Il saggio “Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza” – Capitolo 2

Il luogo dove fu trovata uccisa la piccola Cristina

2. IL CERCHIO SI STRINGE IN PAESE
26. 8. 1990

Biancaneve se ne è andata in una piccola bara bianca, candida come è nata. La piccola Cristina Capoccitti, la bambina trovata completamente nuda, uccisa in un fossato di Case Castella di Balsorano, non ha subito violenza carnale: lo ha accertato l’autopsia andata avanti per ore presso l’obitorio dell’ospedale di Avezzano e conclusa soltanto intorno all’una e mezzo della nottata tra venerdì e ieri dall’esperto giunto da Roma, professor Sacchetti. Non è stata violentata: un po’ a sorpresa, ma con non nascosto sollievo, gli inquirenti hanno appreso il responso dell’esame autoptico su un assassinio che comunque, a loro giudizio, è «inequivocabilmente a sfondo sessuale, con un indubbio tentativo di violenza carnale». (…)

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Il saggio “Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza” – Capitolo 1

  1. IL BRUTO E’ ESPERTO DI QUEI LUOGHI
    25. 8. 1990

Violentata. Seviziata. Massacrata a colpi di pietra sulla testolina. Trascinata e scaraventata in un anfratto tra la boscaglia non lontano dalla strada comunale. Se non è del posto, il bruto è uno che frequenta quelle bande della Valle Roveto al confine tra l’Abruzzo e il Lazio.
Le modalità ma soprattutto il luogo dove è avvenuto il brutale assassinio di Cristina Capoccitti, non ancora 7 anni, fanno pensare ad una persona che conosceva la zona.
Che sapeva bene che tra quella fitta vegetazione sicuramente non poteva essere visto.

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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 18 (Parte Seconda) – FINE

La Missione in Africa, intitolata a Celestino V, delle Suore Celestine del Monastero di clausura di San Basilio dell’Aquila

Il pesante portone si chiuse, fragorosamente, alle loro spalle.
«Che prove ha?» chiese il sovrintendente, a testa china e senza nemmeno guardare il suo amico.
«Non è questione di prove. E’ tutto logico. Troppo logico. Non può che essere così».
«Allora dobbiamo sporgere denuncia». …

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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 17 (Parte Seconda)

Le Suore del Monastero di clausura di San Basilio dell’Aquila accolgono, nella Perdonanza 2018, il noto cantante Riccardo Cocciante che riceverà, in una toccante cerimonia nella chiesa provvisoria del convento, il premio della “Croce di Celestino” del Lions Club dell’Aquila

L’orto era nel suo splendore primaverile. Per arrivarci, la Superiora aveva fatto passare i due ospiti tra i meandri del monastero mostrando loro, in particolare, gli affreschi più antichi e soprattutto quelli raffiguranti San Benedetto e San Basilio, un altro san Giovanni Battista e un San Michele Arcangelo (anche qui, pensarono il signor Giacomo e il sovrintendente, guardandosi negli occhi).
Abbacinati dal sole alto, i tre rientrarono nel convento e la Superiora li fece accomodare in una saletta che precedeva il refettorio. «Dico a suor Valeria di prepararvi il caffè. Torno subito» disse la Badessa scomparendo dietro la porta del refettorio.
Trascorse un lungo attimo di silenzio.
«Perché non mi ha detto nulla?» chiese, a voce bassa e guardandosi bene attorno, il signor Giacomo, dopo aver fatto finta di leggere un opuscolo (“Missione Oggi”) che era sul tavolo.
«Detto cosa?».
«Che la Superiora conosce lei benissimo». …

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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 16 (Parte Seconda)

L’affresco di San Giovanni Battista decollato che si trova nel coro del Monastero di clausura di San Basilio (L’Aquila)

Dal citofono una voce gracchiante, come di bambina, chiese: ”Chi è?”.
«Pellegrini» rispose il sovrintendente che si stava spazientendo dopo la terza, lunga, scampanellata davanti al grande portone.
«Pellegrini un corno!- sbottò il signor Giacomo solo dopo essersi assicurato, avvicinando l’orecchio verso il campanello, che la cornetta del citofono fosse stata riattaccata-. Se, come pare, siamo al dunque, dovremo pur trovare una scusa. Chi siamo noi due?».
«Faccia fare a me. Quando si tratta di improvvisare tiro fuori sempre il meglio di me… Ah, buongiorno Sorella! Possiamo parlare con la Madre Superiora? Si ricorda di me? Sono quel giornalista che, tanti anni fa, s’è occupato del rapimento delle spoglie di Celestino… Venni qui in convento quando furono recuperate le Sacre Spoglie… Lui è un mio collega». …

