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GIUSTIZIA, SI CAMBIA



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L'AQUILA - Il pretore, da domani, non c'è più. Sparisce quella fondamentale figura protagonista, come il parroco o il maresciallo dei carabinieri, anche della storia abruzzese. Basta questa novità per avere un'idea della "rivoluzione" che da domani provocherà nel sistema giudiziario italiano l'entrata in vigore del riforma del "giudice unico". Via le preture (24 sono quelle azzerate in Abruzzo) e spazio appunto al "giudice unico" dei Tribunali (in regione ce ne saranno 8 più 6 sezioni distaccate). "Unico", cioè un magistrato che monocraticamente (a differenza del precedente sistema collegiale) deciderà in primo grado sia nel campo civile che penale col dichiarato obiettivo di velocizzare una giustizia dai tempi elefantiaci. Anche se, sotto l'aspetto penale, la riforma entrerà completamente in vigore tra sei mesi, il 2 gennaio del 2000: scompare sì il pretore e le due Procure (presso la Pretura e presso il Tribunale) sono accorpate, ma deve essere ancora ben definita la competenza alla luce anche di un ampliamento del raggio d'azione del giudice di pace e di una massiccia depenalizzazione dei reati.

Ma quale è, alla vigilia di una svolta epocale, la situazione in Abruzzo? I giudizi sono contrastanti. È ottimista Mario Della Porta, presidente del Tribunale di Vasto, capo della giunta abruzzese dell'Anm, l'associazione nazionale magistrati. "Credo che nelle realtà mediopiccole- dice il giudice- quale è il caso della nostra regione, la filosofia dell'accorpamento apporterà dei benefici. Questo a livello di principio. Certo, c'è il problema degli organici dei magistrati che, per esempio, nel Tribunale di Avezzano, è drammatico. L'Anm ha sollevato il caso del capoluogo marsicano a tutti i livelli istituzionali, dal Csm al ministro di Grazia e giustizia in considerazione anche del fatto che Avezzano è una sorta di "porto di mare", nel senso che molti magistrati provengono dalla vicina Roma ed appena possono chiedono il trasferimento". L'ottimismo sulla portata delle riforma di Della Porta non è condiviso da tutta la magistratura abruzzese. Qualcuno, come l'ex Procuratore generale Bruno Tarquini (andato in pensione due mesi fa) l'ha addirittura messo per iscritto: "Sono contrario a tale riforma- ha detto il Pg all'inaugurazione dell'anno giudiziario a gennaio- che non fa che seguire la "filosofia dell'accorpamento", e che si risolve, in pratica nella creazione, come sempre, di uffici giudiziari sempre più grandi e quindi di più difficile gestione, come è già avvenuto nel passato con l'accorpamento delle preture che davvero non si può dire abbia avuto successo, riuscendo solo ad aggravare la loro situazione con gli effetti disastrosi che sono sotto gli occhi di tutti".

Secondo Tarquini bisognava seguire la filosofia opposta: "La fondatezza di questa concezione è dimostrata della necessità sentita dal legislatore di creare il Giudice di pace che, in definitiva riproduce la figura dell'antico pretore". E l'altra metà del cielo giudiziario, gli avvocati, cosa ne pensano? Sì alla filosofia della riforma, grande preoccupazione per la sua applicazione. Questa in sintesi l'opinione dell'avvocato aquilano Tullio Buzzelli, consigliere nazionale dell'Associazione nazionale forense (il sindacato nato dalle fusione della Federavvocati e svariate sigle). "Il problema più grave che vediamo all'orizzonte- dice Buzzelli- è quello della Corte d'Appello, della quale è stato aumentato l'organico di sole due unità (da 13 a 15) e sulla quale si assommeranno enormi carichi di lavoro. In particolare in tema di lavoro che rappresenta circa il 40% del totale delle cause civili: non tutti sanno, infatti, che anche tutte le cause di previdenza del vecchio pretore del lavoro nato sull'onda delle contestazioni del '68, saranno esaminate in secondo grado non dai Tribunali ma dalla Corte d'Appello poichè la competenza territoriale è data dalla presenza dell'Avvocatura dello Stato che appunto ha sede all'Aquila. Questo passaggio alla Corte d'Appello, in tema di lavoro, è slittato di sei mesi. Ma in ogni caso, il "carico" peserà sui Tribunali nel quali, specie in quelli piccoli come quelli abruzzesi, si creerà l'inopportuna situazione che un giudice farà la sentenza di primo grado ed i colleghi del suo stesso ufficio valuteranno l'appello".