Dal citofono una voce gracchiante, come di bambina, chiese: ”Chi è?”.
«Pellegrini» rispose il sovrintendente che si stava spazientendo dopo la terza, lunga, scampanellata davanti al grande portone.
«Pellegrini un corno!- sbottò il signor Giacomo solo dopo essersi assicurato, avvicinando l’orecchio verso il campanello, che la cornetta del citofono fosse stata riattaccata-. Se, come pare, siamo al dunque, dovremo pur trovare una scusa. Chi siamo noi due?».
«Faccia fare a me. Quando si tratta di improvvisare tiro fuori sempre il meglio di me… Ah, buongiorno Sorella! Possiamo parlare con la Madre Superiora? Si ricorda di me? Sono quel giornalista che, tanti anni fa, s’è occupato del rapimento delle spoglie di Celestino… Venni qui in convento quando furono recuperate le Sacre Spoglie… Lui è un mio collega». …
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 15 (Parte Seconda)
«Non ricordavo che cicoria e patate fosse così buona» disse il signor Giacomo dopo essere salito a cavalcioni di uno dei due vetusti leoni in pietra posti all’ingresso, come a guardia, della chiesa di San Pietro.
«E’ la migliore del mondo, gliel’ho detto» rispose il sovrintendente accovacciato, sugli scalini tra i due leoni.
«Sempre uno splendido riflesso della luce, qui, in questa piazza».
«E tra le più belle del mondo, per me».
«Sta cercando di far salire le quotazioni del suo quartiere? Piuttosto, che dice la sua scheda sul monastero di San Basilio?».
«Allora… leggo: “Per risalire presumibilmente all’epoca della fondazione del monastero di San Basilio, dobbiamo riferirci ad alcune circostanze storiche. Si sa per certo che, già nel 496, esisteva in località ‘Villa di Acquili’ (il primo nucleo della futura città) un monastero femminile, intitolato a San Basilio, probabilmente fondato da Sant’Equizio, monaco molto noto per santità ed austerità di vita”…».
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 14 (Parte Seconda)
«Buono. Ottimo, questo caffè al torrone. Ma, per favore, mi spieghi! Tra due giorni torno a casa: non ho alcuna voglia di sprecare tutte le mie ferie appresso alle sue elucubrazioni!».
«La terzina dantesca in cui è inserita la parola monastero è:
“E tale ha già l’un piè dentro la fossa,
che tosto piangerà quel monastero,
e tristo fia d’avere avuta possa;”».
«E allora?».
«La parola chiave mi è sembrata “fossa”».
«E allora?».
«Lei non può sapere che a Fossa, piccolo comune a dieci chilometri dalla città, c’è un monastero, Sant’Angelo d’Ocre, col quale avevo subito fatto un collegamento». …
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 13 (Parte Seconda)
«Avrei dovuto pensarci subito. Ci sarei dovuto arrivare subito. Ed invece sono stato sulle mie sudate carte per giorni e giorni. Ma credo di essere arrivato a scoprire il nostro monastero. Venga, andiamo a fare un giro».
«Crede? Oh bella! Al telefono è stato categorico, altrimenti io non sarei ancora qui dopo aver, per giunta, chiesto altri due giorni di ferie- disse il signor Giacomo che stava aspettando il sovrintendente nella hall dell’albergo-. Ha tre giorni di tempo: oggi, domani e domenica: poi con me ha chiuso. Non ne posso più».
«Avevo la soluzione sotto il naso. Come ho fatto a non arrivarci subito».
«Suvvia, mi dica di quale monastero si tratta».
«Aspetti. Prima le devo parlare di un’altra scoperta. Si tratta del “gran rifiuto”!». …
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 12 (Parte Seconda)
«Monastero? Sovrintendente, possibile che a lei non è venuto in mente nulla?».
I due, la sera precedente, avevano discusso a lungo su quello strano, ultimo messaggio. Ma senza giungere ad alcuna conclusione. Si erano lasciati a tarda ora: «Vedrà- aveva pronosticato il signor Giacomo- domani mattina l’amica sua ci lascerà qualche altro indizio. Magari un’altra lettera presso la reception a me indirizzata…».
Niente. Rimasti a secco di “messaggi”, il sovrintendente decise di fare una lunga passeggiata «per schiarirsi le idee». Acquistati, in un piccolo alimentari del centro, due pezzi di focaccia all’olio per metterci in mezzo prosciutto crudo e fichi, ed una bottiglia di ottimo Montepulciano, il sovrintendente decise che sulla collina di Roio avrebbero ragionato meglio. «Andiamo sul nostro Calvario» ironizzò il signor Giacomo. …
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 11 (Parte Seconda)
«Una lettera? Per me? E da chi?».
