SESTO SUICIDIO NEL CARCERE MALEDETTO
SULMONA (L’Aquila) - Un altro suicidio nel ”carcere dei suicidi”. Le sirene delle ambulanze hanno squarciato ieri sera, per la sesta volta in un anno e mezzo, il silenzio attorno al supercarcere di Sulmona, tristemente famoso per un’impressionante serie di suicidi di detenuti tra i quali quello, nell’agosto scorso, del sindaco di Roccaraso, Camillo Valentini, arrestato per un’inchiesta sugli appalti nel centro montano.
Erano le 20,30. Francesco Verduccio, 37 anni, s’è tolto la vita nel bagno della cella che condivideva con un altro detenuto. Verduccio, pugliese, detenuto in alta sicurezza perchè condannato per associazione per delinquere, s’è impiccato alle sbarre della finestra utilizzando il cordone della tuta da ginnastica che indossava. A quanto riferito dal compagno di cella, l’uomo avrebbe giocato a carte fino ad un’ora prima. Poi s’è chiuso in bagno. Verduccio era seguito perché da qualche tempo era diventato un soggetto complicato: pare avesse dei problemi familiari, in particolare con un figlio che sembra non volesse più saperne di lui. Aveva come fine pena il 2010, ma era in attesa di una libertà anticipata. Ma nulla che giustificasse, dicono in carcere, un simile gesto. Eppure è accaduto. Sembra una maledizione.
È stata aperta un’inchiesta della Procura di Sulmona, mentre il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria avvierà un’ispezione interna dopo che il caso, nei mesi scorsi, è finito alla personale attenzione del Guardasigilli Castelli. L’ennesima ispezione. L’ultima risale al marzo scorso, quando si tolse la vita il pentito Nunzio Gallo, di Torre Annunziata, anche lui impiccatosi in cella con il cordone della tuta. Due mesi prima il boss romano Guido Cercola, condannato all’ergastolo per la strage al treno 904, aveva invece usato i lacci delle scarpe come aveva fatto il sindaco Valentini. Il 19 aprile del 2003, nell’alloggio interno s’era uccisa la direttrice del carcere, Armida Misere. Una maledizione. «No, un carcere da chiudere» sostengono da tempo Rifondazione Comunista e il Codacons.
Erano le 20,30. Francesco Verduccio, 37 anni, s’è tolto la vita nel bagno della cella che condivideva con un altro detenuto. Verduccio, pugliese, detenuto in alta sicurezza perchè condannato per associazione per delinquere, s’è impiccato alle sbarre della finestra utilizzando il cordone della tuta da ginnastica che indossava. A quanto riferito dal compagno di cella, l’uomo avrebbe giocato a carte fino ad un’ora prima. Poi s’è chiuso in bagno. Verduccio era seguito perché da qualche tempo era diventato un soggetto complicato: pare avesse dei problemi familiari, in particolare con un figlio che sembra non volesse più saperne di lui. Aveva come fine pena il 2010, ma era in attesa di una libertà anticipata. Ma nulla che giustificasse, dicono in carcere, un simile gesto. Eppure è accaduto. Sembra una maledizione.
È stata aperta un’inchiesta della Procura di Sulmona, mentre il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria avvierà un’ispezione interna dopo che il caso, nei mesi scorsi, è finito alla personale attenzione del Guardasigilli Castelli. L’ennesima ispezione. L’ultima risale al marzo scorso, quando si tolse la vita il pentito Nunzio Gallo, di Torre Annunziata, anche lui impiccatosi in cella con il cordone della tuta. Due mesi prima il boss romano Guido Cercola, condannato all’ergastolo per la strage al treno 904, aveva invece usato i lacci delle scarpe come aveva fatto il sindaco Valentini. Il 19 aprile del 2003, nell’alloggio interno s’era uccisa la direttrice del carcere, Armida Misere. Una maledizione. «No, un carcere da chiudere» sostengono da tempo Rifondazione Comunista e il Codacons.