A Celano quinta replica dello spettacolo
“Dante e l’inferno aquilano”: il duetto con Franco Narducci (video dell’evento)
La mia partecipazione alla trasmissione del 17 novembre “Aquilani” condotta da Carlo Gizzi su LAqTv
Un duetto con Franco Narducci per la 15.ma presentazione dall’uscita del libro
COMUNICATO STAMPA
L’Associazione Artistico-Culturale “Il Cielo Capovolto” e la Libreria Maccarrone di Roberto Maccarrone, con il patrocinio del Comune di L’Aquila, organizzano un incontro con gli autori Franco Narducci e Angelo De Nicola.
Gli autori “duetteranno” su Dante e l’inferno aquilano, basandosi sui rispettivi testi: “La Commèddia de Dande” di Franco Narducci e “Dante, Silone e la Perdonanza” di Angelo De Nicola.
L’evento sarà moderato dallo scrittore aquilano Stefano Carnicelli. Interverranno Francesca Pompa (One Group Edizioni) e il Prof. Massimo Pasqualone.
Le letture saranno curate da Sabrina Giangrande.
L’appuntamento è per mercoledì 24 novembre alle ore 18,00 presso l’Auditorium del Parco (Renzo Piano), loc. Fontana Luminosa.
“Ci aspettiamo un incontro interessante e sicuramente brillante”, sostengono gli organizzatori, “in considerazione dello spessore umano e culturale dei due autori”.
All’Università della Terza Età dell’Aquila la 14.ma presentazione dall’uscita del libro
LA PERDONANZA TRA DANTE E CELESTINO
Il servzio sul Tg3 Rai Abruzzo di Alberto Orsini
La 727.ma Perdonanza: da maxisagra a Sanremo ma manca il “messaggio”
La mia analisi sul Messaggero di oggi:
Al netto dei gusti personali (giustamente variegati), dei giudizi dei soliti “tromboni” nullafacenti ma tuttocapenti e delle stucchevoli polemiche da caciara politica (stranamente spesso coincidenti se a governare è il centrodestra o il centrosinistra), proviamo a fare un’analisi (con relativa “pagella”, tradizione del Messaggero) della 727.ma Perdonanza.
LA SAGA DEI BIGLIETTI
Le cose devono funzionare. Chi scrive voleva prenotare tre biglietti per il concerto di ieri sera. Non ci è riuscito dovendo anche sopportare anche una serie di beffe e controbeffe di un meccanismo assurdo. Il sistema di prenotazione è stato ridicolo, non funzionando dal primo giorno. Perchè? Di chi la responsabilità? Lo si pagherà ugualmente?
Voto 2 meno meno
IL TEATRO DEL PERDONO
Nelle 38 edizioni della “Perdonanza Moderna” è antica e mai risolta la diatriba di quale sia lo scenario del “fate festa” (la frase usata da Papa Celestino V). Lo scenario è Collemaggio ma certo la conformazione naturale della Scalinata di San Bernardino fanno di quest’ultima un luogo cardine. Al di là del fatto che entrambe sono senza parcheggi (le maledizioni dei tanti turisti forse sono arrivate anche ai piani alti di palazzo Fibbioni…), a Collemaggio sono elevatissimi i rischi di andare a intaccare (come è successo quest’anno: le critiche al “contropalco” all’inizio del prato sono state feroci e univoche) il meraviglioso skyline della facciata ma anche l’agibilità delle 24 ore clou, religiose e non solo, dell’apertura e chiusura della Porta Santa. Si dirà: c’è il Covid. E’ vero. Ma è anche vero che la città non ha uno spazio attrezzato per maxi-eventi nè sta facendo nulla per dotarsene. In sostanza: ha senso spendere 800 mila (o-t-t-o-c-e-n-t-o-m-i-l-a) euro per fare concerti in una aia di paese da 2.000 posti?
Voto 5 meno meno
SPETTACOLI
“La Perdonanza come Sanremo” è stata da un lato la critica e dall’altra l’esaltazione nei confronti di un programma (varato tardissimo, come da tradizione) ma al top. Il maestro Leonardo De Amicis è risorsa eccezionale: con lui il top è garantito. Ma, paradossalmente, rischia di essere un boomerang perchè questo aspetto fa ancora di più risaltare l’inadeguatezza dell’aspetto del “messaggio”. In sostanza: con De Amicis ora siamo al sicuro (e non è poco) ma tale aspetto non è nè può essere “la” Perdonanza.
