Il rumore del chiudersi con un fragoroso scatto improvviso della porta della chiesa li fece sobbalzare.
«Ha visto entrare qualcuno?» chiese il signor Giacomo.
«No».
«Con la coda dell’occhio m’è sembrato di vedere una persona».
«Forse era il parroco».
«Lo aveva avvertito che saremmo venuti?».
«No. Lei mi dice sempre di non far cenno a nessuno dei nostri movimenti. In ogni caso non ne avrei avuto il tempo». …
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 13
«“Cardine su volo”…Ancora la parola “volo”. Abbiamo capito che ce l’hanno in testa ben fissa, quest’idea. L’avevamo già capito anche dopo l’Undici Settembre. sovrintendente, stavolta che significa la frase del quarto messaggio? E che significa questo numero, “0712”? Perché questo computer ci mette così tanto…».
«È la linea. Connessione impossibile… Aggiorna… Niente da fare… No, ecco, ecco. Ecco la “home page”. Trenta secondi e sono pronto». ..
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 12
«Chi ha la disponibilità delle chiavi del forziere?» chiese il signor Giacomo al sovrintendente davanti all’uscio della “cappella” scavata nel retro della Torre civica, con ingresso blindato al primo piano del Municipio. Un locale dove, nel Medioevo, i condannati a morte trascorrevano la loro ultima notte prima di essere “esposti” in una gabbia appesa alla torre. Anche per questo motivo, la “cappella”, trasformata da luogo di morte in luogo di pace, emanava un’atmosfera suggestiva. ..
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 11
La facciata del Municipio, a quattro giorni dall’evento ed a poche ore dall’avvio dei festeggiamenti, ancora più solenni per questa edizione papale, era stata addobbata con gli stendardi degli antichi Quarti cittadini. Quattro code di stelle comete multicolori sventolanti dal tetto fino a terra. Un gruppo di persone confabulavano animatamente ai piedi della Torre civica, nei pressi dell’ingresso del Palazzo di città. Col naso all’insù, sembrava stessero prendendo delle misure. E si sbracciavano nel cercare di imporre, ognuno, le proprie ragioni. …
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 10
Il Codice celestiniano non si trovava più negli scaffali della Biblioteca del Museo nazionale. Visto l’interesse che aveva suscitato negli studiosi, era stato esposto nella nuova sezione denominata “Oreficeria e tessuti”. Una sistemazione, comunque, provvisoria (visto che la Curia aveva presentato una richiesta affinché le venisse restituito l’oggetto che, d’altra parte, le apparteneva) ricavata all’interno della galleria dedicata all’arte sacra. Da questa, situata al secondo piano del Museo, attraverso una scala si raggiungeva il locale dove, in bella evidenza, s’era deciso di collocare il manoscritto non solo per la preziosità artistica e storica del tessuto, appunto, col quale era stata rivestita la copertina in legno, ma anche per la possibilità di sfruttare un’esposizione più moderna. …
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 9
«…“È costituito da 173 carte pergamenacee numerate con lettere romane che giungono sino a CLXXI e, in parte, con cifre arabiche imposte in epoca recente sulla parte centrale alta di ciascun foglio. È legato con assicelle di legno, di cui sono andate perdute quelle che componevano la parte anteriore ed è ricoperto con un antico tessuto a trama verde, oro e rosa, il medesimo di cui è costituita la tomaia delle pantofole indossate dalle sacre spoglie di Celestino V”». ..
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 7
Di genziana ne andò via il solito mezzo litro e oltre; ma, almeno stavolta, in due. Tutto il tempo della cena, su un tavolo alla fratina proprio fuori la porta della trattoria ai piedi della scalinata della basilica di San Bernardino, parlarono soltanto di quella targa, di San Escrivà, dell’Opus Dei. Senza giungere, però, ad alcuna conclusione. Infine, si lasciarono senza scambiarsi la buonanotte: per entrambi sarebbe stata una nottata di pensieri e riflessioni, a meno di cinque giorni dalla “fine del mondo”.
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 6
Studiarono e ristudiarono quella frase tutto il giorno, invano. D’altra parte il signor Giacomo non volle, forse anche per orgoglio oltre che per restare fedele alla strategia di riservatezza da lui stesso pianificata, chiedere aiuto a quei colleghi dell’Intelligence spesso costretti ad occuparsi di rompicapi di tal fatta. A sera, esausti, il signor Giacomo ed il sovrintendente, s’arresero.
«Antipasto “De Contreras” e un assaggio di puntarelle?».
«No, basta. Vorrei andare a casa, almeno stasera».
«A casa? Qui, se non sciogliamo questo rebus, a casa ci andremo noi. Io e lei, sovrintendente. Se lo ficchi bene in testa».
«Abbiamo girato e rigirato questo foglio un milione di volte. Non ho proprio idea».
«Rigirato…E se lo mettessimo davanti a uno specchio?». …
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 4
Era in città ormai da più di un mese. Mai una pausa. Mai tradito da un’emozione (una moglie, un figlio, una donna, una madre) anche se, a sera, aveva avuto il tempo di familiarizzare con gli “antipasti De Contreras” (lo colpì subito quel nome che, come scoprì domandandolo all’oste della trattoria preferita, era stato inventato in onore di un altro capitano di ventura, uno spagnolo), le puntarelle e alici, la zampanella, gli gnocchi allo zafferano, la minestra di farro, gli strozzapreti alla contadina e, soprattutto, con una genziana tanto amara per la lingua quanto dal piacevole effetto digestivo una volta precipitata nello stomaco. Al mattino, almeno un “orzo cream”, a intervallare i due caffè canonici. Cui s’aggiungevano, nel primo e nel tardo pomeriggio, almeno due moca autoprodotte dalle segretarie dell’Ufficio di Gabinetto del sindaco…
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 2
«Il mio nome è Bond, James Bond… Che differenza fa se mi chiamo Giovanni o Giuseppe? Il prefetto e il questore, nel preannunciarmi, le hanno fatto il mio nome? No. E allora chiuso il discorso. Mi chiami come vuole. Mi chiami Sir James, signor Giacomo per gli amici».
Il sindaco aveva fiutato giusto. Un guaio, un guaio grosso così, s’era abbattuto sul Municipio. Il “signor Giacomo” era seduto di fronte a lui. Insignificante, a guardarlo bene. Lo “007” del quale gli era stata annunciata la visita, se l’era immaginato somigliante, almeno vagamente, a Sean Connery…