Il saggio “Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza” – Capitolo 6

I funerali di Cristina Capoccitti

6. TESTIMONIANZE AL SETACCIO 1. 9. 1990
Balsorano, otto giorni dopo la tragedia. Alla messa della “riuscita” (è costume in queste zone che i congiunti stretti del defunto restino in casa sette giorni, per tornare alla vita normale dopo una settimana col rito commemorativo), al primo banco a sinistra della chiesa di Ridotti, c’era tutta la famigliola della povera Cristina.
Il padre Giuseppe Capoccitti, la madre Dina Valentini che non è più uscita di casa dal giorno dell’assassinio restando sempre distesa sul letto, e il tredicenne Samuele. L’altro pomeriggio la famiglia Capoccitti aveva chiesto riservatezza. Al parroco don Mario De Ciantis i due genitori, provatissimi dalla tragedia e da quanto sta accadendo hanno chiesto di non suonare nemmeno le campane: avrebbero avvisato soltanto pochi intimi.
La discrezione è stata compresa, ma la chiesa era comunque piena. C’era tutta Case Castella. Non curiosi o inquirenti come era avvenuto ai funerali. …

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Il saggio “Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza” – Capitolo 5

Gli avvocati Maccallini: Carlo e, a destra, il compianto Mario. Lo scatto è degli anni Novanta

5. IN ATTO UNA DIFESA DISPERATA – 29 agiosto 1990
Un eroe. Una vittima. Un ragazzetto «tarato» da qualche problema psichico o figlio di quella cultura contadina legata ancora alla figura del padre-padrone o al «familismo amorale» che porta a coprire, sempre e comunque, i propri congiunti.
Chiunque sia Mauro, il figlio tredicenne di Michele Perruzza, il quarantenne muratore finito in manette con l’accusa di essere il bruto, è l’unico ad avere la chiave di lettura del brutale delitto, a Case Castella di Balsorano, di Cristina. La confessione spontanea, infatti, poi ritrattata a distanza di poche ore, ha dimostrato agli inquirenti che il ragazzetto sa molto sull’assassinio. Forse solo una parte, per aver seguito e spiato l’assassino o quantomeno averlo sentito raccontare. Forse tutto, per aver involontariamente partecipato. …

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Il saggio “Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza” – Capitolo 4

L’arresto di Michele Perruza all’alba del 27 agosto 1990 ad Avezzano (L’Aquila)

4. ALL’ALBA IL MOSTRO E’ SCOPERTO – 28 agosto 1990
«Ecco il mostro… Ecco il mostro… ». Non appena Michele Perruzza, muratore quarantenne, a testa china, esce dal Palazzo di Giustizia di Avezzano, all’alba, in manette tra due corpulenti agenti, i pochi curiosi rimasti sonnacchiosi tutta la notte al freddo ad attendere sviluppi, si risvegliano all’improvviso. Vogliono linciarlo. Vola pure qualche raggelante minaccia: «Il mostro sei tu, non tuo figlio. Vedrai ora cosa ti succederà in carcere… Assassino». Sono le 6,40 di ieri mattina. Con la Volante che scompare nella foschia mattutina verso il carcere di Avezzano, si conclude la nottata thrilling del terzo giorno delle affannose indagini a tappeto per scoprire il bruto che ha assassinato dopo aver tentato di violentarla, la piccola Cristina Capoccitti, 7 anni appena, la sera di giovedì scorso. Otto ore in cui accadde di tutto, anche l’incredibile con colpi di scena a ripetizione. …

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Il saggio “Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza” – Capitolo 3

Il borgo di Case Castella di Ridotti, frazione di Balsorano (L’Aquila)

3. CRISTINA, L’ASSASSINO HA 13 ANNI – 27 agosto 1990

Ha fatto tutto un ragazzo di tredici anni. Lo sconcertante epilogo del brutale assassinio di Cristina, la piccola di 7 anni trovata uccisa completamente nuda venerdì scorso, in un fossato tra le boscaglie di Case Castella di Balsorano, è venuto ieri sera tardi, poco dopo le ore 23. Il sostituto procuratore della Repubblica di Avezzano, dottor Pinelli, ha infatti deciso il fermo di M. P. che al termine di un interrogatorio nella caserma dei carabinieri di Balsorano ha confessato di aver ucciso la bambina. E’ caduto subito. E’ scattato il provvedimento restrittivo. …

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Il saggio “Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza” – Capitolo 2

