Dentro gli Orrori e gli Errori di Due Anni Infernali
Intervista ad Angelo De Nicola per IAM Informazione e Ambiente
Aprile 2011, Anno VI n. 2
di Francesco De Luca
Angelo De Nicola è un giornalista de II Messaggero di L'Aquila. Come molti aquilani il terremoto l'ha vissuto sulla propria pelle. La casa gli è crollata addosso, per un niente è riuscito a salvare la propria vita e quella dei suoi familiari. Per lui la rinascita della città sarà una questione molto complessa, malgrado le buone intenzioni di tutti e la naturale predisposizione a rimboccarsi le maniche da parte degli abruzzesi.
"Eravamo terremotati anche prima del 6 aprile come spinta civica - dice -il sisma si è inserito nel tessuto sfilacciato della città colpendo l'identità di un popolo. E oggi senza questo centro storico, uno tra i primi in Italia per bellezza e importanza, la città non c'è".
Per De Nicola, che da cronista ha raccolto nel tempo gli umori dei propri concittadini, la città ha perso ulteriormente la propria anima nel momento in cui si è deciso di realizzare 19 insediamenti per sistemare gli sfollati: "E' stato un errore madornale: sono 19 ghetti completamente scollegati dal contesto. Non esiste più un punto di aggregazione, tutti sono sparpagliati, non si fanno più attività ricreative o di aggregazione".
In più c'è il problema che L'Aquila è una città con un'età media avanzata, gli anziani sono molti e comunque buona parte dei cittadini ancora non è riuscita a riprendersi: "Siamo praticamente "sismolesi" e cioè malati - conferma De Nicola-. Anche io lo sono. Noi aquilani non parliamo che di terremoto, non riusciamo a guardare oltre ciò che è successo, chi ha avuto lutti difficilmente li supera. Quello che mi rimprovero è di essere stato molto superficiale, sia per me che per la mia famiglia. Io in quel momento dormivo: non avevo tenuto in giusta considerazione, come molti, lo sciame sismico che in qualche modo ci stava avvisando".
Un'analisi lucida e critica che non risparmia neanche le istituzioni locali: "Non hanno allertato niente - conclude - e l'allerta ha un costo sociale pari a zero. Bastava leggersi due libri di storia per capire che le avvisaglie erano identiche a quelle del 1703 quando la città venne rasa al suolo da un altro terremoto. C'è una responsabilità morale di morti che andavano evitate: se la "Casa dello studente" fosse stata evacuata, invece di rassicurare inutilmente, tutti quei giovani sarebbero ancora vivi".
Uno sconforto che in parte ha contagiato anche i Vigili del fuoco che, dopo aver avuto un ruolo fondamentale nella messa in sicurezza delle vie cittadine, stanno lentamente uscendo di scena: "Eppure - ci confida uno di loro nativo proprio dì L'Aquila - mi sarebbe piaciuto che andando via noi ci fosse un'attività di ricostruzione più importante e ragionata. Abbiamo puntellato praticamente tutto, anche cose che andavano e andranno demolite. Ma nessuno si è preso responsabilità".
Aprile 2011, Anno VI n. 2
di Francesco De Luca
Angelo De Nicola è un giornalista de II Messaggero di L'Aquila. Come molti aquilani il terremoto l'ha vissuto sulla propria pelle. La casa gli è crollata addosso, per un niente è riuscito a salvare la propria vita e quella dei suoi familiari. Per lui la rinascita della città sarà una questione molto complessa, malgrado le buone intenzioni di tutti e la naturale predisposizione a rimboccarsi le maniche da parte degli abruzzesi.
"Eravamo terremotati anche prima del 6 aprile come spinta civica - dice -il sisma si è inserito nel tessuto sfilacciato della città colpendo l'identità di un popolo. E oggi senza questo centro storico, uno tra i primi in Italia per bellezza e importanza, la città non c'è".
Per De Nicola, che da cronista ha raccolto nel tempo gli umori dei propri concittadini, la città ha perso ulteriormente la propria anima nel momento in cui si è deciso di realizzare 19 insediamenti per sistemare gli sfollati: "E' stato un errore madornale: sono 19 ghetti completamente scollegati dal contesto. Non esiste più un punto di aggregazione, tutti sono sparpagliati, non si fanno più attività ricreative o di aggregazione".
In più c'è il problema che L'Aquila è una città con un'età media avanzata, gli anziani sono molti e comunque buona parte dei cittadini ancora non è riuscita a riprendersi: "Siamo praticamente "sismolesi" e cioè malati - conferma De Nicola-. Anche io lo sono. Noi aquilani non parliamo che di terremoto, non riusciamo a guardare oltre ciò che è successo, chi ha avuto lutti difficilmente li supera. Quello che mi rimprovero è di essere stato molto superficiale, sia per me che per la mia famiglia. Io in quel momento dormivo: non avevo tenuto in giusta considerazione, come molti, lo sciame sismico che in qualche modo ci stava avvisando".
Un'analisi lucida e critica che non risparmia neanche le istituzioni locali: "Non hanno allertato niente - conclude - e l'allerta ha un costo sociale pari a zero. Bastava leggersi due libri di storia per capire che le avvisaglie erano identiche a quelle del 1703 quando la città venne rasa al suolo da un altro terremoto. C'è una responsabilità morale di morti che andavano evitate: se la "Casa dello studente" fosse stata evacuata, invece di rassicurare inutilmente, tutti quei giovani sarebbero ancora vivi".
Uno sconforto che in parte ha contagiato anche i Vigili del fuoco che, dopo aver avuto un ruolo fondamentale nella messa in sicurezza delle vie cittadine, stanno lentamente uscendo di scena: "Eppure - ci confida uno di loro nativo proprio dì L'Aquila - mi sarebbe piaciuto che andando via noi ci fosse un'attività di ricostruzione più importante e ragionata. Abbiamo puntellato praticamente tutto, anche cose che andavano e andranno demolite. Ma nessuno si è preso responsabilità".