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Dalla clausura (per scelta) al Coronavirus la doppia quarantena delle suore di San Basilio

Suor Germana nella tendopoli durante il terremoto del 2009

ARTICOLO PUBBLICATO SUL MESSAGGERO, CRONACA NAZIONALE, IL 20 APRILE 2020

IL RACCONTO
L’AQUILA Sul portone del monastero di clausura, accanto al cartello “Ora et Labora”, c’è affissa una fotocopia plastificata su come si devono lavare le mani alla luce dell’emergenza Covid-19. E’ l’unico segno che, anche qui, nel più antico convento (quest’anno festeggerà 700 anni dalla fondazione, nel 1320) dell’Aquila, sono arrivati gli effetti della pandemia. Per il resto, entrando nel monastero di San Basilio delle suore Celestine-Benedettine, nel centro storico del capoluogo abruzzese, si respira un’appagante aria calma. Un’oasi di pace. Nonostante questa manciata di suore, le ultime eredi al mondo dell’Ordine monastico fondato da Papa Celestino V, stia vivendo una “quarantena” al cubo: la clausura (una scelta di vita), il terremoto del 6 aprile 2009 (che le ha costrette, da undici anni, a vivere in un container) e, ora, il coronavirus (che ha pure obbligato suor Assunta, la priora venuta per curarsi gli occhi dalla missione in Africa, a Bangui, a non poter tornare, per ora, al “fronte”). Le eroine della resilienza.

«No no!! Peggio sicuramente il terremoto che questa “clausura” doppia legata al virus» risponde al cronista (con guanti e mascherina), la badessa del monastero, l’ultraottantenne suor Margherita, senza la mascherina e nel suo saio bianco con sopra lo scapolare nero, in osservanza alla Regola dei Celestini ma mantenendo anche il legame con l’“Ora et labora” benedettino. «Quella notte ci portarono in una tendopoli- le fa eco suor Germana, ultraottantenne anche lei, vispo “motore” del convento nonostante gli acciacchi-: la nostra tenda la chiamavano tutti “il Monastero”. No, non potevamo vivere lontane dalla nostra “casa”!».

Infatti, l’8 maggio 2009, a un mese dal sisma, prima in tre e poi in sette (tutte avanti con gli anni) e alcune giovani novizie filippine, rientrarono nel monastero, prime eroiche abitanti (primato mantenuto per anni) dell’allora zona rossa.


«Da qui non ce ne andiamo!» fu il loro credo. E così venne realizzata, nell’orto, prima una casetta in legno (con un bagno da cantiere, donato da un benefattore, posto all’esterno) e poi un container. Nel quale, a meno 15 gradi l’inverno e a 40 gradi l’estate, vivono tutte ormai da undici anni in attesa che vengano completati i complessi lavori di ricostruzione del monastero. Le eredi del messaggio di Papa Celestino V (quello che si dimise dal soglio di Pietro dopo aver lanciato nel 1294, il primo “giubileo” della storia con la Bolla della Perdonanza, poi sepolto nel basilica aquilana di Collemaggio), a 80 anni suonati, in un container.

Ma le indomite suorine, amatissime in città (apprezzata la loro antica legatoria di tesi e libri d’epoca) non si sono arrese. E non s’arrendono oggi di fronte alla pandemia che ha inevitabilmente affievolito, ma non interrotto, il flusso di aiuti dei benefattori. Anzi, nella scorsa Pasqua, l’anziana badessa ha registrato un video-messaggio di auguri e, facendo proprie le parole dell’arcivescovo dell’Aquila, il cardinale Giuseppe Petrocchi, che in una lettera ai sacerdoti li aveva esortati a mantenere attiva e viva la rete relazionale dell’apostolato anche attraverso i Social, lo ha diffuso a sorpresa su whatsapp. Parole pronunciate con piglio e tono speranzoso, pronunciate nella chiesa rabberciata del convento-cantiere e con alle spalle un antichissimo Cristo in croce: «Una Pasqua diversa dalle altre sicuramente più raccolta e silenziosa» con l’invito a «recuperare i valori della famiglia e della fraternità e risorgere nella gloria come è accaduto a Gesù dopo la Sua Settimana santa di passione», concludendo con un «restiamo vicini nella preghiera». Eroiche suorine.
Angelo De Nicola
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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 15 (Parte Seconda)

