DOLCE CASA, COSÌ "MALATA": TORNO NELLA ZONA ROSSA E TI RIVEDO, DOPO QUELLA NOTTE
Stavolta siamo sotto un sole cocente, qualcuno è in sandali (ma per scelta), molti hanno viveri e acqua al seguito temendo i tempi lunghi della burocrazia e viste le esperienze dei primi giorni di verifiche nella "zona rossa". «Ti ricordi quando, ferito e sconvolto, hai gridato: "Qui dobbiamo razionare i viveri"?» mi sfotte il mio vicino Tonino, l'eroe che insieme a Wolfango ha salvato la mia famiglia sfondandoci la porta (non si direbbe a guardare il suo fisico asciutto...).
Ci vorrebbe una bella risata liberatoria, mentre aspettiamo nel piazzale che
arrivino i tecnici, ma nessuno s'azzarda. Sergio e la sua signora hanno perduto
il loro amato figlio Andrea: dormiva a Onna con la sua fidanzata. Il funerale
per Andrea, noi vicini sfollati chi qua chi là, lo abbiamo celebrato l'altra
mattina nel nostro piazzale. Difficile ridere per chi ha la morte nel cuore.
Difficile ridere al capezzale delle nostre case, malate gravi («in
riamimazione» dice proprio Sergio che fa il medico), ma non decedute visto che
sembrano ancora "parlarci". Come a dirci che hanno fatto tutto il possibile per
farci uscire vivi.
Arrivano i tecnici: due ragazzi ed una ragazza, giovanissimi, tutti
dall'accento napoletano e col caschetto ben calcato. Sono gentili. Anche noi.
Vorremmo chiedere, domandare, sapere: «E' da abbattere?». Scansando macerie,
seguiamo in processione i tre caschetti che cominciano, con molto scrupolo,
dalle cantine interrate. «Non venite... è pericoloso. Casomai uno o due» ci
rimproverano. Ma per alcuni è la prima volta che si torna a casa. Soprattutto
per quelli del terzo, quarto e quinto piano dove, a causa dello sventramento
dei piani bassi, i vigili del fuoco hanno interdetto l'accesso anche per il
solo "recupero beni".
«Dai, entra a casa mia. Ti offro un frullato...». «Vengo solo se hai le
crèpes...». Ci si sfotte. Per non piangere. Mentre si segue con gli occhi lo
sguardo attento dei tecnici che ogni tanto confabulano sotto voce magari
davanti a pilastri con i ferri fuoriusciti. «Forse nemmeno serve di andare nei
piani alti» si lasciano sfuggire i tre (anche se poi ci andranno, con scrupolo,
chiedendo ai vari proprietari di aprire i loro appartamenti).
Il responso, alla fine, non c'è. «Meglio se ci dicono che è da abbattere così
si potrà ricostruire un palazzo sicuro» è il giudizio comune nella "riunione"
nel piazzale. «Sì, ma la mia è seconda casa: se non mi danno i soldi, io mi
chiamo fuori. Ve lo dico chiaro da ora!». «S'annunciano roventi riunioni di
condominio...». Sì, ma quando?