Il mio articolo oggi sul Messaggero (Edizione Abruzzo) sulla morte, legata al Covid, di Carlo Di Giambattista:
Lunedì Adriano, ieri Carlo. E’ un “uno-due” da far rischiare il knock-out quello che il maledetto Covid, in due giorni, assesta agli aquilani. Oltre che per l’età, 56 anni, e per un carattere da guasconi, Adriano Perrotti e Carlo Di Giambattista erano accomunati dal fatto di essere due simboli.
L’uno della resilienza alle sfortune della vita trasformate in una carica vitale unica, l’altro del sapersi godere la vita, magari spesso ai limiti, tanto da rappresentare la “faccia della salute”. Entrambi, a guadarli, invincibili. Come invincibile “Pesciò” lo era sul campo quando, talento naturale fin da giovanissimo nel ruolo di numero 8, si prendeva il lusso di suonarle anche ai più blasonati giocatori. Un incubo per gli avversari. Un punto di riferimento sicuro per i compagni di squadra: Carlo c’era sempre, con un sorriso sornione, anche quando le cose andavano male. Come Adriano c’era sempre per combattere qualche battaglia per i diritti dei disabili, col suo sorriso grosso così anche di fronte alle sconfitte.
E ora? Che fare di fronte a questo nostro nuovo 6 aprile? A quale punto di riferimento aggrapparsi se il Covid ci porta via i nostri anziani e, ora, anche i nostri simboli? Oltre che sul fronte sanitario (la cui gestione all’Aquila sta segnalando un disastro dietro l’altro) occorre lavorare sul fronte psicologico avviando l’ennesima “ricostruzione” aquilana, la più difficile. Servono strategie, progetti e leader. C’è qualcuno che si candida?
Angelo De Nicola
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