Il luogo dove fu trovata uccisa la piccola Cristina

2. IL CERCHIO SI STRINGE IN PAESE
26. 8. 1990

Biancaneve se ne è andata in una piccola bara bianca, candida come è nata. La piccola Cristina Capoccitti, la bambina trovata completamente nuda, uccisa in un fossato di Case Castella di Balsorano, non ha subito violenza carnale: lo ha accertato l’autopsia andata avanti per ore presso l’obitorio dell’ospedale di Avezzano e conclusa soltanto intorno all’una e mezzo della nottata tra venerdì e ieri dall’esperto giunto da Roma, professor Sacchetti. Non è stata violentata: un po’ a sorpresa, ma con non nascosto sollievo, gli inquirenti hanno appreso il responso dell’esame autoptico su un assassinio che comunque, a loro giudizio, è «inequivocabilmente a sfondo sessuale, con un indubbio tentativo di violenza carnale». (…)

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Il saggio “Presunto innocente, cronaca del caso Perruzza” – Capitolo 1

  1. IL BRUTO E’ ESPERTO DI QUEI LUOGHI
    25. 8. 1990

Violentata. Seviziata. Massacrata a colpi di pietra sulla testolina. Trascinata e scaraventata in un anfratto tra la boscaglia non lontano dalla strada comunale. Se non è del posto, il bruto è uno che frequenta quelle bande della Valle Roveto al confine tra l’Abruzzo e il Lazio.
Le modalità ma soprattutto il luogo dove è avvenuto il brutale assassinio di Cristina Capoccitti, non ancora 7 anni, fanno pensare ad una persona che conosceva la zona.
Che sapeva bene che tra quella fitta vegetazione sicuramente non poteva essere visto.

(…)

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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 18 (Parte Seconda) – FINE

La Missione in Africa, intitolata a Celestino V, delle Suore Celestine del Monastero di clausura di San Basilio dell’Aquila

Il pesante portone si chiuse, fragorosamente, alle loro spalle.
«Che prove ha?» chiese il sovrintendente, a testa china e senza nemmeno guardare il suo amico.
«Non è questione di prove. E’ tutto logico. Troppo logico. Non può che essere così».
«Allora dobbiamo sporgere denuncia». …

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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 17 (Parte Seconda)

Le Suore del Monastero di clausura di San Basilio dell’Aquila accolgono, nella Perdonanza 2018, il noto cantante Riccardo Cocciante che riceverà, in una toccante cerimonia nella chiesa provvisoria del convento, il premio della “Croce di Celestino” del Lions Club dell’Aquila

L’orto era nel suo splendore primaverile. Per arrivarci, la Superiora aveva fatto passare i due ospiti tra i meandri del monastero mostrando loro, in particolare, gli affreschi più antichi e soprattutto quelli raffiguranti San Benedetto e San Basilio, un altro san Giovanni Battista e un San Michele Arcangelo (anche qui, pensarono il signor Giacomo e il sovrintendente, guardandosi negli occhi).
Abbacinati dal sole alto, i tre rientrarono nel convento e la Superiora li fece accomodare in una saletta che precedeva il refettorio. «Dico a suor Valeria di prepararvi il caffè. Torno subito» disse la Badessa scomparendo dietro la porta del refettorio.
Trascorse un lungo attimo di silenzio.
«Perché non mi ha detto nulla?» chiese, a voce bassa e guardandosi bene attorno, il signor Giacomo, dopo aver fatto finta di leggere un opuscolo (“Missione Oggi”) che era sul tavolo.
«Detto cosa?».
«Che la Superiora conosce lei benissimo». …

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Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 16 (Parte Seconda)

L’affresco di San Giovanni Battista decollato che si trova nel coro del Monastero di clausura di San Basilio (L’Aquila)

Dal citofono una voce gracchiante, come di bambina, chiese: ”Chi è?”.
«Pellegrini» rispose il sovrintendente che si stava spazientendo dopo la terza, lunga, scampanellata davanti al grande portone.
«Pellegrini un corno!- sbottò il signor Giacomo solo dopo essersi assicurato, avvicinando l’orecchio verso il campanello, che la cornetta del citofono fosse stata riattaccata-. Se, come pare, siamo al dunque, dovremo pur trovare una scusa. Chi siamo noi due?».
«Faccia fare a me. Quando si tratta di improvvisare tiro fuori sempre il meglio di me… Ah, buongiorno Sorella! Possiamo parlare con la Madre Superiora? Si ricorda di me? Sono quel giornalista che, tanti anni fa, s’è occupato del rapimento delle spoglie di Celestino… Venni qui in convento quando furono recuperate le Sacre Spoglie… Lui è un mio collega». …

