L’AQUILA, UNA POESIA di Elio Peretti
Dal libro ”Le piazze aquilane” (L’Aquila 1997, Edizioni Libreria Colacchi)
L'Aquila
Vasto Marina, 21 Agosto 1997
Elio Peretti
L'Aquila
L'anima tua sapora balsamo,
il vento scarmiglia le vie,
turbina le piazze,
e lo sdrucciolo modula
la voce sfrontata della strina
che cede al soffio e diventa armonia,
fredda e soave!
Ti seguii come poeta ottocentesco,
cantavo la mia romanza amara,
svanisti all’amore dolorante
fuggendo per le coste calanti
a Capopiazza!
T’amo ancora, ma non voglio adularti
come messere assai cortese
e tu, Aquila immota e fiera
non sei una cortigiana.
Sei spedita se ferisci di gelo,
feroce se mordi di rabbia te stessa,
ma te stessa risani all’ombra claustrale
dell’anima tua:
ampia se s’apre verso il filo
dei monti a corona,
piccina, costretta nella cinta di sasso.
Deve filosofare chi sceglie di darti devozione!
Non tutti respirano la dottrina dei silenzi:
si può amare un cantone baciato dal sole febbraiolo,
si può l'anima modellare alle sette della sera,
se il rosso si ravviva a Collemaggio,
profuso dalla luce di ponente.
A mezzogiorno, se batte il raggio
sopra la conca di un ramaio scuro,
può rinnovarsi lo strale dentro il petto,
per seguitare sinfonie di bronzi e d’acqua
nella notte viola
e fissare lucciconi sul cielo
soffiato da un vetraio d’arte
sopra il Cornomonte.
Deve filosofare chi ti dona devozione
e guardarti con cento occhi d’Argo,
per carezzare il mirabile del bello.
Aquila, umile di scene grandi,
ogni palazzo mortifica la faccia,
ma è palazzo d’oro come tempio di Benares,
castigato da vicoli bambini.
Conservi il vanto
d’esser nata moderna
per l’estro vigoroso di Corrado.
Le canalette d’acqua,
il Celeste Romito, maestro di Perdono,
e nove Martiri ragazzi
fissano l’erubescente arazzo
della Storia tua:
il vescovo Carlo ti nominò
”Aquila Santa”!
il vento scarmiglia le vie,
turbina le piazze,
e lo sdrucciolo modula
la voce sfrontata della strina
che cede al soffio e diventa armonia,
fredda e soave!
Ti seguii come poeta ottocentesco,
cantavo la mia romanza amara,
svanisti all’amore dolorante
fuggendo per le coste calanti
a Capopiazza!
T’amo ancora, ma non voglio adularti
come messere assai cortese
e tu, Aquila immota e fiera
non sei una cortigiana.
Sei spedita se ferisci di gelo,
feroce se mordi di rabbia te stessa,
ma te stessa risani all’ombra claustrale
dell’anima tua:
ampia se s’apre verso il filo
dei monti a corona,
piccina, costretta nella cinta di sasso.
Deve filosofare chi sceglie di darti devozione!
Non tutti respirano la dottrina dei silenzi:
si può amare un cantone baciato dal sole febbraiolo,
si può l'anima modellare alle sette della sera,
se il rosso si ravviva a Collemaggio,
profuso dalla luce di ponente.
A mezzogiorno, se batte il raggio
sopra la conca di un ramaio scuro,
può rinnovarsi lo strale dentro il petto,
per seguitare sinfonie di bronzi e d’acqua
nella notte viola
e fissare lucciconi sul cielo
soffiato da un vetraio d’arte
sopra il Cornomonte.
Deve filosofare chi ti dona devozione
e guardarti con cento occhi d’Argo,
per carezzare il mirabile del bello.
Aquila, umile di scene grandi,
ogni palazzo mortifica la faccia,
ma è palazzo d’oro come tempio di Benares,
castigato da vicoli bambini.
Conservi il vanto
d’esser nata moderna
per l’estro vigoroso di Corrado.
Le canalette d’acqua,
il Celeste Romito, maestro di Perdono,
e nove Martiri ragazzi
fissano l’erubescente arazzo
della Storia tua:
il vescovo Carlo ti nominò
”Aquila Santa”!
Vasto Marina, 21 Agosto 1997
Elio Peretti