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De Nicola Esplora Celestino, articolo di Carlo Di Stanislao

Il mito di Celestino Sabato prossimo, monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo ausiliare dell’Aquila, terrà a Bazzano, presso “La Tenda-Amica” del progetto CASE, dalle 11,30, un seminario sul tema “Il mito di Celestino - Memoria e identità nei nuovi luoghi”, prolegomeni alla presentazione. Lunedì alle 18 alla Carispaq di Via Strinella, del volume del nostro Angelo De Nicola: “Il Mito di Celestino”, edito da One Group, di cui lo stesso prelato ha curato la prefazione dal titolo più che esplicito: “Un mite pericoloso”. Alla presentazione del libro, oltrea all’Autore, apprezzato giornalista e saggista aquilano, saranno presenti, l’editore Francesca Pompa, lo scrittore Vincenzo Battista, Mons. Giuseppe Molinari, Vescovo metropolita dell’Aquila, Lia Giancristofaro - Antropologo Università di Chieti (autore della prefazione dal titolo “Il mito delle spoglie”) e Antonio Grano - Sociologo e scrittore (autore della prefazione dal titolo “Il mito dell’Eremita”). Coordinerà i lavori Padre Ciro Benedettini - Vice Direttore della Sala stampa della Santa Sede.

«Figura complessa quella di Celestino, che, nel grande dramma tra Ecclesia spiritualis e Ecclesia carnalis è una breve apparizione, ma così rivelatrice, che ne è quasi simbolo. Al punto che, nelle diverse ricostruzioni, il vecchio eremita del Morrone non riesce ad avere una sua fisionomia propria neppure quando il conclave di Perugia (1294) lo elegge con sorpresa di molti dopo una sede vacante durata ventisette mesi». Sono le riflessioni con le quali Arsenio Frugoni, uno dei grandi maestri della medievistica italiana del Novecento, apriva il suo Celestiniana, pubblicato a Roma nel 1954 per i tipi del glorioso Istituto Storico Italiano per il Medio Evo.

Il filone profetico del Papa angelico ha nella figura di Celestino un punto di partenza che si proietta nel futuro, attraversa il Trecento, influenza Cola di Rienzo, che ne è venuto a conoscenza dagli eremiti della Maiella e ne diffonde il contenuto nella Boemia di Carlo IV, ma compare ancora in Savonarola, arriva persino a Nostradamus e alla fine del Cinquecento allo pseudo-Malachia. Se Dante, anche per motivi personali, condanna la rinuncia di Celestino come atto di viltà, Petrarca nella sua difesa della vita solitaria lo esalta come gesto di suprema libertà evangelica.

Ma Celestino continua a essere sino a tutto il Novecento il simbolo di una Chiesa diversa, profetica, non mondana ma tutta religiosa: dalle Lettere agli uomini di papa Celestino VI (1946) in cui si trasfonde tutto lo slancio profetico e apocalittico dell’ultimo Papini, a “L’avventura di un povero cristiano” (1968), l’estremo libro dell’abruzzese Ignazio Silone. Ormai però Celestino è divenuto uno schermo bianco sul quale proiettare i propri desideri e le proprie aspirazioni: il mito ha divorato la storia, per molti versi l’ha piegata, strumentalizzata, contraffatta.

Leggendo il bel saggio di De Nicola, si scoprirà che Celestino e Bonifacio non sono in realtà araldi di Chiese diverse, così come Pietro del Morrone non è né l’ingenuo vegliardo catapultato in scenari troppo grandi per lui né l’intrepido riformatore impedito dall’apparato mondano di una Curia tutta terrena. Sarà Bonifacio VIII, quel Papa Caetani che aveva dovuto evitare la strumentalizzazione della figura del predecessore a fini scismatici, a celebrare a Roma la sua messa funebre.

L’avventura reale di quel “povero cristiano” che fu Celestino V è molto più bella del mito che l’ha voluto alterare: in definitiva quella di un outsider uscito dalle pieghe tenaci e profonde della millenaria storia religiosa e monastica italiana, una figura che sembra balzar fuori dalle pagine dei Dialogi di Gregorio Magno e che può vivere alla fine del VI secolo come nel cuore del XIII perché, nell’uno come nell’altro, animata dalla stessa ansia divorante e irrequieta della ricerca di Dio.

Forse, ascoltando D’Ercole e la presentazione del libro e poi leggendolo il saggio di de Nicola, scopriremo che è semplicistica l’affermazione che vuole che la Chiesa tutta politica e mondana di Bonifacio si contrapponga la presunta Chiesa spirituale di Celestino. E a Celestino - già nel 1295-1296 da parte del domenicano provenzale Robert d’Uzès - si applicano le profezie relative a un Papa angelico; esse ancora una volta sono riconducibili a gruppi di spirituali italiani protetti da Celestino, vettori in Occidente di vaticini greci attribuiti all’imperatore Leone il Saggio che, nella traduzione latina, trasferiscono a un Papa le caratteristiche di un sovrano degli ultimi tempi, fautore del diritto e della giustizia.




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