Voto 7 e mezzo
IL MESSAGGIO
Qui cade l’asino! Se si chiede a un aquilano (e a maggior ragione a un turista) quale sia stato il filo conduttore di questa edizione, la risposta è «non saprei». Non c’è stato. Non lo si è pensato. E purtroppo è la seconda edizione targata Unesco. Sì, c’è stato e c’è il Covid. Ma senza progettazione e programmazione è un disastro. Senza un organismo fisso che tecnicamente pensi, oggi, 31 agosto, la Perdonanza dell’anno prossimo (quando, peraltro ci saranno anche le elezioni comunali), non ci siamo. A maggior ragione se, come tutti speriamo, l’anno prossimo verrà Papa Francesco ad aprire, primo Pontefice della Storia a farlo, la Porta Santa. Anche la Curia è stata carente: nessun approfondimento, nessuna idea, nessun contributo. Il compitino. Chi scrive aveva detto (anche per interesse proprio, ovviamente interesse intellettuale), al sindaco Biondi, un anno fa, che si sarebbe potuto sfruttare il Settecentenario della morte (14 settembre) di Dante e una “rilettura” del testo di Ignazio Silone “L’avventura di un povero cristiano”. Restano le efficaci citazioni siloniane fatte nei discorsi ufficiali dello stesso primo cittadino e dal Cardinale Feroci.
Voto 4
Angelo De Nicola
© RIPRODUZIONE RISERVATA
FINALMENTE S’È CONVINTO ANCHE MONS. PETROCCHI
La mia analisi sul Messaggero di oggi
Dunque, anche il cardinale Petrocchi s’è convinto a invitare Papa Francesco a venire all’Aquila per aprire la Porta Santa di Collemaggio. Come si ricorderà, nel gennaio 2020 l’arcivescovo aquilano aveva ribadito pubblicamente che «quando partiranno i lavori della cattedrale di San Massimo inviterò il Papa a venire all’Aquila». Una dichiarazione che Petrocchi aveva già fatto il 28 agosto 2017, sul sagrato di Collemaggio, subito dopo l’apertura della Porta Santa e più volte l’aveva ripresa.
Un anno e mezzo fa, ci permettemmo di dichiarare il nostro disaccordo. Con tutto il rispetto per il cardinale e senza sottovalutare quanto sia importante la ricostruzione della Cattedrale dopo ben 12 anni, l’invito al Papa va fatto per aprire la Porta Santa. Questo chiedono, invocano, supplicano gli aquilani.
Il punto è nodale, soprattutto dopo il riconoscimento Unesco della Perdonanza. Ebbene, la Perdonanza (e, quindi, il messaggio di Celestino V) è stata certificata quale Patrimonio immateriale dell’umanità. Sarebbe assurdo e contraddittorio che il mondo la riconosce come tale e la Chiesa no, come peraltro è avvenuto fino a oggi visto che, in 727 anni dal quel 1294, nessun Papa, nessun Papa, è mai venuto ad aprire la Porta Santa. E’ arrivato il momento che si superi quell’imbarazzo. Soprattutto alla luce delle dimissioni di Papa Ratzinger, guarda caso l’unico Pontefice a passarci sotto: il “miracolo” purtroppo lo fece il sisma e il 28 aprile 2009, in pellegrinaggio nella città ferita, Benedetto XVI entrò a Collemaggio attraversando la Porta Santa eccezionalmente aperta fuori tempo per lui. Donò il suo pallio sulle spoglie di quel povero cristiano; l’anno dopo, a Sulmona, disse pure che «Celestino seppe agire secondo coraggio e in obbedienza a Dio», altro che “gran rifiuto per viltade”… Sappiamo, poi, come è andata.
Il nostro arcivescovo s’è convinto. Il tempo per la definitiva “riabilitazione” di quel “povero cristiano” di Celestino V è forse davvero arrivato.
