AMITERNUM, PATRIA DI SALLUSTIO PATRIMONIO DEL MONDO OCCIDENTALE
di Amedeo Esposito
DA "BELL'ITALIA" NOVEMBRE 1999
Amiternum, terra natia di Caio Crispo Sallustio (86/35 a.C.), citata nell’Encyclopédie di Diderot ma scarsamente in quelle italiane correnti, non ha avuto e non ha la notorietà che meriterebbe per il suo essere stata - secondo Catone - culla e primo centro (IV sec. a.C.) di diffusione dei Sabini. Forse anche perchè la sua anima romana, dai primi del XIII sec., aleggia entro le mura della civitas nova: L’Aquila (vedi Bell’Italia-speciale L’Aquila, numero 24 1996) che fu anch’essa una delle grandi imprese, fra quelle europee, del medioevo.
Costruita, con ogni probabilità, sul sito ideale della demarcazione tra le comunità preromane dei Sabini e dei Vestini, L’Aquila vanta, nella sua sette volte storia moderna, d’essere appunto l’erede della patria di Sallustio, alla quale fa forse velo per averla inglobata - ormai quasi quartiere periferico - col nome odierno di S.Vittorino.
Amiternum (nome derivato dal fiume Aterno che da sempre ne attraversa l’abitato pur sepolto ormai da secoli) fu città, della Sabina orientale, senza mura, organizzata in pagi, aree territoriali entro cui gravitavano uno o più villaggi o vici. Sede originaria - secondo Strabone - dei Sabini ai quali le ”fonti antiche” riconoscono la primogenitura di tutti i popoli sabellici, dai Piceni ai Sanniti, che si sarebbero staccati dai primi in seguito al rito vero sacrum (primavera sacra). Divenne città romana (293 a.C.) quale civitas sine suffragio (senza diritto di voto), tramutata in cittadinanza piena (Optimo iure) nel II secolo quando venne aggregata alla tribù Quirina. Rimase semplice prefettura, governata da octoviri, per divenire municipio nell’età augustea. Cerniera tra il Tirreno e l’Adriatico, ebbe culti locali importanti come quelli di Feronia, di Ercole e di Fortuna. Il suo territorio fu attraversato (211 a.C.) da Annibale e dal suo esercito nella marcia verso Roma. Visse la sua massima fioritura nell’età imperiale - come dicono le numerosissime fonti epigrafiche e archeologiche di cui si dispone - testimoniate dai grandi interventi nell’edilizia pubblica e nelle opere viarie fra cui la costruzione della Claudia Nova.
Dall’iniziale oppidum del colle S.Vittorino, conquistato dai romani nel 293, nel corso della tarda repubblica, e soprattutto all’inizio dell’impero, con la progressiva urbanizzazione dell’abitato, il centro si spostò ai piedi del colle, verso la valle dell’Aterno, dove si conservano notevoli monumenti, quali il teatro e l’anfiteatro, riportati alla luce alla fine del secolo scorso. Il foro era situato a sud dell’Aterno, come prova il rinvenimento dell’importante calendario conservato nel Museo dell’Aquila (vedi Bell’Italia numero 52 febbraio 1990).
A destra del fiume era situato un edificio termale. In due tombe di età tardorepubblicana sono stati trovati due letti funebri ellenistici in bronzo: uno esposto ora nel Museo dei Conservatori in Roma e l’altro in quello di Chieti (vedi Bell’Italia numero 80 dicembre 1992). Mentre il teatro (per 2000 posti) è situato al centro di Amiternum, in località Ara di Saturno (cavea del diametro di 80 m. e scena di circa 57 m. del tipo ad esedre rettangolari, al centro ed ai lati); l’anfiteatro (6000 spettatori) si trova al margine della città, nella riva destra dell’Aterno.
Quel che resta di Amiternum però va riportato alla luce prima che sia troppo tardi, poiché sulla piana amiternina incombe una spinta urbanizzazione - che potrebbe seppellire definitivamente la città romana - a servizio delle già realizzate grandi strutture (ospedaliere, universitarie, scolastiche, aeroportuali etc.).
Mentre si sa che quei resti sono ”vivi ” per la Chiesa di Roma e particolarmente significativi per la comunità accademica internazionale.
Per la prima, Amiternum - che fu diocesi fino al 970-974 quando decadde - come Micea e Calcedonia e tantissime chiese dell’età romana ormai scomparse, è ”sede titolare” di arcivescovo che ne ha solo il titolo, ma conserva privilegi e onori dell’ordine episcopale. L’attuale Arcivescovo titolare è monsignor Agostino Cacciavillan, presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica.
Per la comunità accademica internazionale, la città romana interessa soprattutto l’intero mondo culturale occidentale perchè con la conoscenza certa di essa si può più e meglio valutare la millenaria opera sallustiana. Perfino Dante - dicono - genio universale, si comprende meglio attraverso la sua Firenze.
È tempo allora, come avvenuto per altri grandi latini (Ovidio, Cicerone e Virgilio) che anche il ”Primus romano Crispus in historia” si identifichi con S.Vittorino dell’Aquila. Non è un caso per questo se la ”città erede”, eternandolo in un monumento, realizzato ai primi del Novecento da Cesare Zocchi - l’autore anche di quello notissimo a Dante Alighieri di Trento - abbia inteso confermare che l’Uomo di Amiternum è nei secoli, aere perennius, uno dei pilastri della civiltà occidentale, finché sarà civiltà.
