Il 13.mo anniversario del 6 aprile: quella stele
in pietra nel punto esatto dell’epicentro
Il mio articolo sull’edizione di oggi del Messaggero
https://www.ilmessaggero.it/abruzzo/terremoto_2009_anniversario_tredicesimo_stele_epicentro-6603376.html
ROIO (L’Aquila) Provate a mettervi davanti alla stele, un masso di pietra bianca con sopra piantata una croce povera in ferro e la data incisa: “6 aprile 2009”. Provate a mettere le due mani alla sommità della pietra. Provate a sentire…Sentirete l’urlo dell’orco. Quel rombo. Quelle urla disperate. Quelle grida d’aiuto. Quelle sirene impotenti. Quel silenzio di morte. Quei 309 rintocchi. Il rumore del mare d’inverno. Il vento che gonfia le tende blu.
E’ la sensazione, fortissima, che si prova al cospetto di un simbolo che, per quelle ragioni inspiegabili che solo all’Aquila si verificano, non è ancora diventato un simbolo. E, invece, è di una potenza evocativa travolgente. Un totem.
Si tratta della stele posta nel punto (a essere precisi spostato di qualche metro dal punto esatto dove c’è un’iscrizione a ricordo) dell’epicentro del sisma del 6 aprile 2009 (coordinate Lat. 42.334, Long. 13.334) a Colle Miruci, nel territorio della frazione di Roio, proprio al confine con la frazione di Genzano di Sassa e il Comune di Lucoli.
Per arrivarci, seguendo la strada che da Roio, dopo Santa Rufina, porta poi con un bivio a Lucoli, devi conoscere il posto. All’imbocco che dall’asfalto porta a una strada sterrata, non c’è nessuna indicazione. Percorsi 141 passi, si arriva ad un piccola radura dove si scopre un panorama mozzafiato dell’Aquila ai piedi del Gran Sasso. La stele, con la sua incisione della data del 6 aprile, guarda appunto la città. Così, di spalle al Massiccio, ad averla davanti è un’emozione fortissima. Si sentono “onde”. Quelle “onde”. Tutt’attorno il silenzio.
Eppure, ogni anno, come spiega lo storico roiano Fulgenzio Ciccozzi, «dal 2010, a Colle Miruci, gli alpini e un pugno di cittadini commemorano le vittime del 6 aprile. Il cielo terso e la figura imponente e nello stesso tempo rassicurante del Gran Sasso innevato, che si staglia all’orizzonte, sono sempre lì ad accompagnare questo momento di raccoglimento. Raccoglimento che non sembra essere stato colto dalla gente e soprattutto dai più giovani. La memoria è il pane di cui si nutre una comunità e dimenticare non è un buon esercizio per costruire un solido futuro, soprattutto quello di noi aquilani».
Fin da principio, dice Ciccozzi, «gli incrollabili punti di riferimento di questa iniziativa sono stati Manlio Ciccozzi e Federico Scarsella, rispettivamente capogruppo degli alpini di Roio e di Genzano, ai quali si sono aggiunte le penne nere delle sezioni di Lucoli, Coppito e Preturo. La preghiera dell’alpino e i 309 rintocchi di un campanella appesa alla croce, chiudono la cerimonia».
«La croce di ferro- ricorda ancora Ciccozzi-, infissa sulla stele della memoria, nel 2016 venne anche “brutalmente estirpata” dai soliti ignoti. Proprio lì vicino, qualche anno fa, venne rubata l’effigie della Madonna la quale assurgeva al medesimo valore simbolico. Evidentemente a qualcuno non piace l’idea di voler ricordare quell’evento che ha cambiato la vita della comunità aquilana, o, forse, a questi buontemponi non piace che tali simboli religiosi vengano accostati a quel ricordo».
«Ci piacerebbe contribuire a questa iniziativa così bella- commenta il referente del Gruppo di azione civica Jemo ‘nnanzi, Cesare Ianni-. Magari, in accordo con gli alpini, potremmo occuparci di mettere dei cartelli per indicare questo luogo così significativo per la nostra memoria e renderlo il più possibile fruibile e conosciuto».
Angelo De Nicola
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Guarda il video realizzato per il Messaggero da Tommaso Ribeca
Perdonanza: seminario di Angelo De Nicola all’Università dell’Aquila
Ancora Dante Alighieri
La morte, a 64 anni, di Stefano Vespa: “il miglior giornalista della famiglia”
Il mio articolo sull’edizione di oggi del Messaggero
“Il miglior giornalista della famiglia”. Il necrologio del fratello Bruno, il più famoso giornalista italiano, e della sua famiglia (la moglie Augusta Jannini e i figli Federico e Alessandro), sono le più belle (e vere!) parole che meglio potessero ricordare Stefano Vespa. La cui morte, ieri, a 64 anni, per un malore nella sua abitazione a Roma, dove viveva da solo, ha lasciato tutti di stucco. Sì perchè Stefano, che spessissimo tornava all’Aquila anche dopo la morte della madre, era sempre in forma, sportivo, senza un filo di grasso, attento. Un “precisino” come lo era nella professione.
