Il libro “Dante, Silone e la Perdonanza”: la presentazione a Sulmona

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COMUNICATO STAMPA 

Sarà il giornalista e scrittore Angelo De Nicola con il libro “Dante, Silone e la Perdonanza” (One Group Edizioni) protagonista del quarto appuntamento della Rassegna Letteraria “Leggo per legittima difesa”, ideata e diretta dalla giornalista Chiara Buccini con il patrocinio del Comune di Sulmona e la partecipazione di Banca Generali Private e Santacroce Hotels Sulmona, che ha l’obiettivo attraverso la presentazione di 6 libri, di discutere e confrontarsi sui temi significativi della contemporaneità.

Al centro dell’incontro in programma il 16 luglio alle 18 alla Rotonda di San Francesco a Sulmona non solo la Perdonanza aquilana, Patrimonio Immateriale dell’Umanità, ma anche due grandi nomi della letteratura mondiale: Dante e Silone e il rapporto che li unisce.  

Due personaggi così distanti tra loro improvvisamente si ritrovano così vicini nel nome di Celestino V, padre del primo Giubileo della Chiesa, la Perdonanza.

All’evento del 16 luglio oltre all’autore, interverranno l’assessore alla cultura del Comune di Sulmona Manuela Cozzi e il District Manager di Banca Generali Alessandro Di Tunno. Gli attori Pietro Becattini e Francesca Galasso interpreteranno dei brani scelti dal libro. 

Sulmona, 14 luglio 2021

Il libro “Dante, Silone e la Perdonanza”: le 12 tavole del Maestro Sandro Arduini

Volume intrigante, questo, impreziosito dal pittore-scultore Sandro Arduini con l’acquerello riprodotto in copertina ispirato al trecentesco esoterico labirinto iniziatico in pietra visibile nella basilica di Collemaggio, con i sei cerchiconcentrici, a loro volta formanti tre 8 leggibili anche quali simbolo dell’infinito e dall’interno dei quali affiorano tre ulteriori cerchi per ciascuno. Liberamente reinterpretato sia nella resa cromatica complessiva fondente in un vibrante abbraccio i marroni (terra) ai bianchi ed agli azzurri (cielo) che nella resa prospettica. Labirinto peraltro ampiamente citato visivamente nello straordinario Amphiteather realizzato recentemente nelle vicinanze della basilica dall’artista americana Beverly Pepper opportunamente sensibilizzata dalla critica d’arte Roberta Semeraro, ideatrice e curatrice dell’intera operazione.

Con i disegni a matita riproposti nelle 12 tavole, il libro viene così ad incorporare un’autentica, rilucente gemma estetica, appositamente sagomata dall’artista aquilano dopo la lettura delle bozze di “Dante, Silone e la Perdonanza”.

Un autentico, e per certi versi autonomo “livre d’artiste” il suo, che non si limita ad illustrare questo o quell’evento, ma che ne interpreta lo spirito anche d’ordine esistenziale circolante tra le incalzanti pagine. Spirito captato da una geometrizzata, per lo più astrattizzante figurazione, nel contesto di una natura selvaggia e rocciosa (così cara all’eremita fra’ Pietro da Morrone), con alcuni disegni che fanno da basso continuo al tutto, come è percepibile ne “La lotta per la vita”, “L’albero della vita” e “Il sasso” con l’inconfondibile impronta memoriale d’una conchiglia fossilizzata.

E, mentre in altri è ravvisabile solo nel titolo il diretto riferimento all’intera “Trilogia” con quell’incrocio di linee rette ascendenti genitrici di euclidei solidi geometrici e con uno statuario non-più-Celestino V che scaglia lontano la ricusata tiara de “Il grande rifiuto” o la cui effigiata ombra rivive en plein air ne “Il sogno e l’incubo” , è l’urgenza di una libertà espressiva senza vincoli ad imporsi in una modernizzante figurazione neo-rinascimentale. Come avviene nella gianica, teatralizzata “Le due chiese”, nell’allegorico “Il bene e il male”, nella ovidiana, bidimensionalizzata “Metamorfosi” e, con particolare pregnanza, in “Mi chiudo – mistero”, dove quella giovane donna fuoriuscita di botto da una vistosa cornice è tormentata dalla tortura di mostruose voci.

Il ritorno all’Inferno dantesco con “Canto XIX – I SIMONIACI”, “O qual che se, che ’l di su tien di sotto, / anima trista, come pal commessa / comincia’io a dir, se puoi, fa motto”, con un corpo discinto ed a testa in giù, parzialmente inscritto in un enorme disco e con la restante parte dall’ombra dello stesso, dialoga idealmente con “Il tempo e lo spazio”, quasi a ritrovare una rinnovabile dimensione cosmogonica nell’inseguire simbolicamente “l’amor che move il sole e l’altre stelle”.

tratto dalla Prefazione al libro di Antonio Gasbarrini

Il libro “Dante, Silone e la Perdonanza”: la copertina

Volume intrigante, questo, impreziosito dal pittore-scultore Sandro Arduini con l’acquerello riprodotto in copertina ispirato al trecentesco esoterico labirinto iniziatico in pietra visibile nella basilica di Collemaggio, con i sei cerchi concentrici, a loro volta formanti tre 8 leggibili anche quali simbolo dell’infinito e dall’interno dei quali affiorano tre ulteriori cerchi per ciascuno.