DA "BELL'ITALIA" NOVEMBRE 1999
Amiternum, terra natia di Caio Crispo Sallustio (86/35 a.C.), citata nell’Encyclopédie di Diderot ma scarsamente in quelle italiane correnti, non ha avuto e non ha la notorietà che meriterebbe per il suo essere stata - secondo Catone - culla e primo centro (IV sec. a.C.) di diffusione dei Sabini. Forse anche perchè la sua anima romana, dai primi del XIII sec., aleggia entro le mura della civitas nova: L’Aquila (vedi Bell’Italia-speciale L’Aquila, numero 24 1996) che fu anch’essa una delle grandi imprese, fra quelle europee, del medioevo.
Costruita, con ogni probabilità, sul sito ideale della demarcazione tra le comunità preromane dei Sabini e dei Vestini, L’Aquila vanta, nella sua sette volte storia moderna, d’essere appunto l’erede della patria di Sallustio, alla quale fa forse velo per averla inglobata - ormai quasi quartiere periferico - col nome odierno di S.Vittorino.
Amiternum (nome derivato dal fiume Aterno che da sempre ne attraversa l’abitato pur sepolto ormai da secoli) fu città, della Sabina orientale, senza mura, organizzata in pagi, aree territoriali entro cui gravitavano uno o più villaggi o vici. Sede originaria - secondo Strabone - dei Sabini ai quali le ”fonti antiche” riconoscono la primogenitura di tutti i popoli sabellici, dai Piceni ai Sanniti, che si sarebbero staccati dai primi in seguito al rito vero sacrum (primavera sacra). Divenne città romana (293 a.C.) quale civitas sine suffragio (senza diritto di voto), tramutata in cittadinanza piena (Optimo iure) nel II secolo quando venne aggregata alla tribù Quirina. Rimase semplice prefettura, governata da octoviri, per divenire municipio nell’età augustea. Cerniera tra il Tirreno e l’Adriatico, ebbe culti locali importanti come quelli di Feronia, di Ercole e di Fortuna. Il suo territorio fu attraversato (211 a.C.) da Annibale e dal suo esercito nella marcia verso Roma. Visse la sua massima fioritura nell’età imperiale - come dicono le numerosissime fonti epigrafiche e archeologiche di cui si dispone - testimoniate dai grandi interventi nell’edilizia pubblica e nelle opere viarie fra cui la costruzione della Claudia Nova.
Dall’iniziale oppidum del colle S.Vittorino, conquistato dai romani nel 293, nel corso della tarda repubblica, e soprattutto all’inizio dell’impero, con la progressiva urbanizzazione dell’abitato, il centro si spostò ai piedi del colle, verso la valle dell’Aterno, dove si conservano notevoli monumenti, quali il teatro e l’anfiteatro, riportati alla luce alla fine del secolo scorso. Il foro era situato a sud dell’Aterno, come prova il rinvenimento dell’importante calendario conservato nel Museo dell’Aquila (vedi Bell’Italia numero 52 febbraio 1990).
A destra del fiume era situato un edificio termale. In due tombe di età tardorepubblicana sono stati trovati due letti funebri ellenistici in bronzo: uno esposto ora nel Museo dei Conservatori in Roma e l’altro in quello di Chieti (vedi Bell’Italia numero 80 dicembre 1992). Mentre il teatro (per 2000 posti) è situato al centro di Amiternum, in località Ara di Saturno (cavea del diametro di 80 m. e scena di circa 57 m. del tipo ad esedre rettangolari, al centro ed ai lati); l’anfiteatro (6000 spettatori) si trova al margine della città, nella riva destra dell’Aterno.
Quel che resta di Amiternum però va riportato alla luce prima che sia troppo tardi, poiché sulla piana amiternina incombe una spinta urbanizzazione - che potrebbe seppellire definitivamente la città romana - a servizio delle già realizzate grandi strutture (ospedaliere, universitarie, scolastiche, aeroportuali etc.).
Mentre si sa che quei resti sono ”vivi ” per la Chiesa di Roma e particolarmente significativi per la comunità accademica internazionale.
Per la prima, Amiternum - che fu diocesi fino al 970-974 quando decadde - come Micea e Calcedonia e tantissime chiese dell’età romana ormai scomparse, è ”sede titolare” di arcivescovo che ne ha solo il titolo, ma conserva privilegi e onori dell’ordine episcopale. L’attuale Arcivescovo titolare è monsignor Agostino Cacciavillan, presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica.
Per la comunità accademica internazionale, la città romana interessa soprattutto l’intero mondo culturale occidentale perchè con la conoscenza certa di essa si può più e meglio valutare la millenaria opera sallustiana. Perfino Dante - dicono - genio universale, si comprende meglio attraverso la sua Firenze.
È tempo allora, come avvenuto per altri grandi latini (Ovidio, Cicerone e Virgilio) che anche il ”Primus romano Crispus in historia” si identifichi con S.Vittorino dell’Aquila. Non è un caso per questo se la ”città erede”, eternandolo in un monumento, realizzato ai primi del Novecento da Cesare Zocchi - l’autore anche di quello notissimo a Dante Alighieri di Trento - abbia inteso confermare che l’Uomo di Amiternum è nei secoli, aere perennius, uno dei pilastri della civiltà occidentale, finché sarà civiltà.