“I PAPI E CELESTINO V” IL LIBRO DI ANGELO DE NICOLA, GIORNALISTA DI L’AQUILA
La recensione dell’avvocato Aurelio Cambise
Il 12 dicembre 2022 è stato presentato presso la sala conferenze “Montessori” – Via G. Fontana ad Avezzano il libro “I Papi e Celestino V” del giornalista di L’Aquila del quotidiano il Messaggero, Angelo De Nicola.
Il libro è una occasione della visita di Papa Francesco a L’Aquila del 28 agosto 2022 (Primo Papa nella storia che apre la Porta Santa e soprattutto riconosce il messaggio straordinario moderno di pace e di perdono di Celestino V). Da Bonifacio VIII a Papa Francesco come si sono rapportati i Papi con il messaggio di Celestino V? C’è stata una specie di ossessione nei confronti di questa figura, che viene marchiata di “viltade” da Dante Alighieri nel verso del gran rifiuto del terzo Canto dell’Inferno mettendo ai margini della storia Celestino V.
Invece, Papa Francesco ha riconosciuto clamorosamente e storicamente Celestino V come uomo del sì e non come uomo del no. L’Autore non parla solo di Celestino V , ma di tutti i Pontificati che hanno avuto a che fare con la Perdonanza. L’unico Papa, tra l’altro abruzzese, che non ha avuto rapporti con Celestino V e con la Perdonanza è Innocenzo VII (Cosimo Gentile Meliorati). Questi, nacque a Sulmona nel 1336, da un nobile casato la cui dimora venne poi abitata dalla famiglia del giurista Giuseppe Capograssi. Nell’atrio di casa Capograssi è custodito lo stemma in pietra con il triregno e le chiavi del Papa attribuito a Innocenzo VII. Si distinse per i suoi studi sia nel Diritto Civile sia nel Diritto Canonico, che insegnò, per un certo periodo, nelle Università di Perugia e di Padova. Innocenzo VII visse, però, soltanto pochi anni nel capoluogo peligno, ma, prima di andare in Vaticano, ricoprì prestigiosi incarichi a Sulmona. Fu eletto Papa alla soglia di 70 anni il 17 ottobre 1404 durante lo Scisma d’Occidente e promise di adoperarsi per la riunificazione della Chiesa. Si narra che, dopo la sua elezione, a Sulmona si fece gran festa, per diversi giorni, e si diffuse la notizia, mai verificata, secondo la quale Innocenzo VII era stato eletto all’unanimità. La Bolla più significativa che emise annunciò la riorganizzazione dell’Università di Roma, introducendovi gli studi di Medicina, di Filosofia, di Logica, di Retorica, e creandovi una cattedra di Greco.
Bonifacio VIII, il successore di Celestino V, osteggiò con tutte le sue forze la Perdonanza celestiniana e cercò in tutti i modi di annullare la Bolla del Perdono, che l’Eremita del Morrone concesse al momento della sua incoronazione nella Basilica di Collemaggio a L’Aquila il 29 agosto 1294 perché la riteneva troppo sbilanciata dal punto di vista spirituale. Bonifacio VIII per fortuna non riuscì nel suo intento. Da un lato grazie alla lungimiranza di Celestino V il quale non affidò, con ogni probabilità dietro una scelta calcolata, quel documento rivoluzionario (Perché concedeva il Perdono da tutti i peccati “erga omnes” anche ai poveri in un momento in cui solo i ricchi potevano permettersi di lucrarlo, cioè comprarlo) alla Chiesa bensì al Magistrato cittadino. Dall’altro per la fiera opposizione della Municipalità aquilana che infatti detiene, ancora oggi, la proprietà morale e materiale della Bolla. Gran parte dei Papi hanno avuto quasi una ossessione nei confronti di Celestino V il quale aveva dimostrato che il potere fosse un servizio ed il 13 dicembre 1294, dopo cinque mesi di Pontificato si dimise. In effetti, a ben riflettere, Celestino V non rifiutò, bensì rinunciò. Successivamente alla rinuncia di Celestino V, Bonifacio VIII, con la Decretale “Quoniam aliqui”, stabilì le regole dell’abdicazione papale, che mise nella collezione canonica “Liber Sextus” da lui promulgata nel 1298. Bonifacio VIII aveva previsto che, qualora il Romano Pontefice si fosse reso conto di essere insufficiente a reggere la Chiesa universale e a sopportare gli oneri del Sommo Pontificato, avrebbe potuto rinunciare al Papato e al suo onere e onore. Questa disposizione di Bonifacio VIII fu confermata nel canone 221 del Codice di Diritto Canonico del 1917, ed è stata riportata nel canone 332 paragrafo 2 del vigente Codice di Diritto Canonico, emanato nel 1983: “Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti”.
Arriviamo fino all’epoca attuale quando Papa Bendetto XVI, con le sue dimissioni, rilancia il gesto di Celestino V. Ed è storia di questi giorni il ripetersi di questo gesto da parte di Papa Francesco, in caso di grave impedimento della salute. Tornando alla Perdonanza, la riabilitazione di essa che fa Benedetto XVI il 28 aprile 2009, passando sotto la Porta Santa di Collemaggio è decisiva tant’è vero che il successore, Papa Francesco, riafferma tale concetto, venendo a L’Aquila ad aprire la Porta Santa.
Il Perdono per Celestino V era tutto: anticamera della pace, della giustizia e della misericordia. Interessante è il testo “L’Avventura di un Povero Cristiano” di Ignazio Silone in cui lo scrittore esalta la figura di Celestino V da laico ritenendolo il più santo degli abruzzesi: per esempio in questo testo il Celestino di Silone si rifiuta di benedire gli eserciti e le armi. Si rifletta sulla attualità di detta affermazione.
Queste poche mie notizie, tratte dalla lettura piacevole di un libro dagli argomenti severi di storia medievale, come il testo “I Papi e Celestino V” di Angelo De Nicola, mi sono permesso di offrirle anche a voi. Sono sicuro della serietà e del rigore del testo, perché fa riferimento ad una ricca e autorevole bibliografia, nella quale compaiono nomi di storici famosi come R. Morghen, G. Arnaldi, R. Manselli, L. Gatto, E. Pasztor, A. Marini dell’Università La Sapienza di Roma, per non citare altri illustrissimi studiosi.
Avv. Aurelio Cambise