Il Papa alla Perdonanza? Clima cambiato, palpabile una determinazione nuova

Il Corteo della Bolla 2021

La mia analisi sul Messaggero Abruzzo del 20 febbraio 2022


E’ chiaro che tutto può accadere (c’è persino uno scenario futuro da terza Guerra mondiale…), così come la regola vuole, in questi casi, che solo tre mesi prima, puntuale come un orologio svizzero, escano due righe dalla Sala Stampa del Vaticano a sancire l’ufficialità della visita del Papa. Siamo ancora lontani, dunque, dal poter gridare vittoria. Ma va detto che il “clima” è cambiato radicalmente, in positivo. Nella Curia aquilana, in particolare.
L’impressione è che ci sia una determinazione diversa da parte dalla Curia aquilana su questa nodale questione della venuta a Collemaggio del Papa per l’apertura della Porta Santa alla Perdonanza. Fino a qualche anno fa, dall’Arcivescovado si levava un timido, quasi obbligato e buttato là, «Inviteremo il Papa…». Tant’è che quando l’allora sindaco dell’Aquila, Biagio Tempesta, nel 2001 si sfacciò a invitare Giovanni Paolo II («Santità, quando verrà all’Aquila», e lui di rimando «Sono già stato sul Gran Sasso, e in gran segreto…», gli chiese a bruciapelo durante l’udienza privata in Vaticano del Comitato Perdonanza che era presieduto dal “Gentiluomo del Papa” Antonio Cicchetti, in occasione della consegna al Pontefice del “Premio per la Pace”), in molti in Curia fecero spallucce: «Figuriamoci se il Papa viene ad aprire la Porta Santa!».
Sembrava impossibile. Ed invece, ora il sogno coltivato dagli aquilani da 728 anni, è a portata di mano. Complice sicuramente il percorso di “riabilitazione” della figura di Celestino V fatto da Benedetto XVI (prima il pallio donato sulle spoglie dell’Eremita a Collemaggio quando, in pellegrinaggio nella città ferita dal sisma, passò sotto la Porta Santa aperta eccezionalmente per lui il 28 aprile del 2009; poi, l’anno dopo a Sulmona, le storiche parole secondo cui Pietro dal Morrone aveva agito «in obbedienza a Dio e secondo coraggio», altro che “viltade”); ma anche grazie alla determinazione dell’arcivescovo Petrocchi che, anche lui dopo un “percorso”, si è convito che era giusto battersi. Ed ha trovato la strada giusta. Il fatto che sia cardinale ha fatto il resto, con una notevole agevolazione anche grazie al recente riconoscimento dell’Unesco quale “patrimonio immateriale dell’umanità”.
Ora, bisogna lavorare tutti assieme. Coesi. Caratteristica che, spesso, difetta agli aquilani.
Angelo De Nicola
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Se l’Abruzzo della scienza fa più gola degli arrosticini

Il premier Mario Draghi ai Laboratori del Gran Sassa dell’Infn (foto di Renato Vitturini)

La mia analisi sul Messaggero Abruzzo del 17 febbraio 2022

E se il brand giusto fosse “Scienza, conoscenza e innovazione” e non lo stereotipato “Pasta, borghi e arrosticino”? Il cielo dell’Abruzzo si è tinto di rosa, nella giornata di ieri, non soltanto perchè Mario Draghi è venuto in visita ai Laboratori del Gran Sasso a premiare la scienza d’eccellenza al femminile al grido «più donne nelle scienze!», ma perché sulla regione si è aperto un arcobaleno grosso così per l’attenzione delle “cattedrali” dell’informazione che conta nazionali e, addirittura, internazionali.
Il triangolo del brand “Scienza, conoscenza e innovazione” formato dai Laboratori dell’Infn del Gran Sasso (non a caso quasi sempre meta privilegiata dei Presidenti del Consiglio: 2012 Monti, 2016 Renzi, 2022 Draghi con in mezzo, 2018, il presidente della Repubblica Mattarella), Università dell’Aquila (dell’altro ieri la notizia che Univaq parteciperà, insieme a una cordata di istituzioni e enti nazionali e internazionali, alla realizzazione del primo computer quantistico a ioni intrappolati) e Gran Sasso Science Institute (del Comitato scientifico del Gssi fa parte il fisico sperimentale, premio Nobel, Barry Barish, professore emerito al California Institute of Technology), sembra esercitare un’attrazione magnetica. Molto di più, lo dicono i fatti, dello stereotipo abruzzese che anche nel recente video ufficiale della Regione Abruzzo per l’Expo di Dubai, si affida agli arrosticini, alle “sise delle monache” e alle bellezze dei propri borghi e delle proprie eccellenze naturali (lago di Scanno, montagne innevate, trabocchi…).
Si dirà: è importante anche quello. Certo! Sarebbe sciocco e tafazziano negarlo e dal sapore di “puzza sotto al naso”. Ma bisogna che la classe dirigente abruzzese, nelle sue varie dimensioni e territorialità, prenda atto che “Scienza, conoscenza e innovazione” è uno spot che “buca” e caratterizza, al momento, molto la regione.
Oltretutto con uno straordinario elemento unificante quale è il Gran Sasso: quella che è stata per secoli una barriera insormontabile per unire le diverse anime territoriali abruzzesi oggi, invece, le “tocca” e le unisce. Il Gran Sasso è di tutto l’Abruzzo! E ora anche del mondo. Grazie a quell’intuizione, nel 1979, del fisico Antonino Zichichi, all’epoca presidente dell’Infn, che ebbe l’idea di dotare l’Istituto di un grande laboratorio sotterraneo, nelle viscere del Massiccio, con strutture tecnologiche d’avanguardia per studiare le nuove frontiere della fisica.
Angelo De Nicola
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