Il sovrintendente era rimasto recluso nel suo ufficio-rifugio. Da tre giorni non si campava più. Le maggiori testate nazionali di carta stampata, tv, radio e web, comprese le principali straniere, avevano scoperto Celestino V, il Perdono e la Perdonanza. E per il sovrintendente, dopo anni di quinte ammuffite, era venuto il momento della ribalta. Quell’interesse globale gli era sembrato eccessivo. Si domandava perché fino ad allora, nonostante la consolidata tradizione e gli sforzi ciclopici sostenuti per la promozione dell’evento nelle passate edizioni, nessuno s’era mai accorto che esisteva un’altra Porta Santa al di fuori di Roma in una basilica dov’era possibile lucrare l’indulgenza plenaria da tutti i peccati; dov’era stato celebrato il primo Giubileo “inventato” da un eremita diventato prima pontefice e poi santo, e dov’erano custodite le spoglie del Papa della Pace…
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 2
«Il mio nome è Bond, James Bond… Che differenza fa se mi chiamo Giovanni o Giuseppe? Il prefetto e il questore, nel preannunciarmi, le hanno fatto il mio nome? No. E allora chiuso il discorso. Mi chiami come vuole. Mi chiami Sir James, signor Giacomo per gli amici».
Il sindaco aveva fiutato giusto. Un guaio, un guaio grosso così, s’era abbattuto sul Municipio. Il “signor Giacomo” era seduto di fronte a lui. Insignificante, a guardarlo bene. Lo “007” del quale gli era stata annunciata la visita, se l’era immaginato somigliante, almeno vagamente, a Sean Connery…
Il romanzo “La missione di Celestino” – Capitolo 1
«Sindaco, sindaco!… Tredici, abbiamo fatto tredici! Quattordici, quindici, sedici!…». Il sovrintendente aveva fatto le scale a quattro a quattro. E, piegato su se stesso per riprender fiato, sembrava aver assunto un atteggiamento come di riverenza verso le segretarie dell’Ufficio di Gabinetto del sindaco. Le quali, abituate alle sue esplosioni di gioia o di ira, non lo degnavano nemmeno di uno sguardo…