Scritti e Suoni sul Terremoto
da www.pagineonlife.it, 17 ottobre 2009
di FRANCESCO LO PICCOLO
(leggi in originale)
Torno a parlare di terremoto.
1) Di numeri. Venti persone sarebbero state indagate dalla Procura dell’Aquila per i crolli alla casa dello studente e al Convitto Nazionale. (qui l’articolo da repubblica.it); ad oggi sono stati consegnati un migliaio di alloggi sui cinque mila promessi e ancora non realizzati; ci sono sette mila persone al gelo dentro le tende; gli aquilani sparsi per l’Abruzzo in alberghi e in case di parenti o amici sono 25 mila.
2) Di immagini e suoni. Dino Viani ha portato in concorso al Festival internazionale del cinema di Amsterdam (Olanda) il suo “Canto 6409”, ( qui il trailer) girato all’indomani del sisma del 6 aprile e già presentato a maggio al Festival di Cannes. “Ho voluto cercare di comprendere la solitudine dell’uomo davanti al proprio destino- dice Viani – Il cinema, come ogni linguaggio artistico, evoca presenze e ci aiuta ad avere meno paura della morte”.
3) Di libri che ho appena terminato di leggere.
Comincio da quello di Angelo De Nicola, perché è un amico, oltre che compagno di lavoro, ma soprattutto perché il suo “Il nostro terremoto” (One Group Edizioni) mi ha portato dentro al dramma che gli aquilani, persone e non numeri, hanno vissuto quella notte e i giorni seguenti. Al dramma di Angelo vissuto e patito in prima persona “mentre tutto intorno alla camera da letto ondeggiava e sussultava...”. Un libro di emozioni, un diario fatto di piccole cose, di microstorie, di quei piccoli fatti raccontati senza pietismi e moralismi.
E’ bravo Angelo, bravo con le sue crude ma anche dolci storie di vita quotidiana che, alle volte più di qualunque altro testo, si posano sulla realtà e ne raccontano le voci. La comunità degli sfollati “uniti” dai telefonini; gli incontri-appuntamento all’Autogrill di Brecciarola. E poi la catena degli sms, l’impiegato di banca che si fa in quattro per risolvere problemi burocratici, la partitella a basket, la scuola per la figlia Camilla, il gatto nero, le “orecchie della nonna” recuperate da un vigile del fuoco di Aosta, la bugia per riprendersi gli sci, le passeggiate e gli abbracci dei superstiti sul lungomare degli sfollati...
Cronache di vita quotidiana, di una vita che riparte nel nome dell’aquilanità, come registra con forza nella prefazione don Attilio Cecchini, e con il motto “Jemo ‘nnanzi”. E così ecco fissate sulle pagine di questo libro le emozione di chi c’era, di chi ha avuto la fortuna di esserci ancora, di scrivere e raccontare. “Una sorta di catarsi corale” scrive Angelo De Nicola presentando il suo libro-romanzo che invece è “la realtà”, ancora più vera perché accompagnata anche dalle lettere arrivate al giornale “Il Messaggero” i giorni immediatamente seguenti alla scossa sotto il titolo “lettere da un terremoto”. Da leggerle tutte, per sentire le vere voci della tragedia.
A cominciare dalla voce di Angelo De Nicola, per continuare poi a sentire le voci-parole dei tanti Ornella, Marco, Stefano, Mario, Luca...voci che sembrano scatti di un fotografo, opere di artigiani, senza mediazioni, interpretazioni. Come dice Gianni Celati. “E’ il modo di lavorare dei fotografi che mi ha conquistato, più artigianale e soprattutto più esposto all’esterno, e quindi senza questi giochi dell’interiorità e dell’interiorizzazione...”.
L’altro libro uscito in questi giorni è “L’Aquila non è Kabul” di Giuseppe Caporale cronaca di una tragedia annunciata” Castelvecchi. Un libro inchiesta, con la cronaca puntuale di quello che accadde nel capoluogo dell’Abruzzo e nei paesi vicini raccontata fin dalle prime ore dopo la scossa delle 3.32, con i cadaveri in mezzo alla strada, con le testimonianze degli abruzzesi raccolte fra i vicoli tra grida di dolore e paure. Un viaggio verso l’Apocalisse per non dimenticare, soprattutto per capire. Un libro documento che mette a fuoco la vergogna dell’ospedale San Salvatore e della casa dello studente.
Ma è soprattutto un libro sul dopo, sugli alberghi per gli sfollati, sul lavoro dei volontari, sul G8, su Bertolaso, sul sisma che copre la crisi, su Pettino costruito sulla faglia, sui reality show tra tende e macerie. Un libro accusa. Accompagnato dalle foto di Chiara Morelli.
Nb: E sempre a proposito di libri e terremoto, è di tre mesi fa “3.32, L’Aquila – gli allarmi inascoltati” di Paolo Mastri (edizioni Tracce). Ne parlo qui
di FRANCESCO LO PICCOLO
(leggi in originale)
Tutto ciò che si scrive è già polvere nel momento stesso in cui viene scritto, ed è giusto che vada a disperdersi con le altre polveri e ceneri del mondo. Scrivere è un modo di consumare il tempo, rendendogli l’omaggio che gli è dovuto: lui dà e toglie, e quello che dà è solo quello che toglie, così la sua somma è sempre lo zero, l’insostanziale.