Il signor Giacomo non riusciva a capacitarsi del fatto che una busta era stata lasciata non si sa da chi, come gli aveva più e più volte spiegato il portiere, sul bancone della reception dell’albergo. Una busta color avorio, chiusa, con una piccola striscia bianca di carta incollata sulla quale era scritto il suo nome e cognome.
«Nessuno sa che sono qui» andava ripetendosi il signor Giacomo. E come presagendo guai, quella busta non l’aveva aperta, girandola e rigirandola tra la mani mentre, sprofondato in una comoda poltrona della hall, aspettava il sovrintendente con il quale aveva appuntamento.
«Buongiorno sovrintendente… Alla buon’ora!».
«Che c’è, la vedo in agitazione, signor Giacomo. Porto sette minuti di ritardo: non credo sia per questo… lei non è mai puntuale!». …
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 10 (Parte Seconda)
«Che bello qui. Sembra di essere in Svizzera! Un pugno di case di pietra intorno ad una minuta chiesetta: una specie di presepe».
«Signor Giacomo, secondo lei Giovanni Paolo II andava a scegliersi un postaccio per le sue “scappatelle” in montagna?».
«Mi aveva accennato di questa storia del Papa polacco che amava una chiesetta…».
«Karol Wojtyla venne spessissimo qui in incognito, sostando in preghiera. Come è emerso, questo posto gli piaceva particolarmente. Quando si venne a sapere, gli furono ufficialmente donate le chiavi della chiesetta, nel frattempo risistemata, affinché potesse venire ogniqualvolta volesse».
«Davvero un bel posto. Anche se continuo a non trovare collegamenti con quanto a noi interessa. A meno che lei non abbia una delle sue schede miracolose dove trovare un qualche indizio…». …
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 9 (Parte Seconda)
«Questa carne alla brace è squisita».
«Signor Giacomo, mi dica quando non l’ho fatta mangiar bene?».
«In effetti, sotto questo profilo, lei è una garanzia: non sbaglia mai un colpo. Sarà l’altura, ma questo agnello è tenero come burro. La padrona della trattoria lo aveva decantato ma avevo pensato alla solita esagerazione dell’oste».
«Vedo che la scalata le ha scatenato l’appetito!».
«Lo spavento me l’aveva tolto completamente».
«Ma ne è valsa la pena!».
«Di sicuro. E non solo per la Croce. Mi ha colpito molto la chiesetta degli alpini a Campo Imperatore».
«Non a caso Giovanni Paolo II venne a benedirne l’inaugurazione nel 1993». …
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 8 (Parte Seconda)
«Cristo! Ma qui è pericoloso, quasi un suicidio. Ho visto la morte in faccia almeno tre volte su quelle maledette creste». Il signor Giacomo aveva lo sguardo terrorizzato. Il relativamente comodo sentiero che parte da Campo Imperatore, a duemila metri di quota, in direzione della vetta di Pizzo Cefalone, a 2.553 metri, ad un certo punto diventa una stradina sospesa tra due strapiombi sulle rocce. Il sovrintendente era sfilato sicuro; lui, invece, aveva dovuto richiamare tutte le proprie energie mentali e, più volte, aveva avuto la forte tentazione di desistere. Ma, ad ogni crisi, vista la difficoltà di girarsi per tornare indietro, aveva optato per il proseguire. Nemmeno lo scenario mozzafiato che s’era aperto, all’improvviso, dallo sperone su cui era stata issata la grande Croce, una sorta di balconata di pietra affacciato sul mondo, riuscì a confortarlo. Anche perché, mentre cercava di affacciarsi per guardare meglio il mondo da quel balcone, fu subito richiamato con un urlo dal sovrintendente («Attenzione, lì c’è uno strapiombo!») che lo fece ritrarre spaventato. …
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 7 (Parte Seconda)
«C’era proprio bisogno di buttarmi giù da letto? Devo dire alla reception di non passarmi telefonate almeno fino alle 9, soprattutto di un tale che si spaccia per sovrintendente alla Perdonanza. Sono o no in ferie?». Il signor Giacomo, lasciando la hall dell’albergo, a due passi da piazza Duomo, appariva in effetti stralunato. La folta barba arruffata, poi, gli dava un’aria trasandata, più del solito.
«Effettivamente ho esagerato- si scusò il sovrintendente-. Ma è stata talmente la sorpresa che ho subito elaborato un piano. Non era poi così presto…».
«Ma no, erano soltanto le 6 e trenta! Considerando che tra una genziana e l’altra ieri sera abbiamo fatto l’una, ho dormito solo cinque ore. Tenga presente che per essere in forma a me occorrono almeno otto ore di sonno».
«Per la forma intende, ovviamente, quella fisica…».