La Maschera
di Francesca Berardi
All’inizio c’è un volto, anzi una maschera.
Alla fine le reliquie di un corpo privato del capo e il messaggio finale legato proprio a quella testa; una testa davvero importante quella di Celestina se fu in grado di fare una scelta tanto rivoluzionaria per i suoi tempi.
Basta aprire questo piccolo libretto, che già dal formato sembra invogliare ad essere portato con sé, per essere subito proiettati tra i vicoli della nostra città, una città osservata con occhi nuovi, da riscoprire.
Chi la abita inizialmente tra queste pagine può sentirsi spiazzato, gettato così fin da subito, grazie ad un ritmo davvero coinvolgente, nelle trame di un giallo che sa di antico, ma anche di qualcosa di molto attuale, come le nuove fobie terroristiche che minano le certezze delle coscienze di ognuno.
Strade per noi aquilani tanto quotidiane si intrecciano indissolubilmente con ben altre vie, questa volta virtuali, quelle di Internet, che ci conducono per mano alla scoperta- o riscoperta- di qualcosa che esiste da secoli ma che ci sfugge nella vita di tutti i giorni: la storia, parte di una storia importante, troppo spesso sottovalutata, che si riappropria del suo ruolo nel ripresentarci, col linguaggio tutto moderno del giallo, la figura di Celestino V che vive anche del fascino del suo mistero.
C’è infatti un mistero in questo libro che cattura il lettore già dal titolo, in cui è la maschera a dominare.
La maschera è qualcosa che cela un volto e per molti aspetti lo duplica, moltiplica le possibilità di visuale. Piani diversi di osservazione percorrono le pagine del romanzo, punti di vista molteplici: quello del poliziotto, quello del sovrintendente così tipicamente autoctono, quello del sindaco e quello di chi conduce il gioco; insomma piani che si differenziano e si intersecano, che si scontrano e cercano di collaborare per giungere insieme alla scoperta di un messaggio che turba la monotonia di una tranquilla cittadina fra le montagne.
La vicenda sembra seguire le ultime tendenze della narrativa americana (ad esempio ”Codice Da Vinci”), ma se in quel caso la storia è un pretesto per la trama, qui, al contrario, è la trama ad essere pretesto per la storia.
Si costruisce così, attraverso una serie concatenata di indizi da decifrare, un casus che porge a tutti un’occasione per saperne di più su un personaggio e una città che ci appartiene.
All’inizio c’è un volto, anzi una maschera.
Alla fine le reliquie di un corpo privato del capo e il messaggio finale legato proprio a quella testa; una testa davvero importante quella di Celestina se fu in grado di fare una scelta tanto rivoluzionaria per i suoi tempi.
Basta aprire questo piccolo libretto, che già dal formato sembra invogliare ad essere portato con sé, per essere subito proiettati tra i vicoli della nostra città, una città osservata con occhi nuovi, da riscoprire.
Chi la abita inizialmente tra queste pagine può sentirsi spiazzato, gettato così fin da subito, grazie ad un ritmo davvero coinvolgente, nelle trame di un giallo che sa di antico, ma anche di qualcosa di molto attuale, come le nuove fobie terroristiche che minano le certezze delle coscienze di ognuno.
Strade per noi aquilani tanto quotidiane si intrecciano indissolubilmente con ben altre vie, questa volta virtuali, quelle di Internet, che ci conducono per mano alla scoperta- o riscoperta- di qualcosa che esiste da secoli ma che ci sfugge nella vita di tutti i giorni: la storia, parte di una storia importante, troppo spesso sottovalutata, che si riappropria del suo ruolo nel ripresentarci, col linguaggio tutto moderno del giallo, la figura di Celestino V che vive anche del fascino del suo mistero.
C’è infatti un mistero in questo libro che cattura il lettore già dal titolo, in cui è la maschera a dominare.
La maschera è qualcosa che cela un volto e per molti aspetti lo duplica, moltiplica le possibilità di visuale. Piani diversi di osservazione percorrono le pagine del romanzo, punti di vista molteplici: quello del poliziotto, quello del sovrintendente così tipicamente autoctono, quello del sindaco e quello di chi conduce il gioco; insomma piani che si differenziano e si intersecano, che si scontrano e cercano di collaborare per giungere insieme alla scoperta di un messaggio che turba la monotonia di una tranquilla cittadina fra le montagne.
La vicenda sembra seguire le ultime tendenze della narrativa americana (ad esempio ”Codice Da Vinci”), ma se in quel caso la storia è un pretesto per la trama, qui, al contrario, è la trama ad essere pretesto per la storia.
Si costruisce così, attraverso una serie concatenata di indizi da decifrare, un casus che porge a tutti un’occasione per saperne di più su un personaggio e una città che ci appartiene.
Francesca Berardi