Angelo De Nicola
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il libro “Dante, Silone e la Perdonanza”: la premessa dell’Autore
La Perdonanza Celestiniana è stata iscritta nel 2019 dall’Unesco nella lista del “Patrimonio Immateriale dell’Umanità”. Un riconoscimento, dopo tante traversie e qualche mortificazione di troppo legate all’imbarazzo che nei secoli (fino a Papa Benedetto XVI) hanno suscitato nella Chiesa le dimissioni di Papa Celestino V, che impone all’attenzione del mondo la manifestazione aquilana figlia del messaggio universale (cristiano, ma non solo) di quel “Ghandi del Duecento”, di quel Martin Luther King del Duecento, di quel “Crociato della Pace”, di quel “povero cristiano” che è l’Eremita del Morrone.
Ebbene, una festa laica (sembra paradossale ma è così: l’Unesco, essendo organismo multireligioso, non avrebbe mai dato tale riconoscimento al perdono cristiano) che ha due “padri”. E tra i più nobili. Ovvero, Dante Alighieri e Ignazio Silone.
Dante, di cui quest’anno ricorre il settecentenario della morte (1321-2021), per aver creato il “mito” di Celestino con quel benedetto-maledetto verso del Terzo Canto dell’Inferno sul “gran rifiuto”.
Silone, per aver rilanciato il “culto laico” di Celestino V facendone un eroe (altro che vile!), in quell’effervescente inizio della seconda metà del Novecento, concludendo, con la sua “Avventura di un povero cristiano”, una felicissima, irripetibile, unica, parabola di scrittore di caratura mondiale, inimmaginabile per quel ragazzino quindicenne che si salva, seppure con le “ossa rotte”, dalle macerie del terribile terremoto del 1915 della Marsica.
Al netto delle suggestive leggende (in primiis, che Dante abbia partecipato all’incoronazione dell’Eremita del Morrone all’Aquila nel 1294 e che Celestino V sia stato ammazzato dal suo successore, Bonifacio VIII) questa duplice paternità, nobile e laica, emerge prepotentemente dagli appassionati studi di una vita (sulla “Perdonanza moderna” rinata nel 1983 e sul mito di San Pietro l’Eremita) di un cronista per il quale, sempre in senso laico, la Festa del Perdono è identità civica e quel “Povero cristiano” è un faro morale.
Una tesi ardita e ambiziosa che queste sudate pagine sono chiamate a puntellare. Una tesi offerta a una città che, a dispetto di questa maledetta emergenza Covid (che speriamo passi in fretta), sta cercando di mettere a profitto una ricostruzione post sisma 2009 faticosa ma densa di speranze (“dov’era ma meglio di com’era”) e che, adesso, si trova al centro di una congiuntura favorevole irripetibile.
L’Unesco ha, infatti, concesso contemporaneamente il riconoscimento di “patrimonio immateriale dell’Umanità” non solo alla Perdonanza Celestiniana, ma anche alla Transumanza e all’Alpinismo. Per tutti e tre questi macro-temi, oggi all’attenzione del mondo, L’Aquila è baricentrica: la Perdonanza Celestiniana si tiene da 727 anni all’Aquila e ne è sua la identità; la Transumanza vede l’area del Gran Sasso, che per secoli ha prosperato grazie a questo grande sistema proto-industriale, come punto di partenza dei pastori transumanti; L’Aquila, infine, è la “Capitale degli Appennini” potendo vantare, appunto, il Gran Sasso, la vetta più alta della catena e la più a Sud d’Europa con i suoi quasi tremila metri di altitudine (2.914 m.s.l.).
Si tratta di un volàno unico per poter mettere finalmente in rete le emergenze artistico- storico- culturali della città e dell’intero Aquilano e produrre così un progetto complessivo di valorizzazione che sia anche occasione di sviluppo economico in un territorio che soffre spopolamento e crisi congiunturale ma che è anche pieno di “ricchezze” concentrate e inestimabili. L’Aquila può vantar di avere il sesto centro storico in Italia per numero di monumenti.
Con due “padri” simili, ora è la prole che deve dimostrarsi capace di essere all’altezza.
L’Aquila, giugno 2021
Angelo De Nicola