Il gran cuore dell’Abruzzo e dell’Aquila 40 anni fa in Irpinia: il gemellaggio nella tragedia con San Mango sul Calore

Il mio articolo oggi sul Messaggero (Edizione Abruzzo) sul quarantennale del sisma dell’Irpinia

L’AQUILA «Impossibile dimenticare quello che L’Aquila e l’Abruzzo intero hanno fatta per noi. Gli abruzzesi furono dei veri angeli custodi». Teodoro Boccuzzi, 30enne sindaco di San Mango sul Calore che 40 anni fa venne rasa al suolo del terribile sisma che colpì l’Irpinia contando 84 morti su un migliaio di abitanti, non ha vissuto quella esperienza «ma ho ben presenti- dice- i racconti dei miei nonni e genitori di quel 23 novembre che ha rappresentato per questa comunità una data spartiacque di un prima e di un dopo».

All’epoca del disastro che sconvolse l’Italia, l’Abruzzo adottò San Mango. L’Abruzzo costituì un fondo che fu utilizzato prima per aiuti umanitari e poi per opere pubbliche come, ad esempio, la ricostruzione del Municipio. Fu tutta una corsa alla solidarietà: il Comune di Capistrello donò le campane per la chiesa, quello di Isola del Gran Sasso camion per la raccolta dei rifiuti e Scanno montò dei prefabbricati, oltre all’aiuto morale, con psicologi e assistenti sociali venuti da Pescara.

Grande protagonista fu il Comune dell’Aquila tanto che il 6 aprile 2009, poche ore le 3,32, da San Mango partì per L’Aquila l’unica ambulanza del paese con volontari e personale paramedico.

E tra i molti volontari venuti dall’Abruzzo, ha ricordato ieri il sindaco di San Mango, in quei freddissimi primi di dicembre del 1980 c’era anche Giovanni Legnini, protagonista del post 6 aprile come sottosegretario alla ricostruzione e dal gennaio scorso commissario straordinario per il post sisma 2016. «Sì, forse è una “predestinazione” la mia…- commenta Legnini-. Prima a San Mango, poi quattro anni dopo al terremoto del Parco nazionale d’Abruzzo, quindi, come giovane sindaco del mio paese, Roccamontepiano, che venne distrutto da un frana due secoli fa con 500 morti, ad affrontare queste tematiche, oggi commissario. Certo, quella prima esperienza fu per me decisiva. Partii ventenne come volontario della Fgci, i giovani comunisti, insieme a Giovanni Lolli, il povero Rocco Buttari, Enrico Paolini ed altri. Ci demmo molto da fare. Partecipai anche, come manovale, alla costruzione di una baracca in legno, oggi diremmo un prefabbricato, che sarebbe servita come scuola. Vivemmo il dolore di quella gente ma anche la loro ferra volontà di ripartire. Nevicava, era freddo. Ma non mollammo di un centimetro. Tra i tanti aneddoti, ricordo che tra gli aiuti erano arrivate anche della scarpe dalla Germania. Ce n’era un paio numero 54. Visto che nessuno avrebbe potuto calzarle, chiesi di poterle riportare come “cimelio”. Le ho conservate, come monito, per anni… Lì, in Irpinia, nacque la Protezione civile a doppia trazione, pubblico-volontariato, che ha fatto del nostro sistema uno dei migliori al mondo».

Angelo De Nicola
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La crisi del Pd all’Aquila/ Il vero problema è l’assenza di classe dirigente

La mia analisi sul Messaggero di oggi
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Una recente conferenza del Pd aquilano

La mossa (poi rientrata) di lasciare il Pd per dar vita un “cartello” civico del consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci, annunciata tempo fa ma poi mai attuata, oltre a segnare l’avvio ufficiale della campagna elettorale per le prossime comunali del 2022, certifica ulteriormente, se ce ne fosse bisogno, idel problema più grave che L’Aquila deve affrontare. Problema, non emergenza. Non si parla, quindi, del 6 aprile e, soprattutto, della sua ricostruzione, nè della pandemia. Si parla dell’assenza di classe dirigente.
Su questo fronte, il Partito democratico, grande protagonista da sempre (prima Pci, poi Pds, quindi Ds) della storia civica cittadina, in questi giorni fa segnalare una sconfitta non da poco. Entrambi i suoi due giovani candidati alla primarie per la passata corsa a sindaco (Pietrucci, appunto, e Americo Di Benedetto, oggi, guarda caso, entrambi in Regione) hanno abbandonato il partito sbattendo più o meno la porta e contestando, più o meno entrambi, lo strapotere della vecchia guardia e in particolare della “Triade” Cialente- Lolli(auguri per i 70 anni!)- Pezzopane.
Il passaggio, clamoroso, fa riflettere. La sconfitta è colpa della mancata stoffa dei due giovani rampanti leader della generazione dei quarantenni o della vecchia guardia che, pur avendo segnato un’epoca, raccogliendo incarichi importanti e continuativi, non ha saputo allevarli bene? Non è sfuggito il passaggio, dopo l’elezione della nuova segreteria (fino ad allora retta da un giovanissimo), che il neoeletto presidente del Circolo, Carlo Benedetti (da sempre sulla scena ma mai in primissimo piano) abbia vincolato il futuro del partito al rientro nello stesso di Cialente (in effetti, poi avvenuto) che aveva sbattuto la porta dicendone di volersene andare.
Se il Pd avviasse questa riflessione affinchè dall’analisi si possano trovare correttivi, si troverebbe paradossalmente in vantaggio rispetto agli altri partiti e schieramenti cittadini dove la malattia dell’assenza di una vera classe dirigente è da tempo allo stadio terminale. Soprattutto in quel ventre molle dei moderati, i post democristiani per intenderci, che da quando sono “sparite” anche le sponde Margherita e Udc, pur maggioranza numerica contano poco o nulla perchè senza partito che li rappresenti, senza contenitore che li accolga alla pari e senza un leader che li guidi.
Angelo De Nicola