Vincenzo Battista su "La Maschera di Celestino"
Il Messaggero, L'Aquila, 16 giugno 2005
Galleria immagini della presentazione presso la Libreria Colacchi
Dialoghi stretti, serrati, incalzanti che non lasciano respiro, con ricchezza di particolari e precisione documentaria: «...Mi dica cosa ha letto su Celestino V. Il papa vigliacco, come dice lei- chiede il soprintendente». «Ecco, - risponde l'investigatore - ho qui nella tasca della giacca la stampata: "Vidi e conobbi di colui che fece per viltade il gran rifiuto". Ma, replica il soprintendente: "Numerosi sono stati i tentativi di dare un nome a questo personaggio. Alcuni lo identificano con Esaù, che rinunciò alla primogenitura per un piatto di lenticchie, altri con Ponzio Pilato, altri con Giuliano l'apostata. Gli antichi commentatori, tuttavia, non ebbero esitazione nell'identificarlo con Pietro dal Morrone...".
È, questa, un'atmosfera d'effetto, un passaggio, un dialogo questa volta su una sponda storica ma non sarà sempre così, di due personaggi cardine (il soprintendente della Perdonanza e un investigatore avvolto dal mistero, scaraventato in città per capire...), che caratterizzano e ci guidano nel romanzo "La maschera di Celestino", autore Angelo De Nicola (pag. 120, edizioni Textus): un giallo-enigma, un'indagine che i due particolari protagonisti del romanzo conducono, densa di suspense, accattivante: dal fascino dell'intreccio narrativo all'ambientazione suggestiva della città; dai colpi di scena imprevisti, alla creazione di tensione che il lettore, avverte, dentro il rito annuale, secolare della Perdonanza, alla presenza, annunciata, straordinaria, unica nella storia della Chiesa, del Santo Pontefice che rompe l'isolamento di una manifestazione vissuta e cresciuta "povera", per secoli, celata ai margini delle grandi ricorrenze della stessa Chiesa.
La tensione si tocca con mano e avvolge L'Aquila nell'imminenza della Perdonanza, insieme alla narrazione del romanzo che si carica, in un ritmo frenetico, mentre salgono e scendono i picchi del diagramma della narrazione. «Alle parole- scrive Dacia Maraini nella presentazione al romanzo- quelle del teatro o della sceneggiatura cinematografica, deve aver pensato De Nicola quando ha scelto di costruire il suo giallo aquilano a partire da ciò che i personaggi dicono di essere, di vedere, di sapere e scoprire. A noi lettori, quindi, non rimane altro che credere oppure dubitare di ciò che i personaggi vogliono farci intendere, in attesa, come prevedibile del colpo di scena finale».
Che arriva, insieme a tutti gli uomini di Celestino V, ai due protagonisti spaventati, attori di un evento che freneticamente li sta consumando, alla ricerca del movente o di un colpevole; di indagini e sospetti, di viaggi dentro la città, nei monumenti architettonici: tracce, forse filoni per scoprire, interpretare e cercare di non essere depistati, soggiogati: «... Il punto? - dice l'investigatore - Da ieri sera non facciamo altro che mettere punti... Non vivo più da tre mesi, maledetto quel giorno». «L'affermazione sfiora la bestemmia- replica il soprintendente». «No, non ce l'ho con il Papa- prosegue l'investigatore- In fondo questa sua scelta me lo rende persino simpatico. Venire qui ad onorare, per la prima volta nella storia, l'unico Pontefice che s'è dimesso, è davvero un gesto dal significato eccezionale. Mi chiedo perché nessun pontefice lo abbia fatto prima...» dialogano, si ritrovano così, i due personaggi, in un momento di reciproche confessioni, mentre incombe il tempo, e inesorabile si avvicina la resa dei conti dentro la Perdonanza.
Galleria immagini della presentazione presso la Libreria Colacchi
Dialoghi stretti, serrati, incalzanti che non lasciano respiro, con ricchezza di particolari e precisione documentaria: «...Mi dica cosa ha letto su Celestino V. Il papa vigliacco, come dice lei- chiede il soprintendente». «Ecco, - risponde l'investigatore - ho qui nella tasca della giacca la stampata: "Vidi e conobbi di colui che fece per viltade il gran rifiuto". Ma, replica il soprintendente: "Numerosi sono stati i tentativi di dare un nome a questo personaggio. Alcuni lo identificano con Esaù, che rinunciò alla primogenitura per un piatto di lenticchie, altri con Ponzio Pilato, altri con Giuliano l'apostata. Gli antichi commentatori, tuttavia, non ebbero esitazione nell'identificarlo con Pietro dal Morrone...".
È, questa, un'atmosfera d'effetto, un passaggio, un dialogo questa volta su una sponda storica ma non sarà sempre così, di due personaggi cardine (il soprintendente della Perdonanza e un investigatore avvolto dal mistero, scaraventato in città per capire...), che caratterizzano e ci guidano nel romanzo "La maschera di Celestino", autore Angelo De Nicola (pag. 120, edizioni Textus): un giallo-enigma, un'indagine che i due particolari protagonisti del romanzo conducono, densa di suspense, accattivante: dal fascino dell'intreccio narrativo all'ambientazione suggestiva della città; dai colpi di scena imprevisti, alla creazione di tensione che il lettore, avverte, dentro il rito annuale, secolare della Perdonanza, alla presenza, annunciata, straordinaria, unica nella storia della Chiesa, del Santo Pontefice che rompe l'isolamento di una manifestazione vissuta e cresciuta "povera", per secoli, celata ai margini delle grandi ricorrenze della stessa Chiesa.
La tensione si tocca con mano e avvolge L'Aquila nell'imminenza della Perdonanza, insieme alla narrazione del romanzo che si carica, in un ritmo frenetico, mentre salgono e scendono i picchi del diagramma della narrazione. «Alle parole- scrive Dacia Maraini nella presentazione al romanzo- quelle del teatro o della sceneggiatura cinematografica, deve aver pensato De Nicola quando ha scelto di costruire il suo giallo aquilano a partire da ciò che i personaggi dicono di essere, di vedere, di sapere e scoprire. A noi lettori, quindi, non rimane altro che credere oppure dubitare di ciò che i personaggi vogliono farci intendere, in attesa, come prevedibile del colpo di scena finale».
Che arriva, insieme a tutti gli uomini di Celestino V, ai due protagonisti spaventati, attori di un evento che freneticamente li sta consumando, alla ricerca del movente o di un colpevole; di indagini e sospetti, di viaggi dentro la città, nei monumenti architettonici: tracce, forse filoni per scoprire, interpretare e cercare di non essere depistati, soggiogati: «... Il punto? - dice l'investigatore - Da ieri sera non facciamo altro che mettere punti... Non vivo più da tre mesi, maledetto quel giorno». «L'affermazione sfiora la bestemmia- replica il soprintendente». «No, non ce l'ho con il Papa- prosegue l'investigatore- In fondo questa sua scelta me lo rende persino simpatico. Venire qui ad onorare, per la prima volta nella storia, l'unico Pontefice che s'è dimesso, è davvero un gesto dal significato eccezionale. Mi chiedo perché nessun pontefice lo abbia fatto prima...» dialogano, si ritrovano così, i due personaggi, in un momento di reciproche confessioni, mentre incombe il tempo, e inesorabile si avvicina la resa dei conti dentro la Perdonanza.