ora, o in futuro, ad amministrare la città. Il fatto avvenuto sicuramente ci interroga, se per 711 anni mai alcuno aveva pensato di far uscire la Bolla dai forzieri della torre civica in altra occasione se non quella tra i vespri del 28 e 29 agosto, per l'annuale Perdonanza. La sua rigorosa custodia in Municipio ha consentito per secoli di riceverne benefici, di preservarla dai tentativi d'annullare portata e validità del giubileo celestiniano. Provò papa Bonifacio VIII, qualche mese dopo la sua elezione, senza successo. Anzi, come ha scritto il compianto Luigi Lopez, con ogni probabilità fu proprio in quella occasione che il Consiglio civico deliberò il capitolo decimo degli Statuti della città con il quale si statuì in capo all'autorità civile l'indizione della Perdonanza, piuttosto che quella religiosa la quale, anzi, veniva dal Sindaco camerlengo invitata a portarsi all'Indulgenza con tutto il clero, debitamente parato per la solennità della festa.
Ora, di fronte all'eccezionalità della sortita della Bolla per fatto diverso dell'annuale Perdonanza, si pone il problema di valutarne ratio e conseguenze. E' logico supporre come la decisione che ha infranto una prassi di secoli, assunta dal Sindaco che- non dimentichiamo- è organo d'una pubblica amministrazione, crea un precedente per il quale chiunque altro cittadino, in casi simili o assimilabili per portata (un convegno storico, un film su Celestino, ogni altra pubblicazione su Pietro del Morrone o su Collemaggio, altri eventi con alte Personalità) potrebbe paritariamente far invocare analogo comportamento, non essendo plausibili discrezionalità.
Dunque, dovremo prepararci ad altre performances? O piuttosto, valutando quale china potrebbe derivare da un simile precedente- malgrado ogni buona intenzione- che ridurrebbe l'esposizione della Bolla a fatto ricorrente, quindi ordinario e scontato, non sia il caso di affermare la necessità d'un canone rigoroso ed inemendabile di comportamento da parte dell'autorità municipale, custode della Bolla.
D'altronde, come ha osservato Amedeo Esposito in base agli elementi giuridici puntualmente trattati in un documentato volume da Amedeo Cervelli sulla conservazione in Municipio e sull'uscita della Bolla per la Perdonanza, Celestino donò agli Aquilani tutti il prezioso documento e la Perdonanza, affidandone la custodia alla suprema magistratura civica. Ma allora ogni diverso uso del documento fuori dai canoni- e personalmente sono contrario in maniera assoluta ad ogni deroga- dovrebbe essere regolamentato nella casistica e nella procedura, ripassando ogni decisione per l'organismo legittimamente rappresentativo del popolo aquilano, qual è il Consiglio comunale, magari attraverso un ferreo iter d'accertamento della volontà (quorum altissimo, doppia approvazione, ecc.), per escludere scelte estemporanee e che non rientrino nell'oggettività.
Ci sarebbero poi da valutare gli aspetti rituali verso la Bolla. Quindi il cerimoniale solenne della sua uscita da Palazzo Margherita. Tutto il contrario di quanto accaduto qualche giorno fa, quando la Bolla è uscita a braccia di due alti dirigenti del Comune, ma senza alcuna scorta d'onore, in mezzo al traffico cittadino e privata d'un qualunque riguardo formale e sostanziale. Mentre il documento, per il suo rango e per quanto significa nella storia civica e spirituale, è degno della massima solennità.
Priva di questi essenziali riguardi la Bolla perde una parte del suo valore intrinseco e diventa come un qualunque documento d'archivio. Né vale la motivazione di farla ammirare e conoscere ai più, giacché il prezioso documento non ha un valore estetico, e d'altro canto la si può conoscere nel suo testo e nei commenti su libri, guide turistiche e sul web.
Chi abbia interesse all'aspetto formale ed esteriore ne trova una copia persino meglio leggibile esposta nella teca appositamente creata da Remo Brindisi nel 1983, che anzi meriterebbe migliore collocazione (anti aula consiliare?) rispetto all'attuale, nel pianerottolo delle scale del palazzo municipale. Chi voglia guardare l'originale, onorarlo o ammirarlo, ne ha possibilità venendo all'Aquila, a Collemaggio, ogni anno, per 24 ore durante la Perdonanza.