L’ingresso del monastero di San Basilio, nell’omonima piazza, all’Aquila

«Non ricordavo che cicoria e patate fosse così buona» disse il signor Giacomo dopo essere salito a cavalcioni di uno dei due vetusti leoni in pietra posti all’ingresso, come a guardia, della chiesa di San Pietro.
«E’ la migliore del mondo, gliel’ho detto» rispose il sovrintendente accovacciato, sugli scalini tra i due leoni.
«Sempre uno splendido riflesso della luce, qui, in questa piazza».
«E tra le più belle del mondo, per me».
«Sta cercando di far salire le quotazioni del suo quartiere? Piuttosto, che dice la sua scheda sul monastero di San Basilio?».
«Allora… leggo: “Per risalire presumibilmente all’epoca della fondazione del monastero di San Basilio, dobbiamo riferirci ad alcune circostanze storiche. Si sa per certo che, già nel 496, esisteva in località ‘Villa di Acquili’ (il primo nucleo della futura città) un monastero femminile, intitolato a San Basilio, probabilmente fondato da Sant’Equizio, monaco molto noto per santità ed austerità di vita”…».

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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 14 (Parte Seconda)

Il  monastero di Sant’Angelo d’Ocre, a Fossa (L’Aquila)

«Buono. Ottimo, questo caffè al torrone. Ma, per favore, mi spieghi! Tra due giorni torno a casa: non ho alcuna voglia di sprecare tutte le mie ferie appresso alle sue elucubrazioni!».
«La terzina dantesca in cui è inserita la parola monastero è:
“E tale ha già l’un piè dentro la fossa,
che tosto piangerà quel monastero,
e tristo fia d’avere avuta possa;”».
«E allora?».
«La parola chiave mi è sembrata “fossa”».
«E allora?».
«Lei non può sapere che a Fossa, piccolo comune a dieci chilometri dalla città, c’è un monastero, Sant’Angelo d’Ocre, col quale avevo subito fatto un collegamento». …

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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 13 (Parte Seconda)

Il Cardinale Matteo Rosso Orsini (Roma1230 circa – Roma1305)
 

«Avrei dovuto pensarci subito. Ci sarei dovuto arrivare subito. Ed invece sono stato sulle mie sudate carte per giorni e giorni. Ma credo di essere arrivato a scoprire il nostro monastero. Venga, andiamo a fare un giro».
«Crede? Oh bella! Al telefono è stato categorico, altrimenti io non sarei ancora qui dopo aver, per giunta, chiesto altri due giorni di ferie- disse il signor Giacomo che stava aspettando il sovrintendente nella hall dell’albergo-. Ha tre giorni di tempo: oggi, domani e domenica: poi con me ha chiuso. Non ne posso più».
«Avevo la soluzione sotto il naso. Come ho fatto a non arrivarci subito».
«Suvvia, mi dica di quale monastero si tratta».
«Aspetti. Prima le devo parlare di un’altra scoperta. Si tratta del “gran rifiuto”!». …

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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 12 (Parte Seconda)

Giovanni Paolo II nella sua visita al Santuario della Madonna di Roio (L’Aquila) il 30 agosto del 1980

«Monastero? Sovrintendente, possibile che a lei non è venuto in mente nulla?».
I due, la sera precedente, avevano discusso a lungo su quello strano, ultimo messaggio. Ma senza giungere ad alcuna conclusione. Si erano lasciati a tarda ora: «Vedrà- aveva pronosticato il signor Giacomo- domani mattina l’amica sua ci lascerà qualche altro indizio. Magari un’altra lettera presso la reception a me indirizzata…».
Niente. Rimasti a secco di “messaggi”, il sovrintendente decise di fare una lunga passeggiata «per schiarirsi le idee». Acquistati, in un piccolo alimentari del centro, due pezzi di focaccia all’olio per metterci in mezzo prosciutto crudo e fichi, ed una bottiglia di ottimo Montepulciano, il sovrintendente decise che sulla collina di Roio avrebbero ragionato meglio. «Andiamo sul nostro Calvario» ironizzò il signor Giacomo. …

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