Liberamente reinterpretato sia nella resa cromatica complessiva fondente in un vibrante abbraccio i marroni (terra) ai bianchi ed agli azzurri (cielo) che nella resa prospettica. Con i disegni a matita riproposti nelle 12 tavole, il libro viene così ad incorporare un’autentica, rilucente gemma estetica, appositamente sagomata dall’artista aquilano dopo la lettura delle bozze di “Dante, Silone e la Perdonanza”.

Un autentico, e per certi versi autonomo “livre d’artiste” il suo, che non si limita ad illustrare questo o quell’evento, ma che ne interpreta lo spirito anche d’ordine esistenziale circolante tra le incalzanti pagine.

Antonio Gasbarrini

Il libro “Dante, Silone e la Perdonanza”: la premessa dell’Autore

La Perdonanza Celestiniana è stata iscritta nel 2019 dall’Unesco nella lista del “Patrimonio Immateriale dell’Umanità”. Un riconoscimento, dopo tante traversie e qualche mortificazione di troppo legate all’imbarazzo che nei secoli (fino a Papa Benedetto XVI) hanno suscitato nella Chiesa le dimissioni di Papa Celestino V, che impone all’attenzione del mondo la manifestazione aquilana figlia del messaggio universale (cristiano, ma non solo) di quel “Ghandi del Duecento”, di quel Martin Luther King del Duecento, di quel “Crociato della Pace”, di quel “povero cristiano” che è l’Eremita del Morrone.


Ebbene, una festa laica (sembra paradossale ma è così: l’Unesco, essendo organismo multireligioso, non avrebbe mai dato tale riconoscimento al perdono cristiano) che ha due “padri”. E tra i più nobili. Ovvero, Dante Alighieri e Ignazio Silone.
Dante, di cui quest’anno ricorre il settecentenario della morte (1321-2021), per aver creato il “mito” di Celestino con quel benedetto-maledetto verso del Terzo Canto dell’Inferno sul “gran rifiuto”.


Silone, per aver rilanciato il “culto laico” di Celestino V facendone un eroe (altro che vile!), in quell’effervescente inizio della seconda metà del Novecento, concludendo, con la sua “Avventura di un povero cristiano”, una felicissima, irripetibile, unica, parabola di scrittore di caratura mondiale, inimmaginabile per quel ragazzino quindicenne che si salva, seppure con le “ossa rotte”, dalle macerie del terribile terremoto del 1915 della Marsica.

Al netto delle suggestive leggende (in primiis, che Dante abbia partecipato all’incoronazione dell’Eremita del Morrone all’Aquila nel 1294 e che Celestino V sia stato ammazzato dal suo successore, Bonifacio VIII) questa duplice paternità, nobile e laica, emerge prepotentemente dagli appassionati studi di una vita (sulla “Perdonanza moderna” rinata nel 1983 e sul mito di San Pietro l’Eremita) di un cronista per il quale, sempre in senso laico, la Festa del Perdono è identità civica e quel “Povero cristiano” è un faro morale.
Una tesi ardita e ambiziosa che queste sudate pagine sono chiamate a puntellare. Una tesi offerta a una città che, a dispetto di questa maledetta emergenza Covid (che speriamo passi in fretta), sta cercando di mettere a profitto una ricostruzione post sisma 2009 faticosa ma densa di speranze (“dov’era ma meglio di com’era”) e che, adesso, si trova al centro di una congiuntura favorevole irripetibile.

L’Unesco ha, infatti, concesso contemporaneamente il riconoscimento di “patrimonio immateriale dell’Umanità” non solo alla Perdonanza Celestiniana, ma anche alla Transumanza e all’Alpinismo. Per tutti e tre questi macro-temi, oggi all’attenzione del mondo, L’Aquila è baricentrica: la Perdonanza Celestiniana si tiene da 727 anni all’Aquila e ne è sua la identità; la Transumanza vede l’area del Gran Sasso, che per secoli ha prosperato grazie a questo grande sistema proto-industriale, come punto di partenza dei pastori transumanti; L’Aquila, infine, è la “Capitale degli Appennini” potendo vantare, appunto, il Gran Sasso, la vetta più alta della catena e la più a Sud d’Europa con i suoi quasi tremila metri di altitudine (2.914 m.s.l.).

Si tratta di un volàno unico per poter mettere finalmente in rete le emergenze artistico- storico- culturali della città e dell’intero Aquilano e produrre così un progetto complessivo di valorizzazione che sia anche occasione di sviluppo economico in un territorio che soffre spopolamento e crisi congiunturale ma che è anche pieno di “ricchezze” concentrate e inestimabili. L’Aquila può vantar di avere il sesto centro storico in Italia per numero di monumenti.

Con due “padri” simili, ora è la prole che deve dimostrarsi capace di essere all’altezza.
L’Aquila, giugno 2021
Angelo De Nicola