(da I lettori di libri sono sempre più falsi – Quattro novelle sulle apparenze
Gianni Celati)
(da I lettori di libri sono sempre più falsi – Quattro novelle sulle apparenze
Gianni Celati)
Torno a parlare di terremoto.
1) Di numeri. Venti persone sarebbero state indagate dalla Procura dell’Aquila per i crolli alla casa dello studente e al Convitto Nazionale. (qui l’articolo da repubblica.it); ad oggi sono stati consegnati un migliaio di alloggi sui cinque mila promessi e ancora non realizzati; ci sono sette mila persone al gelo dentro le tende; gli aquilani sparsi per l’Abruzzo in alberghi e in case di parenti o amici sono 25 mila.
2) Di immagini e suoni. Dino Viani ha portato in concorso al Festival internazionale del cinema di Amsterdam (Olanda) il suo “Canto 6409”, ( qui il trailer) girato all’indomani del sisma del 6 aprile e già presentato a maggio al Festival di Cannes. “Ho voluto cercare di comprendere la solitudine dell’uomo davanti al proprio destino- dice Viani – Il cinema, come ogni linguaggio artistico, evoca presenze e ci aiuta ad avere meno paura della morte”.
3) Di libri che ho appena terminato di leggere.
Comincio da quello di Angelo De Nicola, perché è un amico, oltre che compagno di lavoro, ma soprattutto perché il suo “Il nostro terremoto” (One Group Edizioni) mi ha portato dentro al dramma che gli aquilani, persone e non numeri, hanno vissuto quella notte e i giorni seguenti. Al dramma di Angelo vissuto e patito in prima persona “mentre tutto intorno alla camera da letto ondeggiava e sussultava...”. Un libro di emozioni, un diario fatto di piccole cose, di microstorie, di quei piccoli fatti raccontati senza pietismi e moralismi.
E’ bravo Angelo, bravo con le sue crude ma anche dolci storie di vita quotidiana che, alle volte più di qualunque altro testo, si posano sulla realtà e ne raccontano le voci. La comunità degli sfollati “uniti” dai telefonini; gli incontri-appuntamento all’Autogrill di Brecciarola. E poi la catena degli sms, l’impiegato di banca che si fa in quattro per risolvere problemi burocratici, la partitella a basket, la scuola per la figlia Camilla, il gatto nero, le “orecchie della nonna” recuperate da un vigile del fuoco di Aosta, la bugia per riprendersi gli sci, le passeggiate e gli abbracci dei superstiti sul lungomare degli sfollati...
Cronache di vita quotidiana, di una vita che riparte nel nome dell’aquilanità, come registra con forza nella prefazione don Attilio Cecchini, e con il motto “Jemo ‘nnanzi”. E così ecco fissate sulle pagine di questo libro le emozione di chi c’era, di chi ha avuto la fortuna di esserci ancora, di scrivere e raccontare. “Una sorta di catarsi corale” scrive Angelo De Nicola presentando il suo libro-romanzo che invece è “la realtà”, ancora più vera perché accompagnata anche dalle lettere arrivate al giornale “Il Messaggero” i giorni immediatamente seguenti alla scossa sotto il titolo “lettere da un terremoto”. Da leggerle tutte, per sentire le vere voci della tragedia.
A cominciare dalla voce di Angelo De Nicola, per continuare poi a sentire le voci-parole dei tanti Ornella, Marco, Stefano, Mario, Luca...voci che sembrano scatti di un fotografo, opere di artigiani, senza mediazioni, interpretazioni. Come dice Gianni Celati. “E’ il modo di lavorare dei fotografi che mi ha conquistato, più artigianale e soprattutto più esposto all’esterno, e quindi senza questi giochi dell’interiorità e dell’interiorizzazione...”.
L’altro libro uscito in questi giorni è “L’Aquila non è Kabul” di Giuseppe Caporale cronaca di una tragedia annunciata” Castelvecchi. Un libro inchiesta, con la cronaca puntuale di quello che accadde nel capoluogo dell’Abruzzo e nei paesi vicini raccontata fin dalle prime ore dopo la scossa delle 3.32, con i cadaveri in mezzo alla strada, con le testimonianze degli abruzzesi raccolte fra i vicoli tra grida di dolore e paure. Un viaggio verso l’Apocalisse per non dimenticare, soprattutto per capire. Un libro documento che mette a fuoco la vergogna dell’ospedale San Salvatore e della casa dello studente.
Ma è soprattutto un libro sul dopo, sugli alberghi per gli sfollati, sul lavoro dei volontari, sul G8, su Bertolaso, sul sisma che copre la crisi, su Pettino costruito sulla faglia, sui reality show tra tende e macerie. Un libro accusa. Accompagnato dalle foto di Chiara Morelli.
Nb: E sempre a proposito di libri e terremoto, è di tre mesi fa “3.32, L’Aquila – gli allarmi inascoltati” di Paolo Mastri (edizioni Tracce). Ne parlo qui
Francesco Lo Piccolo