Questo è il mio modesto parere, la riflessione che metto a disposizione di tutti, perché ciascuno la valuti e proponga osservazioni. Nel frattempo sarebbe auspicabile astenersi da altre rotture alla tradizione, fino a quando un'approfondita valutazione, non legata all'emotività o alla impulsività del momento, faccia assumere con la solennità ed il rispetto dovuti rigorose norme di comportamento e ritualità di onoranza alla Bolla ed al suo messaggio, il più grande dono di papa Celestino agli Aquilani ed all'umanità intera.
di Goffredo Palmerini
consigliere comunale dell'Aquila
Qualche anno fa leggendo un romanzo di Luisa Adorno, "L'ultima provincia", riconobbi che la città dove la storia si svolgeva - mai nominata - era L'Aquila. Piacevole scoperta allora, ma nulla di paragonabile a sorpresa, curiosità, desiderio di conoscenza, stimoli storici e culturali che suscita "La maschera di Celestino", l'ultima impresa letteraria di Angelo De Nicola. L'ho letto tutto d'un fiato, gustandone ogni dettaglio ed ogni coperto richiamo alla nostra città- anche qui mai nominata, se non in una velata locuzione "... prope Aquilam". Ed ho immaginato quale ansia di ricerca possa procurare all'ignaro lettore questo romanzo "giallo", un singolare intrigo nell'attesa d'una Perdonanza tutta speciale.
Come pure la sorpresa nella scoperta d'un papa eccezionale, nel suo breve pontificato e nella sua profetica rinuncia, quale Celestino V fu nel suo tempo e quale resta oggi nell'attualità, con il messaggio di riconciliazione e di pace insito nel primo giubileo della storia della cristianità. E' proprio vero: il servizio che Angelo De Nicola rende alla nostra Città con questo bel libro è impagabile. Merita ogni plauso, per la ricchezza di riferimenti storici ed iconografici, per l'intreccio del racconto, per lo stile d'una scrittura agile ed efficace.
Ne appare, dai dialoghi tra il sovrintendente e l'agente segreto, una figura di Celestino chiaramente delineata in tutta la sua vera grandezza spirituale, storica e "politica"- l'esatto contrario di quanto nei secoli scorsi è stato volutamente accreditato- appunto come la ricerca storica degli ultimi decenni sta nettamente dimostrando.
Dunque un papa ed un santo rivoluzionario, allora ed ancor più nei nostri tempi, il quale non ha bisogno di scoop ed effetti speciali per affermare la sua originalità- dice pure un personaggio del romanzo- perché la sua vita ed il suo magistero sono di per sé un evento eccezionale. Deve quindi essere stata per De Nicola un'autentica sorpresa veder arrivare la Bolla dalla cappella della torre civica in una vicina libreria, per l'esposizione nel corso della presentazione del suo romanzo.
Tale fatto singolare, che si ricordi dal 29 settembre del 1294, per diretta decisione del custode pro tempore del documento papale, il Sindaco dell'Aquila, irrompe comunque nella storia civica.
Avverto subito che questa non vuole essere una polemica, della quale farei volentieri a meno. E' piuttosto uno stimolo alla riflessione per tutti gli Aquilani e per chiunque si trovi ora, o in futuro, ad amministrare la città. Il fatto avvenuto sicuramente ci interroga, se per 711 anni mai alcuno aveva pensato di far uscire la Bolla dai forzieri della torre civica in altra occasione se non quella tra i vespri del 28 e 29 agosto, per l'annuale Perdonanza. La sua rigorosa custodia in Municipio ha consentito per secoli di riceverne benefici, di preservarla dai tentativi d'annullare portata e validità del giubileo celestiniano. Provò papa Bonifacio VIII, qualche mese dopo la sua elezione, senza successo. Anzi, come ha scritto il compianto Luigi Lopez, con ogni probabilità fu proprio in quella occasione che il Consiglio civico deliberò il capitolo decimo degli Statuti della città con il quale si statuì in capo all'autorità civile l'indizione della Perdonanza, piuttosto che quella religiosa la quale, anzi, veniva dal Sindaco camerlengo invitata a portarsi all'Indulgenza con tutto il clero, debitamente parato per la solennità della festa.
