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"IRTI FUORI DALLA SECCHE"



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L'AQUILA - La terza generazione non sarà quella che, come vuole il detto (una per costruire, una per aumentare, la successiva per distruggere), segnerà la fine del destino degli Irti, anzi. Questa la ferrea convinzione mostrata ieri dal gruppo-famiglia Irti che, inaugurando un nuovo corso, ha voluto incontrare la stampa "per fare chiarezza sulla situazione finanziaria di una della maggiori realtà non solo cittadine visto che la società è stata classificata nel 1998 al posto n.45 tra le 18.000 imprese edilizie italiane".

Non a caso, ad inaugurare il nuovo corso è stato il quarantunenne Iniseo Irti che porta il nome del nonno che nel 1920 avviò le fortune della famiglia, poi ereditate da cinque fratelli ed oggi affidate ai nipoti. Iniseo è oggi presidente di un consiglio di amministrazione della "Irti Lavori Spa" (il gruppo non è più una holding) totalmente rinnovato (vi fanno parte i giovani Piero, Paolo e Mauro Irti e la signora Mariella Chiarandà, moglie dello scomparso Francesco). Presente anche Umberto Irti, il presidente ha spiegato perchè il gruppo era finito in brutte acque.

"Nel momento della crisi del settore del dopo Tangentopoli- ha detto- c'erano poche alternative tra le quali quelle di tentare l'avventura" all'estero. Eravamo convinti che il mercato tedesco ci avrebbe garantito di sopravvivere in un periodo particolare della nostra azienda. In realtà, nonostante un'attenta analisi di mercato, siamo stati ingannati, come d'altra parte è accaduto ad altre imprese italiane e non, da improvvisati immobiliaristi di malaffare, che hanno sfruttato da una parte l'enorme mole di finanziamenti previsti per l'unificazione delle due Germanie, dall'altra la buona fede e, come nel nostro caso, alcuni errori di valutazione, come ad esempio l'esserci fatti carico anche della progettazione".

In sostanza, in una grande opera a Lipsia (la realizzazione di un intero isolato con oltre 300 appartamenti, negozi, uffici ecc.) da 75 miliardi di lire, la Irti ne ha incassati solo 54. "Abbiamo avviato un contenzioso per recuperare questo soldi- ha spiegato ancora Irti-. Così come siamo in causa per 35 miliardi col governo americano per un appalto alla base navale Usa a Capodichino. Fatto sta che ci siamo trovati in difficoltà". Perciò è stato chiesto ed ottenuto (nell'agosto scorso), un piano di consolidamento dell'esposizione e di finanziamento per 40 miliardi in particolare ad un pool di quattro banche (Carispaq, Bnl, Banca di Roma e Banco popolare della Marsica).

"Un piano ben preciso che prevede in 5 anni un fatturato minimo di 80 miliardi. Ebbene, nel 1998 abbiamo centrato questo obiettivo mentre nel 1999 la previsione di fatturato è addirittura di 120 miliardi. Senza contare che potremmo anche avere ragione nei due grandi contenziosi che abbiamo per 55 miliardi". Questo risultato, ha spiegato ancora il presidente, è dovuto ai grandi appalti presi dalla Irti ed in particolare la tratta ferroviaria Roma-Viterbo, che diventerà una metropolitana di superficie (115 miliardi) per il Giubileo, e la tratta urbana di Roma della linea Alta velocità Roma-Napoli (76). "Guardiamo con fiducia al futuro- ha concluso Irti-. Tanto più che abbiamo mantenuto intatto i livelli occupazionali di circa 400 dipendenti diretti della Spa, un migliaio se consideriamo l'indotto. Il 1999 è l'anno dell'Aquila: potrebbe essere anche quello del nostro definitivo rilancio".