Era davvero il migliore! Classe 1957, a dispetto dell’oggettiva difficoltà dell’essere il “fratello di Bruno Vespa”, Stefano era animato dalla stessa passione: cominciò la carriera giornalistica nella mitica redazione del Tempo (dove erano passati anche Bruno e Gianni Letta), ultimo della “nidiata” di Enrico Carli a favore del cui ricordo civico Stefano era intervenuto, a brutto muso, un mese fa su queste colonne in un appello a quattro mani col fratello. Ma è stato anche tra i fondatori e tra le “colonne” dell’altrettanto mitica redazione, in via Accursio, di “Radio L’Aquila”. In radio la sua voce era inconfondibile, soprattutto nelle radiocronache sportive (calcio e rugby), un mix tra la preparazione di Sandro Ciotti e la “musicalità” di Enrico Ameri. Anche in Tv ci sapeva fare, e parecchio: ai mitici Mondiali di calcio del 1982, fece per l’Atv7 degli Spallone (raggiungendo gli studi ad Avezzano con la sua inseparabile A112 blu) delle telecronache delle partite dell’Italia dando della biada a Nando Martellini passato alla storia per quel “Campioni, campioni, campioni!!!”.
Era il migliore Stefano! Nella redazione del Tempo, e con i colleghi, spaccava il capello. Un carattere difficile. Un “dottor Sottile”. Se s’impuntava, non c’era verso. Ma perchè sapeva tutto, studiava tutto, voleva capire tutto. Volle andare a Roma: la “sua” L’Aquila (nel suo profilo Whatsapp campeggia lo stemma civico) gli era diventata stretta per tutta una serie di motivi. A Roma prima nella redazione centrale del Tempo diventa caporedattore, poi, nel 2003 era passato al settimanale Panorama che ha lasciato nel 2015 da capo della redazione romana. Andato in pre-pensione, aveva continuato a scrivere per il sito Formiche.net. Si è sempre occupato di politica, la sua passione, con approfondimenti sui temi della difesa e della sicurezza, ma anche, in incontri e convegni, di deontologia e del ruolo della carta stampata davanti all’avanzata del Web e dell’informazione multimediale. Sul suo profilo Twitter amava presentarsi così: «Giornalista, tennista (nc) emerito e milanista da metà anni Sessanta».
I funerali si terranno domani, a Roma alle 10 in San Lorenzo Bellarmino e alle 15 a San Silvestro all’Aquila.
Angelo De Nicola
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La presentazione al monastero di San Basilio il 23 agosto 2021
Al Cai dell’Aquila la 17.ma presentazione del libro “Dante, Silone e la Perdonanza” per la rassegna “Verso la Perdonanza”
La registrazione dell’evento:
Al Cai dell’Aquila la 17.ma presentazione del libro “Dante, Silone e la Perdonanza”
Palamara e Sallusti parlano di “Lobby & logge” a Sulmona: l’evento con i giornalisti Bellucci, De Nicola e Parisse
La registrazione dell’evento:
IL PAPA ALLA PERDONANZA? IL MIO INTERVENTO AL TG3 RAI
Il Papa alla Perdonanza? Clima cambiato, palpabile una determinazione nuova
La mia analisi sul Messaggero Abruzzo del 20 febbraio 2022
E’ chiaro che tutto può accadere (c’è persino uno scenario futuro da terza Guerra mondiale…), così come la regola vuole, in questi casi, che solo tre mesi prima, puntuale come un orologio svizzero, escano due righe dalla Sala Stampa del Vaticano a sancire l’ufficialità della visita del Papa. Siamo ancora lontani, dunque, dal poter gridare vittoria. Ma va detto che il “clima” è cambiato radicalmente, in positivo. Nella Curia aquilana, in particolare.
L’impressione è che ci sia una determinazione diversa da parte dalla Curia aquilana su questa nodale questione della venuta a Collemaggio del Papa per l’apertura della Porta Santa alla Perdonanza. Fino a qualche anno fa, dall’Arcivescovado si levava un timido, quasi obbligato e buttato là, «Inviteremo il Papa…». Tant’è che quando l’allora sindaco dell’Aquila, Biagio Tempesta, nel 2001 si sfacciò a invitare Giovanni Paolo II («Santità, quando verrà all’Aquila», e lui di rimando «Sono già stato sul Gran Sasso, e in gran segreto…», gli chiese a bruciapelo durante l’udienza privata in Vaticano del Comitato Perdonanza che era presieduto dal “Gentiluomo del Papa” Antonio Cicchetti, in occasione della consegna al Pontefice del “Premio per la Pace”), in molti in Curia fecero spallucce: «Figuriamoci se il Papa viene ad aprire la Porta Santa!».
Sembrava impossibile. Ed invece, ora il sogno coltivato dagli aquilani da 728 anni, è a portata di mano. Complice sicuramente il percorso di “riabilitazione” della figura di Celestino V fatto da Benedetto XVI (prima il pallio donato sulle spoglie dell’Eremita a Collemaggio quando, in pellegrinaggio nella città ferita dal sisma, passò sotto la Porta Santa aperta eccezionalmente per lui il 28 aprile del 2009; poi, l’anno dopo a Sulmona, le storiche parole secondo cui Pietro dal Morrone aveva agito «in obbedienza a Dio e secondo coraggio», altro che “viltade”); ma anche grazie alla determinazione dell’arcivescovo Petrocchi che, anche lui dopo un “percorso”, si è convito che era giusto battersi. Ed ha trovato la strada giusta. Il fatto che sia cardinale ha fatto il resto, con una notevole agevolazione anche grazie al recente riconoscimento dell’Unesco quale “patrimonio immateriale dell’umanità”.
Ora, bisogna lavorare tutti assieme. Coesi. Caratteristica che, spesso, difetta agli aquilani.
Angelo De Nicola
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