Ora, di fronte all'eccezionalità della sortita della Bolla per fatto diverso dell'annuale Perdonanza, si pone il problema di valutarne ratio e conseguenze. E' logico supporre come la decisione che ha infranto una prassi di secoli, assunta dal Sindaco che- non dimentichiamo- è organo d'una pubblica amministrazione, crea un precedente per il quale chiunque altro cittadino, in casi simili o assimilabili per portata (un convegno storico, un film su Celestino, ogni altra pubblicazione su Pietro del Morrone o su Collemaggio, altri eventi con alte Personalità) potrebbe paritariamente far invocare analogo comportamento, non essendo plausibili discrezionalità.
Dunque, dovremo prepararci ad altre performances? O piuttosto, valutando quale china potrebbe derivare da un simile precedente- malgrado ogni buona intenzione- che ridurrebbe l'esposizione della Bolla a fatto ricorrente, quindi ordinario e scontato, non sia il caso di affermare la necessità d'un canone rigoroso ed inemendabile di comportamento da parte dell'autorità municipale, custode della Bolla.
D'altronde, come ha osservato Amedeo Esposito in base agli elementi giuridici puntualmente trattati in un documentato volume da Amedeo Cervelli sulla conservazione in Municipio e sull'uscita della Bolla per la Perdonanza, Celestino donò agli Aquilani tutti il prezioso documento e la Perdonanza, affidandone la custodia alla suprema magistratura civica. Ma allora ogni diverso uso del documento fuori dai canoni- e personalmente sono contrario in maniera assoluta ad ogni deroga- dovrebbe essere regolamentato nella casistica e nella procedura, ripassando ogni decisione per l'organismo legittimamente rappresentativo del popolo aquilano, qual è il Consiglio comunale, magari attraverso un ferreo iter d'accertamento della volontà (quorum altissimo, doppia approvazione, ecc.), per escludere scelte estemporanee e che non rientrino nell'oggettività.
Ci sarebbero poi da valutare gli aspetti rituali verso la Bolla. Quindi il cerimoniale solenne della sua uscita da Palazzo Margherita. Tutto il contrario di quanto accaduto qualche giorno fa, quando la Bolla è uscita a braccia di due alti dirigenti del Comune, ma senza alcuna scorta d'onore, in mezzo al traffico cittadino e privata d'un qualunque riguardo formale e sostanziale. Mentre il documento, per il suo rango e per quanto significa nella storia civica e spirituale, è degno della massima solennità.
Priva di questi essenziali riguardi la Bolla perde una parte del suo valore intrinseco e diventa come un qualunque documento d'archivio. Né vale la motivazione di farla ammirare e conoscere ai più, giacché il prezioso documento non ha un valore estetico, e d'altro canto la si può conoscere nel suo testo e nei commenti su libri, guide turistiche e sul web.
Chi abbia interesse all'aspetto formale ed esteriore ne trova una copia persino meglio leggibile esposta nella teca appositamente creata da Remo Brindisi nel 1983, che anzi meriterebbe migliore collocazione (anti aula consiliare?) rispetto all'attuale, nel pianerottolo delle scale del palazzo municipale. Chi voglia guardare l'originale, onorarlo o ammirarlo, ne ha possibilità venendo all'Aquila, a Collemaggio, ogni anno, per 24 ore durante la Perdonanza.
Questo è il mio modesto parere, la riflessione che metto a disposizione di tutti, perché ciascuno la valuti e proponga osservazioni. Nel frattempo sarebbe auspicabile astenersi da altre rotture alla tradizione, fino a quando un'approfondita valutazione, non legata all'emotività o alla impulsività del momento, faccia assumere con la solennità ed il rispetto dovuti rigorose norme di comportamento e ritualità di onoranza alla Bolla ed al suo messaggio, il più grande dono di papa Celestino agli Aquilani ed all'umanità intera.
Goffredo Palmerini
Consigliere comunale dell'Aquila
Consigliere comunale dell'Aquila