IL QUADRO LASCIA IL MUSEO E TORNA IN CHIESA. MA È GIUSTO?
TERAMO - Per la gioia a Tortoreto hanno suonato le campane a festa ma il mondo dell’arte e della cultura abruzzese (e non solo) si sta interrogando se sia stata adottata la decisione più opportuna.
Parliamo del soffertissimo “ritorno a casa” del ”Battesimo di Sant’Agostino”, una dei più bei dipinti del ciclo abruzzese di Mattia Preti, genio pittorico del Seicento che operò anche in regione. Il grande quadro (4,15 metri per 2,90) del 1640, trasportato “imballato” da un camion tra mille cautele, è tornato l’altro giorno nella chiesa di Sant’Agostino a Tortoreto Alto per la gioia del parroco don Corrado De Antoniis e del “deus ex machina” dell’operazione, il professor Giuliano Rasicci.
Per 36 anni, cioè dal 1971 quando subì il primo dei tre complessi restauri, l’opera è stata ospitata ed esposta con tutti gli onori, insieme ad altre quattro opere, all’interno della sezione “Arte sacra” del Museo nazionale d’Abruzzo presso il Castello cinquecentesco dell’Aquila. E proprio qui stanno le perplessità. Il quadro era cioè “musealizzato”, ovvero disponibile per la fruizione di chiunque volesse e con le necessarie cautele del caso (allarme, temperatura ed umidità adatte, ecc.). Caratteristiche che ora, tornato nel luogo di culto che pure ne deteneva la legittima proprietà, secondo alcuni potrebbero venir meno. Innanzitutto la fruibilità in una chiesa attualmente non aperta al culto. Quanto alla sicurezza, la Soprintendenza regionale ai beni artisti e culturali, aveva chiesto ed ottenuto che la chiesa si dotasse di un sistema antifurto.
Lunghissima è stata la battaglia dei tortoretani per riavere il quadro. Venne anche costituito un apposito comitato che ha ingaggiato un lungo tira e molla con la Soprintendenza regionale. Alla fine è arrivato il via libera dal Ministero. Che, ora, rischia di costituire un precedente. Cosa accadrà, ora, con le altre opere esposte nel Museo la cui proprietà è di altri?
Parliamo del soffertissimo “ritorno a casa” del ”Battesimo di Sant’Agostino”, una dei più bei dipinti del ciclo abruzzese di Mattia Preti, genio pittorico del Seicento che operò anche in regione. Il grande quadro (4,15 metri per 2,90) del 1640, trasportato “imballato” da un camion tra mille cautele, è tornato l’altro giorno nella chiesa di Sant’Agostino a Tortoreto Alto per la gioia del parroco don Corrado De Antoniis e del “deus ex machina” dell’operazione, il professor Giuliano Rasicci.
Per 36 anni, cioè dal 1971 quando subì il primo dei tre complessi restauri, l’opera è stata ospitata ed esposta con tutti gli onori, insieme ad altre quattro opere, all’interno della sezione “Arte sacra” del Museo nazionale d’Abruzzo presso il Castello cinquecentesco dell’Aquila. E proprio qui stanno le perplessità. Il quadro era cioè “musealizzato”, ovvero disponibile per la fruizione di chiunque volesse e con le necessarie cautele del caso (allarme, temperatura ed umidità adatte, ecc.). Caratteristiche che ora, tornato nel luogo di culto che pure ne deteneva la legittima proprietà, secondo alcuni potrebbero venir meno. Innanzitutto la fruibilità in una chiesa attualmente non aperta al culto. Quanto alla sicurezza, la Soprintendenza regionale ai beni artisti e culturali, aveva chiesto ed ottenuto che la chiesa si dotasse di un sistema antifurto.
Lunghissima è stata la battaglia dei tortoretani per riavere il quadro. Venne anche costituito un apposito comitato che ha ingaggiato un lungo tira e molla con la Soprintendenza regionale. Alla fine è arrivato il via libera dal Ministero. Che, ora, rischia di costituire un precedente. Cosa accadrà, ora, con le altre opere esposte nel Museo la cui proprietà è di altri?