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Dalla clausura (per scelta) al Coronavirus la doppia quarantena delle suore di San Basilio

Suor Germana nella tendopoli durante il terremoto del 2009

ARTICOLO PUBBLICATO SUL MESSAGGERO, CRONACA NAZIONALE, IL 20 APRILE 2020

IL RACCONTO
L’AQUILA Sul portone del monastero di clausura, accanto al cartello “Ora et Labora”, c’è affissa una fotocopia plastificata su come si devono lavare le mani alla luce dell’emergenza Covid-19. E’ l’unico segno che, anche qui, nel più antico convento (quest’anno festeggerà 700 anni dalla fondazione, nel 1320) dell’Aquila, sono arrivati gli effetti della pandemia. Per il resto, entrando nel monastero di San Basilio delle suore Celestine-Benedettine, nel centro storico del capoluogo abruzzese, si respira un’appagante aria calma. Un’oasi di pace. Nonostante questa manciata di suore, le ultime eredi al mondo dell’Ordine monastico fondato da Papa Celestino V, stia vivendo una “quarantena” al cubo: la clausura (una scelta di vita), il terremoto del 6 aprile 2009 (che le ha costrette, da undici anni, a vivere in un container) e, ora, il coronavirus (che ha pure obbligato suor Assunta, la priora venuta per curarsi gli occhi dalla missione in Africa, a Bangui, a non poter tornare, per ora, al “fronte”). Le eroine della resilienza.

«No no!! Peggio sicuramente il terremoto che questa “clausura” doppia legata al virus» risponde al cronista (con guanti e mascherina), la badessa del monastero, l’ultraottantenne suor Margherita, senza la mascherina e nel suo saio bianco con sopra lo scapolare nero, in osservanza alla Regola dei Celestini ma mantenendo anche il legame con l’“Ora et labora” benedettino. «Quella notte ci portarono in una tendopoli- le fa eco suor Germana, ultraottantenne anche lei, vispo “motore” del convento nonostante gli acciacchi-: la nostra tenda la chiamavano tutti “il Monastero”. No, non potevamo vivere lontane dalla nostra “casa”!».

Infatti, l’8 maggio 2009, a un mese dal sisma, prima in tre e poi in sette (tutte avanti con gli anni) e alcune giovani novizie filippine, rientrarono nel monastero, prime eroiche abitanti (primato mantenuto per anni) dell’allora zona rossa.


«Da qui non ce ne andiamo!» fu il loro credo. E così venne realizzata, nell’orto, prima una casetta in legno (con un bagno da cantiere, donato da un benefattore, posto all’esterno) e poi un container. Nel quale, a meno 15 gradi l’inverno e a 40 gradi l’estate, vivono tutte ormai da undici anni in attesa che vengano completati i complessi lavori di ricostruzione del monastero. Le eredi del messaggio di Papa Celestino V (quello che si dimise dal soglio di Pietro dopo aver lanciato nel 1294, il primo “giubileo” della storia con la Bolla della Perdonanza, poi sepolto nel basilica aquilana di Collemaggio), a 80 anni suonati, in un container.

Ma le indomite suorine, amatissime in città (apprezzata la loro antica legatoria di tesi e libri d’epoca) non si sono arrese. E non s’arrendono oggi di fronte alla pandemia che ha inevitabilmente affievolito, ma non interrotto, il flusso di aiuti dei benefattori. Anzi, nella scorsa Pasqua, l’anziana badessa ha registrato un video-messaggio di auguri e, facendo proprie le parole dell’arcivescovo dell’Aquila, il cardinale Giuseppe Petrocchi, che in una lettera ai sacerdoti li aveva esortati a mantenere attiva e viva la rete relazionale dell’apostolato anche attraverso i Social, lo ha diffuso a sorpresa su whatsapp. Parole pronunciate con piglio e tono speranzoso, pronunciate nella chiesa rabberciata del convento-cantiere e con alle spalle un antichissimo Cristo in croce: «Una Pasqua diversa dalle altre sicuramente più raccolta e silenziosa» con l’invito a «recuperare i valori della famiglia e della fraternità e risorgere nella gloria come è accaduto a Gesù dopo la Sua Settimana santa di passione», concludendo con un «restiamo vicini nella preghiera». Eroiche suorine.
Angelo De Nicola
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